Amaranto

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

E anche oggi vi tocca lo spiegone su una pianta neofita, alloctona e invasiva: l’𝙖𝙢𝙖𝙧𝙖𝙣𝙩𝙤 (𝘈𝘮𝘢𝘳𝘢𝘯𝘵𝘩𝘶𝘴 𝘳𝘦𝘵𝘳𝘰𝘧𝘭𝘦𝘹𝘶𝘴) che in questi giorni, nonostante l’autunno ci abbia raggiunto di prepotenza coi suoi colori caldi, sta ampiamente giustificando il proprio nome scientifico.

Il nome generico ‘Amaranthus’ deriva dal greco ‘ἀμᾰραντος amárantos’, cioè “che non appassisce”. E infatti, la pianta si presenta ancora di colore verde acceso, con fusto, foglie e frutti rigogliosi. Nessun segno di cedimento di fronte all’avanzare della stagione di mezzo e delle temperature mano mano più rigide. Molto più romantica (ma scartata) l’interpretazione che vuole uniti i due termini “amor e anthos“, cioè “fiore d’amore“.

Lo specifico ‘retroflexus’ è di origini latine, significa “rivolto all’indietro”, e si riferisce alla spiga centrale che il più delle volte è curvata all’indietro. Il friulano (“𝘉𝘭𝘦𝘥𝘰𝘯”) ci ricorda la somiglianza dell’amaranto con la bieta (“𝘉𝘭𝘦𝘥𝘦”).

L’ho annunciata come alloctona invasiva; vediamo perché. E’ originaria dell’America del Nord ed è giunta in Europa dopo il 1500 d.C. il che la classifica come ‘neofita alloctona’. Si è insediata nelle aree centro-meridionali dell’Europa, laddove il clima mite le offre un habitat ottimale. E’ specie dominante, quindi ‘invasiva’, nel senso che tende a soppiantare le piante autoctone e a creare nuclei persistenti laddove trova condizioni favorevoli. Tant’è vero che è in rapida e tenace espansione in tutta l’Europa.

In Italia la troviamo distribuita senza lacune, dalle coste ai fondovalle alpini, tra i 0 e i 1400 mt. s.l.m. Preferisce i terreni argillosi, umidi e freschi, riccamente azotati delle colture collinari: orti, i margini di campi coltivati, vigneti, zone agricole ruderali.

Sia l’𝙞𝙣𝙛𝙞𝙤𝙧𝙚𝙨𝙘𝙚𝙣𝙯𝙖 che i 𝙛𝙧𝙪𝙩𝙩𝙞 non sono molto appariscenti (li potete osservare in foto a fondo spiegone) e la pianta è piuttosto dimessa, altra da 20 a 100 cm. Interessanti sono invece le foglie e i semi. Le 𝙛𝙤𝙜𝙡𝙞𝙚, da giovani, sono commestibili, se cotte. Da evitare l’assunzione dell’acqua di cottura, però: la pianta rilascia i nitrati sintetizzati nell’acqua, che ne può risultare inquinata. Il sapore assomiglia allo spinacio ed è un ingrediente gradevole nelle minestre di verdure. Il 𝙛𝙪𝙨𝙩𝙤, sempre da giovane e prima che compaiano le infiorescenze, viene consumato come asparago.

Invece i 𝙨𝙚𝙢𝙞 hanno numerosi e apprezzati utilizzi sia in cucina che nella medicina tradizionale. Essendo l’amaranto una pianta americana, vediamo com’era (ed è ancora oggi) utilizzato nel Nuovo Mondo.

I Cherokee usavano l’amaranto comune come erba cerimoniale religiosa, come astringente per un ciclo femminile troppo abbondante e medicamento ginecologico. I Keres gli riconoscevano proprietà curative per l’apparato gastrointestinale. I Mohegan ne facevano un infuso per il mal di gola. I Navajo ne ricavavano pane e dolci. Era considerato l’oro degli Inca e degli Aztechi che lo apprezzavano al pari di mais e quinoa.

La pianta non è un cereale, ma la sua versatilità, specie in cucina, lo fa assomigliare particolarmente al miglio. I semi dell’amaranto sono saporiti, di colore nero, avorio o rosso (nella varietà 𝘤𝘢𝘶𝘥𝘢𝘵𝘶𝘴). Ed è proprio il rosso del seme di questa pianta che assegna il nome alla varietà del colore “Rosso Amaranto”. Sono ricchi di vitamina A, B e C, sali di calcio e ferro, fosforo e magnesio; assente il glutine, che ne fa un alimento adatto ad alcuni regimi alimentari. Contiene anche la lisina, un aminoacido solitamente carente in altri cereali, ed elevate quantità di fibre, che ottimizzano la funzionalità intestinale.

Riassumendo, i semi di amaranto sono apprezzati in diete vegetariane per il loro alto valore nutritivo; saziano velocemente e regolano l’intestino; abbassano i livelli di colesterolo ‘cattivo’ grazie ai fitosteroli; contrastano il diabete per il basso indice glicemico; prevengono l’anemia grazie al ferro contenuto; sono astringenti e rivitalizzanti per la vitamina C rilasciata. I semi vanno solitamente assunti sotto forma di farina, al pari di quella di altri cereali.

Oppure potete seguire la preparazione qui sotto.

Prima di cucinare i semi di amaranto è bene lavarli accuratamente con abbondante acqua e scolarli con un colino a maglie fini. Successivamente vanno bolliti in un volume di liquido pari a 3 parti d’acqua per ogni parte di semi, con un cucchiaino di sale rosa (facoltativo) per 30 minuti. Trascorso questo tempo la pentola va coperta e i semi, in essa contenuti, lasciati riposare per 10 minuti, per permettere loro di gonfiarsi. Assorbita l’acqua, i semi possono essere utilizzati tal quali, o conditi a piacimento.

Amaranto
Amaranto (Amaranthus retroflexus; foto di Antonino Messina per Acta Plantarum)
Infiorescenza di amaranto
Infiorescenza di amaranto (Andrea Moro per Dryades)
Frutti di amaranto
Frutti di amaranto (Foto: https://bellepiante.it/amaranthus-retroflexus/)