Aconito giallo

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

E’ arrivato il tempo delle fioriture di una delle piante più velenose della flora europea. Nello specifico, oggi tocca all’𝙖𝙘𝙤𝙣𝙞𝙩𝙤 𝙜𝙞𝙖𝙡𝙡𝙤 (𝘈𝘤𝘰𝘯𝘪𝘵𝘶𝘮 𝘭𝘺𝘤𝘰𝘤𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮), appartenente alla famiglia delle 𝘙𝘢𝘯𝘶𝘯𝘤𝘰𝘭𝘢𝘤𝘦𝘢𝘦 e cugino dell’aconito blu (𝘈𝘤𝘰𝘯𝘪𝘵𝘶𝘮 𝘯𝘢𝘱𝘦𝘭𝘭𝘶𝘴), di cui parlerò in futuro. L’aconito giallo è talmente particolare da meritare uno spiegone tutto suo.

A partire dalla nomenclatura. Teofrasto (Grecia, IV sec. a.C.) e Dioscoride (Grecia, I sec. d.C.) descrivono col termine  ‘ἀκόνιτον acóniton’ ( = che cresce sulle pietre dure) una pianta velenosa diffusa nei pressi di Acona, in Bitinia. Un’altra teoria fa derivare il nome generico da ‘ἀκόντιον acóntion’ = “dardo, giavellotto”, la cui punta veniva avvelenata con l’estratto dalla pianta. Me è il nome specifico che stuzzica l’imaginario. E’ composto sicuramente dalla parola greca ‘λύκος lýcos’ = “lupo”. La seconda parte potrebbe essere derivato da ‘κτείνω cteíno’ = uccidere, col significato di “ammazzalupi”; oppure da ‘chthonos’ (= terra), cioè “delle terre dei lupi”. Per come lo si voglia tradurre, il termine ‘𝘭𝘺𝘤𝘰𝘤𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮’ lascia poco all’immaginazione. Si tratta di una pianta strettamente legata ai lupi.

Al giorno d’oggi lo troviamo In Eurasia, distribuita uniformemente. Gradisce l’ombra dei boschi e le radure parzialmente soleggiate, i prati e i terreni petrosi, suoli umidi ma ben drenati, ricchi di sostanza organica. Ha il suo optimum nella fascia montana da i 100 e 2100 mt. s.l.m.

La pianta adulta può raggiungere e superare il metro di altezza ed è facilmente riconoscibile dall’infiorescenza (cioè l’insieme di tutti i fiori), una pannocchia o spiga, lunga da 10 a 25 cm, posta in cima al fusto. Da questa dipartono i fiori veri e propri, di colore giallo tenue o bianco-giallastri, a forma di elmo pendulo, aventi la misura della lunghezza tre volte quella della larghezza. Potete iniziare ad osservarli in questi giorni e perdureranno fino ad agosto. Sottolineo: osservarli; 𝙣𝙤𝙣 toccarli, raccoglierli, annusarli.

Perché come ho scritto nell’incipit, l’aconito è una delle piante 𝙥𝙞𝙪’ 𝙫𝙚𝙡𝙚𝙣𝙤𝙨𝙚 presenti in Europa. Il solo contatto epidermico può causare intossicazioni. I principi attivi contenuti dalle piante del genere Aconito, siano essi alcaloidi (aconitina, nepellina o anemonina) oppure glucosidi flavonici (luteolina o apogenina), sono letali anche a dosi bassissime. Studi recenti indicano che la specie lycoctonum contenga “solo” licanonitina e mioctonina, altrettanto tossici delle sostanze sopra elencate. C’è poco da stare tranquilli.

L’intossicazione è ancora più grave se le tossine vengono inalate o ingerite. La parte vegetale che ne contiene la concentrazione più alta è la radice, ma tutte le parti della pianta possono rilasciarle. I sintomi sono: formicolio o secchezza della lingua, bruciore alla bocca, torpore, vomito, diarrea, debolezza muscolare, aritmie cardiache, bradicardia, arresto cardiaco e infine, la morte. L’aconitina (oppure la licanonitina) esplica la sua funzione a livello delle membrane delle cellule dei tessuti eccitabili, impedendo la chiusura dei canali del Sodio. Si riduce quindi la capacità di risposta dei suddetti tessuti se sottoposti a stimoli fisiologici. Questa ridotta capacità si riversa sul sistema neuro-muscolare e cardiaco con gli effetti già elencati.

Gli stessi effetti, ben noti ai nostri antenati, li ha su altri mammiferi; ad esempio 𝙡𝙪𝙥𝙞 𝙚 𝙫𝙤𝙡𝙥𝙞. Animali non proprio benvoluti da chi in passato ne doveva temere la vicinanza o invadenza. Il succo estratto dalla pianta serviva ad avvelenare, evidentemente con un certo successo, esche a base di carne, sparse nei luoghi frequentati dai temuti carnivori. I nomi comuni più in auge in Italia sono: Aconito vulparia, Aconito strozzalupo, Erba della volpe, Lupaia, Luparia, Piè di lovo.

La medicina tradizionale cinese faceva ampio uso della pianta per preparare tinture e unguenti utili nel trattamento dei dolori articolari, come calmante, sedativo, antinfiammatorio, previo trattamento detossizzante (chiamato “pao zhi”). Nonostante ciò, ancora oggi si verificano numerosi decessi per intossicamento; motivo per cui l’uso clinico-farmacologico è caldamente sconsigliato.

Nei racconti dei popoli antichi incontriamo Galli e Germani, notoriamente genti bellicose, intingere durante battaglie furiose punte di frecce e lance col succo di aconito. Invece i più pragmatici Greci davano una morte dignitosa ai anziani infermi con un infuso ricavato dalla pianta. Al solito la mitologia greca consegna ai posteri il racconto sull’origine della letalità del vegetale. Cerbero, trafitto mortalmente da Ercole, esala il suo ultimo respiro, emettendo dalle tre fauci una bava densa. Da questa nasceranno le prime piante di aconito, lungo le sponde del porto di Eracela in Bitinia, chiamato Acona.

La simbologia attribuisce alla pianta qualità tutt’altro che nobili: furberia, falsa e ostentata sicurezza, vendetta, amor colpevole, maleficio.

Eppure la bellezza dell’infiorescenza è innegabile, tant’è che il loro utilizzo come piante ornamentali, coi colori a contrasto tra le campanule gialle e le foglie verde brillante, è stato ampiamente rivalutato. E’ pur sempre una pianta spartana, di poche pretese e che facilmente supera indenne i rigori dei climi invernali.

Le foto, tratte da Actaplantarum, mostrano in maniera inequivocabile le caratteristiche dei fiori. Sono difficilmente confondibili con altre piante fiorite nello stesso periodo.

Infiorescenza di Aconito giallo, Aconitum lycoctonum
Infiorescenza di Aconito giallo, Aconitum lycoctonum
Infiorescenza di Aconito lycoctonum
Infiorescenza di Aconito giallo
Singolo fiore di Aconito giallo, Aconitum lycoctonum
Singolo fiore di Aconito giallo, Aconitum lycoctonum
Foglie di Aconito giallo
Foglie di Aconito giallo