𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Ce l’avete, dello Charme? Noi in Friuli VG sì, ma in Sicilia e Sardegna ne sono privi. Invece il Valle d’Aosta, di Charme ne hanno poco e lo stanno ancora cercando. Tornando seri, il 𝙘𝙖𝙧𝙥𝙞𝙣𝙤 𝙗𝙞𝙖𝙣𝙘𝙤 (𝘊𝘢𝘳𝘱𝘪𝘯𝘶𝘴 𝘣𝘦𝘵𝘶𝘭𝘶𝘴), a cui i francesi hanno dato un nome molto allusivo, evocativo e ammaliante, è un albero deciduo (caducifoglie) a distribuzione europeo-continentale, presente in tutta la nostra penisola, tranne nelle tre regioni nominate qui sopra.
In Friuli VG lo incontriamo in boschi maturi di latifoglie, mesofili (che gradisce temperature medie, mai estreme), da 0 a 1000 mt. s.l.m. in posizioni soleggiate e luminose, non disdegnando la mezz’ombra. e suoli leggeri, profondi, umidi, ben drenati e freschi, ricchi di sostanza organica
La nomenclatura binomia è, come sempre, molto rivelante. ‘Carpino’ risulta essere l’unione tra la radice sanscrita “kar” = essere duro, e “pinus” = pino. ‘Betulus’ invece allude alla somiglianza delle sue foglie con quelle della betulla. Già i Romani adoperavano il termine ‘carpino’ per indicare l’albero pieno di charme. In Friuli, per lo meno stavolta, la fantasia non si è sbizzarrita: ciamar, ciamer, ciumer, zamar. Ma sono le denominazioni estere che caratterizzano la pianta indirettamente. “𝘏𝘢𝘨𝘦𝘣𝘶𝘤𝘩𝘦” (dal tedesco) significa letteralmente ‘faggio per siepi’, “𝘏𝘢𝘪𝘯𝘣𝘶𝘤𝘩𝘦” invece ‘faggio per boschetti’ a sottolineare la facilità di potatura della pianta. “𝘏𝘰𝘳𝘯𝘣𝘦𝘢𝘮” (dall’inglese) di riferisce alla durezza del legno (horn = corno, resistente come un corno).
Non è molto longeva, se paragonata ai lontani cugini castagni o querce, con cui condivide l’ordine delle Fagali. Vive in media 150 anni, raggiungendo altezze modeste: 15/20 metri. Si posiziona quindi sul piano boschivo inferiore e viene considerata specie 𝙨𝙘𝙞𝙖𝙛𝙞𝙡𝙖, che ama l’ombra.
La 𝙘𝙤𝙧𝙩𝙚𝙘𝙘𝙞𝙖 (vedi foto) è liscia, di colore grigio cenere a trama molto fine, simile al faggio. Ma a differenza di quest’ultimo, il 𝙩𝙧𝙤𝙣𝙘𝙤 del carpino può presentare profonde scanalature verticali che fanno pensare all’unione o fusione di più tronchi. Infatti, sebbene il portamento dell’albero isolato sia colonnare e dritto, quando il carpino si trova in boschi misti, tende a fondersi con carpini attigui o, addirittura, a inglobare altri alberi, tronchi mozzi o plantule giovani di altre specie. Le contorsioni dei tronchi sono quindi opere d’arte della Natura che aggiusta ciò che l’uomo crede di governare. L’alta capacità della pianta di cacciare polloni da tronchi tagliati a ceduo, di contorcersi in forme strabilianti e di sopportare potature anche decise, ha indotto i nostri antenati a utilizzarla per numerosi scopi.
Col legno di carpino, duro e tenace, si realizzavano e si realizzano ancora piccoli oggetti: manici, denti di rastrello, scacchi, ingranaggi, raggi di ruote, bacchette da percussionista, alcune parti meccaniche dei pianoforti.
La pianta, opportunamente potata, si presta bene alla realizzazione di siepi e alberature cittadine. In Friuli VG ancora oggi si possono ammirare roccoli e bressane costruite con carpino bianco. Spiegone qui:
https://www.tangia.it/aucupio/
Col carbone, nei tempi antichi, si preparava la “polvere da schioppo” e si alimentavano le fucine. La corteccia serviva per tingere di giallo e bruno la seta, la lana e il cotone.
Le 𝙛𝙤𝙜𝙡𝙞𝙚, sia fresche che secche, sono un ottimo foraggio per ovini e suini. E sono proprio le foglie che caratterizzano l’aspetto invernale del carpino. Infatti, tendono dapprima a colorarsi di giallo acceso/arancione, per virare verso il marrone in pieno inverno. Rimanendo sull’albero per tutta la stagione fredda, assicurano una parziale copertura visiva delle siepi anche quando le caducifoglie ormai si sono spogliate. Solo con lo spuntare delle nuove gemme primaverili, i rami le lasceranno cadere al suolo.
In primavera assistiamo al fiorire del carpino, con reazioni allergiche, per chi ne soffre, anche violente. I rami si ricoprono di 𝙛𝙞𝙤𝙧𝙞 maschili – lunghi amenti penduli (come i noccioli) giallastri – e femminili, a coppie, di colore bianco panna, dapprima eretti, poi pendenti pure loro (vedi foto).
I fiori femminili fecondati, detti anche infruttescenze, diventano, con l’avanzare della stagione, pseudosamare che contengono il seme (un achenio). Le pseudosamare sono delle strutture dalla forma particolarmente adatta al volo. Infatti, saranno disperse dai venti autunnali a colonizzare altri territori. Il cugino, carpino nero, invece presenta delle infruttescenze che ricordano quelle del luppolo.
La medicina popolare utilizza le gemme di carpino bianco per le sue proprietà espettoranti ed emollienti delle prime vie respiratori, come stimolatore della produzione di piastrine, per abbassare il colesterolo alto e correggere l’insufficienza epatica. Il macerato di gemme è un rimedio contro le emorragie e ha virtù cicatrizzanti.
Ultima nota, storica. I boschi planiziali friulani, la famigerata “Silva Lupanica” di cui ci narrano Virgilio (I sec. a.C.) Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) e che coprivano tutta la Bassa Friulana tra Livenza e Isonzo, erano composti per lo più da carpini, farnie, ontani, olmi, aceri campestri, biancospini, cornioli e lecci. I 500 ettari che ancora resistono al giorno d’oggi all’avanzare del progresso, sono per lo più coperti da farnie e carpini bianchi.
ᶠᵒᵗᵒ: ⁽ᶠᵒᵍˡⁱᵉ⁾ ᶠᵘⁿᵍʰⁱᵐᵃᵍᵃᶻⁱⁿᵉ.ⁱᵗ; ⁽ᶠⁱᵒʳⁱ⁾ ᴳʳᵃᶻⁱᵃⁿᵒ ᴾʳᵒᵖᵉᵗᵗᵒ ᵖᵉʳ ᴬᶜᵗᵃᵖˡᵃⁿᵗᵃʳᵘᵐ; ⁽ᶜᵒʳᵗᵉᶜᶜⁱᵃ & ᵖˢᵉᵘᵈᵒˢᵃᵐᵃʳᵉ⁾ ᴬⁿᵈʳᵉᵃ ᴹᵒʳᵒ ᵖᵉʳ ᴰʳʸᵃᵈᵉˢ.