𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Si chiama 𝘉𝘶𝘥𝘥𝘭𝘦𝘫𝘢 𝘥𝘢𝘷𝘪𝘥𝘪𝘪, ma ha come sottotitolo “alloctona invasiva”. Il cosiddetto 𝙖𝙡𝙗𝙚𝙧𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙛𝙖𝙧𝙛𝙖𝙡𝙡𝙚 con le sue stupende pannocchie viola, conosciuto anche col nome di “lillà d’estate”, sta fiorendo in questi giorni. E non è difficile incontrarlo pressoché ovunque; le bastano un terreno disturbato (greto di fiume, argini) o incolto (ruderi, macerie), umido e abbastanza ombreggiato. Predilige le altitudini dal livello del mare agli 800 mt. s.l.m. e sopporta bene anche temperature leggermente sotto i 0°C. In Friuli VG sta ampliando rapidamente il proprio areale di distribuzione spontanea, con ancora qualche lacuna (fortunatamente).
E’ originaria del continente asiatico – Cina Centrale e Giappone, ma ha viaggiato in fretta raggiungendo l’Europa grazie ad alcuni botanici viaggiatori. Nello specifico Augustine Henry (2 luglio 1857 – 23 marzo 1930), medico, sinologo irlandese, oltre che botanico, inviò dei semi della pianta a San Pietroburgo. Era il 1887. Un altro studioso delle civiltà orientali, il francese Jean-André Soulié (6 ottobre 1858 – 11 dicembre 1905), iniziò a commercializzare la pianta ornamentale in Francia verso il 1890. I climi temperati e l’umidità costante dell’Europa continentale e mediterranea hanno permesso alla pianta di sfuggire ai giardini botanici e di privati cittadini, ignari del danno che avrebbero causato negli anni a venire.
Il nome generico 𝘉𝘶𝘥𝘥𝘭𝘦𝘫𝘢 è un’esplicita dedica di Linneo al botanico inglese Adam Buddle (1662 – 1715), esperto di briofite e inventore di una sistematica floreale inglese, che non vide mai la pubblicazione. Quello specifico 𝘥𝘢𝘷𝘪𝘥𝘪𝘪 è un’altrettanto esplicita dedica al missionario e naturalista Jean-Pierre Armand David (1826 – 1900), scopritore di numerose specie di piante orientali.
Passiamo al nome comune, che è già sufficientemente esplicito. Il profumo emanato – miele misto vaniglia – dalle infiorescenze è dolce e vellutato, molto gradito alle narici di gran parte di noi. Ad altri umani, particolarmente sensibili ad alcuni componenti volativi, può provocare nausea e manifestazioni allergiche. La pianta, in questo periodo di fioriture attrae particolarmente le farfalle e insetti impollinatori. Sembra che siano le stesse essenze allergeniche per l’uomo a provocare una forte risposta nei chemocettori (cellule nervose specializzate a captare fluttuazioni nell’aria di specifiche molecole chimiche) presenti sulle antenne delle farfalle.
Le infiorescenze sono spettacolari, facilmente riconoscibili: pannocchie inizialmente erette, poi tendenzialmente cadenti, lunghe da 30 a 60 cm. La corolla del fiore è formata da 4 lobi di colore azzurro-lillà, che può virare al violetto. Al centro una macchia rossastra che rende inconfondibile la pianta.
E’ definita alloctona per la provenienza, anche se in Italia settentrionale è ormai accettata la definizione “naturalizzata”. Ciò significa che la pianta è in grado di riprodursi e mantenere la popolazione stabile senza l’apporto di nuovi individui, operato solitamente all’uomo (a differenza dell’oleandro). Una specie viene definita “invasiva” quando la sua espansione naturale minaccia la biodiversità delle specie autoctone (originarie del luogo), causando gravi danni all’ecosistema, alle attività umane, alla sua salute e comporta serie conseguenze socio-economiche.
Cresce talmente veloce e in condizioni anche estreme che è diventata pianta ornamentale da coltivare in giardini e orti, addirittura in vasi. Con queste premesse diventa quasi paradossale la lotta che i vari organi preposti operano per il contenimento e l’eradicazione della specie. Le procedure adottate da alcune regioni prevedono
- La soppressone degli esemplari destinati alla florovivaistica e alla vendita per scopi ornamentali
- L’impedimento al raggiungimento della fase di produzione del seme; in caso di fioritura già conclusa, ila raccolta delle infiorescenze
- L’eliminazione di movimentazione di terre e zolle erbose che possano contenere già i semi della pianta.
- La pulizia dei macchinari utilizzati nel decespugliamento delle aree invase dalla pianta e il lavaggio degli pneumatici degli autoveicoli utilizzati in aree invase.
- L’utilizzo di compost solo di comprovata provenienza, esente da individui anche singoli di Buddleja.
Ma veniamo alle caratteristiche fitosanitare e culturali. Ne raccolgo una carrellata trovata sul web.
Numerosi prodotti antietà, schermi UV e creme dermoprotettive fanno uso di parti vegetali della pianta. I lignani e i triterpeni hanno proprietà antibatteriche, antivirali, antifungine e antinfiammatorie. I glicosidi iridoidi contenuti esercitano azione diuretica, mentre i fenilpropanoidi sono cicatrizzanti e i flavonoidi hanno proprietà antiossidanti ed anti radicali. Le saponine hanno azione detergente ed emolliente.
Nella medicina tradizionale questa pianta è stata largamente utilizzata per le sue proprietà di curare le ferite e come antibatterico: nella medicina tradizionale cinese, ad esempio, un cataplasma di foglie fresche viene applicato direttamente sulle ferite, poiché i componenti attivi solubili in acqua si diffondono direttamente all’interno della ferita; in passato è stata anche utilizzata per disturbi epatici, bronchiali e per l’effetto tranquillante ed analgesico.
Nella moderna fitoterapia vengono riconosciute a questa pianta proprietà cicatrizzanti, antiallergiche, diuretiche, lenitive ed antimicrobiche. Per l’attività antinfiammatoria che possiede, viene utilizzata per i disturbi visivi derivanti da processi infiammatori e nelle sindromi vertiginose; è inoltre consigliata, per uso interno, nei disturbi epatici, nelle affezioni bronchiali e nei disturbi gastrici. I gemmoderivati di Buddleja hanno un uso specifico nella flogosi immuno-allergica ed irritativa delle vie respiratorie, cutanee, intestinali.
A conti fatti, la pianta pare possedere una veste duplice: di minaccia alla vastissima biodiversità che il Friuli VG vanta e di toccasana in varie patologie umane. In natura, nulla è tutto nero o tutto bianco.