Cimitero israelitico

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

A San Daniele del Friuli, lungo il percorso che costeggia il lago di Ragogna/Muris/San Daniele (guai a sottostimare il campanilismo locale), si incontra un cimitero israelitico di cui tratta lo spiegone odierno. La prima notizia, di una comunità ebraica residente nel paese del collinare friulano, risale al 1 luglio 1523. In una lettera destinata al Consiglio della Comunità sandanielese e approvata dal Patriarca di Aquileia Giovanni Grimani, si dichiarava Simon Nantua beneficiario di una condotta che gli permetteva di esercitare il prestito nel Banco dei Pegni di San Daniele.

In un altro documento, datato 1548, un tale Moisè di Donato chiede di potersi sostituire a Simon Nantua nell’esercizio del prestito. Il Comune ribadisce però l’assegnazione quinquennale a quest’ultimo, a patto che si trasferisca da Udine a San Daniele. Deceduto Simone (l’anno del decesso è incerto), il Banco risulta chiuso e in paese si esercita una forma di prestito, approvata dal Patriarca, che ha esiti fallimentari. Nel 1588 il Consiglio convoca dunque i figli di Simon, Benedetto e Lazzarino, a riaprire e gestire il Banco.

La comunità ebraica attraversa, negli anni successivi, alcune vicende avverse. Conversioni di illustri rappresentanti della comunità; fughe dei convertiti dalla cittadina; denunce contro donne ebree che insegnerebbero indebitamente ai giovani della comunità a leggere e a cucire; scandali risultati poi inconsistenti.

Nel 1624 la famiglia Luzzato, di origini tedesche, tenta di subentrare agli eredi dei Nantua nella gestione del Banco. Ottiene il consenso patriarcale nel 1626 e la condotta gli è rinnovata sino al 1641. I Luzzato gestiscono il Banco fino alla sua soppressione, nel 1714, quando subentra il Monte di Pietà. A quei tempi gli ebrei della cittadina collinare esercitano, oltre al prestito, il commercio di cereali e tabacco, la filatura di seta, vendita di bozzoli e di ferramenta, attività artigianali, allevamento, oreficeria e apicoltura. Il mestiere di medico è particolarmente apprezzato, viste la perizia e competenza dei professionisti ebrei.

Il relativo benessere economico della comunità ebraica si palesa con la costruzione di una sinagoga (nell’attuale piazza Cattaneo) e di discrete abitazioni sparse nei borghi della cittadina. Infatti gli ebrei non sono obbligati a concentrarsi in un ghetto, godendo quindi di un’inusuale libertà anche edilizia. Devono solamente adeguarsi ad alcune restrizioni. E’ fatto loro divieto di recarsi in piazza durante feste cristiane e avevano l’obbligo di serrare le finestre al passaggio delle processioni religiose.

All’inizio del 1700 il cimitero ebraico di Udine e quello di Conegliano non dispone più di spazi per accogliere i defunti della comunità. Viene quindi richiesto al consiglio comunale di San Daniele di poter acquistare un terreno fuori dalla zona urbanizzata, per allestire un cimitero locale. L’acquisto è negato, ma nel 1733 il consiglio comunale concede l’affitto di Prato della Merenda, un terreno ‘extra muros’ che deve separare nettamente i luoghi di sepoltura ebraici da quelli cristiani. Si tratta di un prato ameno dove i residenti della cittadina collinare sono soliti recarsi per svagarsi. Nel 1735 il cimitero risulta operativo e inizia ad accogliere i primi defunti.

Il consiglio stabilisce anche che nel cimitero siano sepolti solo i defunti residenti nel territorio comunale. In caso di contravvenzione, sarebbe scattata una condanna con pena pecuniaria. Isach Luzzatto chiede quindi al consiglio di estendere a suoi parenti stretti, originari di Tisana, Codroipo e Chiavris, la possibilità di sepoltura in terra sandanielese, che gli viene concessa.

Nel 1750, a causa di restrizioni economiche imposte dalla Serenissima (subentrata al Patriarcato) alla comunità ebraica, questa chiede di poter acquistare il terreno, invece di versare l’affitto annuo. Il consiglio decide di diminuire solamente la quota dell’affitto. Nel 1752 il terreno viene finalmente venduto alla comunità ebraica, che da allora può far riposare i propri cari, residenti e non, nel cimitero israelitico.

Ne possiamo vedere le mura passeggiando, come accennato sopra, nei pressi del torrente Repudio, lungo le sponde del lago di origini glaciali. E’ l’ultima zona umida rimasta integra all’interno dell’anfiteatro morenico (seguirà spiegone dedicato). Sbirciando dal cancello, si possono scorgere le steli (lastre) di marmo o pietra, alcune decorate con motivi floreali. Le loro forme sono varie: da piramide a colonna, da cassone a cuspide.

In occasione della Giornata della Memoria, il cimitero è visitabile con accompagnatori che ci narrano le vicende della comunità ebraica sandanielese. Vi consiglio caldamente di approfittare di queste occasioni, anche per apprezzare e osservare i piccoli, ma significativi, particolari che caratterizzano le lapidi. Gli epitaffi e le iscrizioni sepolcrali sono in ebraico o italiano, ma anche bilingui. Testimoniano l’allora profonda integrazione del popolo ebraico nel tessuto sociale friulano.

La tomba più antica ci ricorda di Ester di Baruch Luzzato, datata 19 marzo 1742; quella più recente è del 2007.

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lapidi nel cimitero israelitico di san Daniele
lapidi nel cimitero israelitico di san Daniele