Bio, bio e bio

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐒 𝐜𝐑𝐞?
L’immissione in natura, accidentale o intenzionale, di prodotti inquinanti Γ¨ un fenomeno estremamente pericoloso per gli ecosistemi colpiti, anche indirettamente, gli habitat e ovviamente tutto il regno dei viventi interessati. Ricordo che le sostanze inquinanti non sono solo i famigerati sversamenti di petrolio in mare, le fuoriuscite accidentali di scorie industriali nei fiumi, l’immissione nell’atmosfera di gas dannosi.

Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo inquinare l’ambiente: fazzoletti di carta caduti accidentalmente nel bosco, la buccia di una banana abbandonata in natura, l’errata differenziazione dei rifiuti, l’abuso di tessuti sintetici, etc. Sono tutte azioni che producono una impronta ecologica: gli sbiancanti contenuti nei fazzoletti, i pesticidi di cui la buccia di banana Γ¨ intrisa, le microplastiche rilasciate dall’abbigliamento tecnico lavato in lavatrice difficilmente vengono assorbiti e “metabolizzati” dalla natura.

Ma tecnologia e scienza si sono unite per mitigare gli effetti e talvolta risolvere i danni provocati da agenti inquinanti. All’inizio del XX secolo si Γ¨ fatta strada l’intuizione che alcuni batteri potessero assorbire agenti inquinanti, sottraendoli all’ambiente e stoccandoli nel loro organismo.

La schiera di agenti filtranti si Γ¨ poi allargata a includere funghi, alghe e lieviti, che nel loro complesso formano la biomassa in grado di concentrare e legare passivamente i contaminanti sulla propria struttura cellulare. I costi ridotti di gestione della biomassa e la sua alta efficienza accumulante sono un indubbio vantaggio nella bonifica di aree inquinate.

Problema risolto, dunque, con il π™—π™žπ™€π™–π™¨π™¨π™€π™§π™—π™žπ™’π™šπ™£π™©π™€? Direi proprio di no.

Infatti in natura i contaminanti non vengono assorbiti solo da organismi “sacrificabili” e da biomasse eticamente insignificanti. Pensate ai metalli pesanti che finiscono nei terreni e nelle falde acquifere. Verranno assorbiti dalle piante, che verranno mangiate dagli erbivori, a loro volta predati da cosiddetti consumatori secondari e su, su, fino all’apice della piramide alimentare.

Stesso dicasi per le microplastiche in mare: pesci piccoli, pesci grandi, pescatore, pescheria, piatto in tavola. Quello che ci finisce, nel piatto intendo, Γ¨ l’effetto della π™—π™žπ™€π™’π™–π™œπ™£π™žπ™›π™žπ™˜π™–π™―π™žπ™€π™£π™š. CioΓ¨ il progressivo accumulo di sostanze inquinanti lungo la catena trofica (o alimentare) e gli organismi che la compongono.

Infatti, ogni vivente, sia produttore – come i vegetali – che consumatore – come erbivori e carnivori – Γ¨ soggetto al π™—π™žπ™€π™–π™˜π™˜π™ͺ𝙒π™ͺ𝙑𝙀 di sostanze tossiche, nella misura in cui ne riceve direttamente dall’ambiente o da ciΓ² di cui si nutre.

Appare evidente che organismi con grandi capacitΓ  di bioaccumulo siano apprezzati, utili e utilizzati quando la catena trofica si ferma al loro livello (vedi i batteri, funghi, etc di cui sopra). Altrettanto evidente Γ¨ il rischio che corrono gli organismi che stanno al vertice della catena trofica (i grandi rapaci, i carnivori, l’uomo) di subire gli effetti della biomagnificazione.

Questo post non ha intenti allarmistici, ma invita ad un consumo alimentare e a un conferimento dei rifiuti consapevoli.

Catena trofica esemplificata