Cetriolo marino

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

Mi sono sempre chiesta, le poche volte che ho frequentato l’ambiente marino, cosa fossero quelle creature misteriose, ancorate sul fondo del mare, immobili e dalla forma a dir poco allusiva. Da curiosità nasce spiegone.

Sono comunemente chiamati 𝙘𝙚𝙩𝙧𝙞𝙤𝙡𝙞 𝙢𝙖𝙧𝙞𝙣𝙞, appartengono alla classe delle 𝘏𝘰𝘭𝘰𝘵𝘩𝘶𝘳𝘰𝘪𝘥𝘦𝘢 o oloturie. Il nome comune è stato affibbiato loro per la somiglianza all’ortaggio: sezione cilindrica, forma allungata.

Vivono praticamente ovunque, in tutti i mari: dalle basse aree litoranee fino alle profondità marine più estreme. Una specie, la 𝘔𝘺𝘳𝘪𝘰𝘵𝘳𝘰𝘤𝘩𝘶𝘴 𝘣𝘳𝘶𝘶𝘯𝘪, è stata trovata a 10.687 metri di profondità. Alcune sono sessili (cioè saldamente ancorate al substrato e incapaci di muoversi), altre si spostano, ma con molta calma, lentamente, senza fretta.

Si cibano di particelle organiche disperse nell’acqua; la filtrano e trattengono solo i detriti utili al loro metabolismo. Proprio per questo motivo si chiamano detritivori e svolgono un’importantissima funzione di pulizia dell’acqua. Quindi hanno una bocca, posta a una delle estremità del corpo, da cui entra il cibo, e un ano (detta cloaca), posto all’estremità opposta (meno male) da cui escono le deiezioni. Ma mica escono solo quelle.

In caso di pericolo e/o attacco da parte di predatore, le oloturie adottano due strategie difensive a dir poco sconcertanti.

Irrorano il potenziale predatore con dei filamenti appiccicosi biancastri o rosei, che escono dalla cloaca. Si chiamano 𝘵𝘶𝘣𝘶𝘭𝘪 𝘥𝘪 𝘊𝘶𝘷𝘪𝘦𝘳, vengono prodotti da delle ghiandole e possono essere tossici. Hanno in pratica lo stesso effetto di una ragnatela che invischia il malcapitato.

Ma non basta; la seconda strategia è ancora più estrema.

Possono eviscerarsi volontariamente, espellendo intestino, polmoni e la gonade (una sola, poverino), dalla bocca e dalla cloaca, per spiazzare il predatore e lasciargli qualcosa da sgranocchiare, mentre loro “fuggono”. Le oloturie sono dotate di elevatissime capacità rigenerative, quindi l’estroflessione dei loro organi interni, oltre a salvargli la vita, non provoca danni permanenti. Nel giro di due mesi scarsi, tutto quello che è stato lasciato sul campo di battaglia, tornerà rigenerato al proprio posto.

Nel frattempo l’oloturia sopravvive con la sola funzione respiratoria e tante aspettative.

Ovviamente l’uomo deve rendere ulteriormente la vita difficile all’animale. A causa del sovrasfruttamento per usi alimentari e medicinali, le oloturie stanno scomparendo da vaste aree dei fondali marini.

Però c’è anche un uso creativo, da parte dell’uomo, dei prodotti secreti dal cetriolo. I filamenti di cui sopra vengono sparsi sulle piante dei piedi dei pescatori delle coste del Pacifico, come colla naturale. Granelli di sabbia e sedimenti si attaccano poi ai tubuli, andando a formare una suola naturale e isolante, che protegge il piede dalle superfici taglienti dei coralli.

ᶠᵒᵗᵒ: ᴬⁿᵈᵉʳˢ ᴾᵒᵘˡˢᵉⁿ, ᴰᵉᵉᵖ ᴮˡᵘᵉ ⁽ʰᵗᵗᵖ://ʷʷʷ.ᶜᵒˡᵒᵘʳˢ.ᵈᵏ/⁾ ⁻

Stichopus chloronotus