𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Il 𝙘𝙤𝙢𝙪𝙣𝙚 𝙨𝙥𝙖𝙧𝙨𝙤 𝙙𝙞 𝙎𝙖𝙪𝙧𝙞𝙨, composto dalle frazioni Sauris di Sopra, Sauris di Sotto, Lateis, La Maina e Velt, si trova in Carnia, nella valle scavata dal torrente Lumiei. Il comune si spalma sulla riva settentrionale del lago di Sauris, con la frazione La Maina a 1020 mt s.l.m. e Sauris di Sopra a 1400 mt s.l.m.
Al giorno d’oggi le vie di comunicazione carrabili tra la valle del Lumiei e quelle contigue, sono tre. Una conduce verso sella Rioda, a nord-ovest, da dove si raggiunge il Cadore. Le altre due sono quella che valica il Passo Pura e sbuca ad Ampezzo e quella che viene attualmente chiamata “Via Sauris” e segue la forra del torrente Lumiei per terminare, anch’essa, ad Ampezzo. Vi rammento che sul Lumiei, in corrispondenza della frazione La Maina, dove la valle si stringe notevolmente, è stata costruita una diga (seguirà spiegone).
L’allestimento delle infrastrutture, necessarie alla costruzione della diga, ha di fatto dismesso ampi tratti quella che era chiamata la “𝘚𝘵𝘳𝘢𝘥𝘢 𝘥𝘦𝘭 𝘉𝘶𝘴𝘰” (o “𝘉𝘶𝘴” = buco, forra). Nei racconti dei ‘vecchi’, la strada del Bus e quella del Passo Pura (“𝘗𝘦𝘳𝘬𝘩” in saurano) richiamano alla memoria ancora oggi la leggenda della Bèlin.
Percorrere le due vie in uscita dalla valle e raggiungere Ampezzo (ca. 500 mt. s.l.m.) comportava un viaggio che poteva durare anche tutta la giornata. Tra andata e ritorno, erano circa 30 km per la Strada del Bus, 50 per il Passo Pura. Specie se non si aveva la fortuna di poterlo fare a dorso di mulo o cavallo, ma i piedi erano gli unici mezzi di locomozione. Pazienza la discesa, che comunque metteva a dura prova ginocchia e caviglie non più giovanissime. Era la risalita a porre i disagi maggiori. Dislivello a parte, il rientro era sempre appesantito da carichi di merci altrimenti non presenti in valle. Sale, frutta, grano e granoturco erano acquistati o barattati ad Ampezzo in cambio di orzo, segale, rape, cavoli cappucci, fave, lino, canapa e lana di pecore, che invece in valle abbondavano.
Ogni paio di gambe era utile, a tal fine, e poter disporre di forze giovani e volenterose significava riempire qualche gerla in più di merci indispensabili per la sussistenza dei saurani. I valligiani che avevano già visitato Ampezzo e paesi limitrofi, ne decantavano i pregi: la disponibilità di merci sconosciute, la presenza di varie genti, gli spazi ampi e panoramici. E i giovani, in attesa di poter compiere il loro primo viaggio verso quelle terre straniere, fremevano. Il ‘battesimo’ avveniva solitamente in primavera, allo sciogliersi delle nevi.
Ovviamente, ogni privilegio ha un suo prezzo. Uscire per la prima volta nella propria vita dalla valle, comportava il pagamento di un pegno, non certo piacevole. Ci pensavano i giovanotti e le ragazze, che già erano state ammesse ai viaggi verso l’ignoto, ad illustrarlo ai novizi.
Proprio ai margini della comunità saurana abitava una donna, Bèlin. Il suo nome deriva dal termine ‘𝘞𝘦𝘭𝘴𝘤𝘩’ (del tedesco parlato nel Medioevo, o 𝙈𝙞𝙩𝙩𝙚𝙡𝙝𝙤𝙘𝙝𝙙𝙚𝙪𝙩𝙨𝙘𝙝, che è la radice linguistica del Saurano), storpiato poi in ‘Bèlisch’, col significato di “straniera, italiana, cioè friulana”. Questa donna, vecchia, brutta, grande e grossa, poteva – coi suoi poteri – impedire o benedire il primo transito delle nuove generazioni saurane.
Dipendeva tutto da un 𝙗𝙖𝙘𝙞𝙤. Bisognava darlo su “𝘋𝘦𝘳 𝘰𝘳𝘴𝘤𝘩 𝘷𝘢𝘯 𝘥𝘦𝘳 𝘉𝘦𝘭𝘪𝘯”, esattamente lì: sul sedere della donna, grosso e sporco come il calderone della polenta lasciato annerire sul fuoco. La consapevolezza di dover sottostare a questo gesto disgustoso, metteva giustamente in ansia i giovani malcapitati. Che nei giorni precedenti la trasferta interrogavano i fratelli maggiori o chiedevano notizie agli adulti, alla ricerca di conferme o smentite.
Lo scherzo, e la conseguente ansia, durava fino all’imbocco della strada per Ampezzo. Con lo svanire della Bèlin, si scioglievano anche i timori dei ragazzi. Ma la leggenda è rimasta nel tessuto sociale e tradizionale del popolo valligiano.
Ogni 5 gennaio sera il rito si compie nella frazione di Lateis, stavolta in forma goliardica e diretta soprattutto ai turisti. Questi, pur di potersi garantire il soggiorno a Sauris, devono baciare il didietro di un figurante travestito da Bèlin. Numerose befane accompagnano i turisti designati lungo le vie della frazione, illuminate dalla sola luce delle lanterne. Raggiungono un luogo segreto dove li attende la vecchia, in attesa del gesto di riverenza.
Il tutto è condito, com’è abitudine per la tradizionale ospitalità del popolo saurano, con vin brulè, thè, dolci e prodotti tipici della valle. Al termine del rito del ‘bacio’, si accendono dei falò beneauguranti e la festa continua al suono di canti e fisarmoniche.
ᶠᵒᵗᵒ (ˢᵗʳᵃᵈᵃ ᵈᵉˡ ᵇᵘˢ): ʰᵗᵗᵖˢ://ᵃˡᵇᵉʳᵍᵒᵈⁱᶠᶠᵘˢᵒˢᵃᵘʳⁱˢ.ʷᵒʳᵈᵖʳᵉˢˢ.ᶜᵒᵐ/; (ᵇᵉ̀ˡⁱⁿ): ʰᵗᵗᵖˢ://ʷʷʷ.ˢᵃᵘʳⁱˢ.ᵒʳᵍ/ᵈᵉʳ-ᵒʳˢᶜʰ-ᵛᵃⁿ-ᵈᵉʳ-ᵇᵉˡⁱⁿ-ⁱˡ-ˢᵉᵈᵉʳᵉ-ᵈᵉˡˡᵃ-ᵇᵉˡⁱⁿ/