Fitolacca

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

Una pianta particolarmente attraente, che in questi giorni sta fruttificando abbondantemente e indisturbata è la fitolacca americana (𝘗𝘩𝘺𝘵𝘰𝘭𝘢𝘤𝘤𝘢 𝘢𝘮𝘦𝘳𝘪𝘤𝘢𝘯𝘢) detta anche ‘cremesina’, ‘uva turca’ e ‘uva da colorare’. Il friulano, come sempre, è lievemente più fantasioso: ‘amaranto’, ‘chermes’ e ‘ue di pome’. Il nome generico proviene dal greco ‘φυτόν phytόn’ = pianta, e dall’indi ‘lakh’, da cui ‘lacca’, cioè un colorante estratto da un insetto (𝘒𝘦𝘳𝘳𝘪𝘢 𝘭𝘢𝘤𝘤𝘢) che fornisce una tinta simile a quella violacea del succo contenuto nelle bacche. Interessante, a mio avviso, è l’etimologia del termine ‘lakh’, derivato da parola sanscrita “lākshā” che rappresenta il numero 100’000. Infatti, per produrre una libbra britannica – circa mezzo kg. – di lacca, servivano tra 17’000 e 90’000 insetti (suddetta 𝘒𝘦𝘳𝘳𝘪𝘢 𝘭𝘢𝘤𝘤𝘢), migliaio più migliaio meno.

Ancora più curiosa è la faccenda dell’Alchermes, detto anche “il liquore dei Medici”. Era – fino a non molto tempo fa – colorato di rosso amaranto, grazie alla polvere essiccata di una cocciniglia (𝘒𝘦𝘳𝘮𝘦𝘴 𝘷𝘦𝘳𝘮𝘪𝘭𝘪𝘰). Ma l’utilizzo del 𝘒𝘦𝘳𝘮𝘦𝘴 era appannaggio delle classi più abbienti, mentre il popolo ripiegò su 𝘊𝘰𝘤𝘤𝘶𝘴 𝘪𝘭𝘪𝘤𝘪𝘴, cugino del 𝘒𝘦𝘳𝘮𝘦𝘴 e più economico, spesso chiamato ‘Chermes’ e confuso con la bacca della fitolacca. Quest’ultima veniva quindi usata in sostituzione dell’insetto, ignorando la sua tossicità. Non oso immaginare le ‘sbornie’ da intossicazione prese dall’alcolizzato di basso rango.

Torniamo alla pianta, rigogliosa, espansiva, quasi 𝙞𝙣𝙫𝙖𝙨𝙞𝙫𝙖. Infatti, ha assunto queste caratteristiche in alcune regioni italiane. In Friuli VG è ancora definita “𝙖𝙪𝙩𝙤𝙘𝙩𝙤𝙣𝙖 𝙣𝙖𝙩𝙪𝙧𝙖𝙡𝙞𝙯𝙯𝙖𝙩𝙖“. La sua origine è nordamericana e fu introdotta in Europa come pianta da giardino e per le proprietà coloranti delle bacche. E’ presente nell’Orto Botanico di Padova nel 1642, poi sfugge al controllo dei giardinieri e infesta tutte le aree mediterranee dell’Europa. Tende a non creare popolamenti monospecifici (come invece fa l’ailanto), ma si presenta come individui isolati. Il che rende la sua invasività meno preoccupante.

La riproduzione della pianta avviene solo per seme. Ogni bacca contiene decine di semi che si disperdono grazie agli uccelli che se ne cibano. La germinabilità dei semi caduti al suolo pare essere prolungata nel tempo, aumentando quindi la sua capacità di colonizzare terreni nuovi.

A fine spiegone aggiungo le foto che vi faciliteranno nell’identificazione della pianta. Evito così di elencarne i tratti morfologici e passo direttamente alle proprietà, davvero tante e curiose, della fitolacca. Vi basti sapere che non cresce oltre i 400 mt. s.l.m. e che preferisce terreni incolti, rive di corsi d’acqua, ambienti ruderali dismessi, giardini e orti.

Tutta la pianta, 𝙙𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙧𝙖𝙙𝙞𝙘𝙚 𝙖𝙡𝙡𝙚 𝙗𝙖𝙘𝙘𝙝𝙚 (frutti) è 𝙩𝙤𝙨𝙨𝙞𝙘𝙖 per ingestione, ma nella storia dell’umanità c’è chi se ne è cibato ugualmente, soprattutto nei paesi d’origine della fitolacca. I giovani germogli e le foglie sono consumate dopo averle opportunamente bollite e cambiata l’acqua di cottura più volte. Pare che i germogli abbiano il sapore degli asparagi, mentre le foglie assomiglino agli spinaci. Il succo estratto dalle bacche era considerato un purgante utile in caso di indigestioni e veniva bevuto serenamente.
Le bacche stesse, fino a non molto tempo fa, erano utilizzate nella preparazione di dolci e come colorante alimentare.

L’ingestione a crudo delle parti vegetali, che contengono saponine e ossalati, provoca bruciori della bocca e della gola, salivazione, vomito, diarrea sanguinante, sonnolenza, pizzicore e formicolio in tutto il corpo, vertigini, spasmi, convulsioni, coma e morte. Ovviamente anche il solo contatto con la linfa di fitolacca, capace di attraversare l barriera cutanea, può scatenare dermatiti.

Per contrappasso, la medicina popolare ha fatto amplissimo uso della fitolacca, di tutte le sue parti vegetali, ancora prima di conoscere le effettive proprietà fitoterapiche scoperte recentemente.

Partiamo dall’uso esterno (vi ricordo le dermatiti da contatto scatenate dalla linfa). Gli impacchi di radice essiccata erano utili nella cura di dermatiti (?), infiammazione delle articolazioni, emorroidi, mastiti, ulcere varicose, contusioni, distorsioni e slogature. I nativi americani applicavano i cataplasmi anche ai loro cavalli.

Invece per uso interno risultava utile nella cura di malattie autoimmuni, ad esempio l’artrite reumatoide. Apprezzate anche le proprietà antinfiammatorie, antitumorali, antivirali, antielmintiche, antiedemigene, espettoranti, ipnotiche, purgative. Quindi utili contro vermi, batteri, virus, parassiti, incluse la scabbia e la sifilide. Curano tonsilliti, infiammazioni ghiandolari, catarro cronico, bronchiti, stitichezza, congiuntiviti.

Curiosamente, nonostante la comprovata tossicità della pianta e l’evidente necessità di assumerne parti sotto strettissimo controllo medico, le bacche rimasero iscritte nella farmacopea americana fino al 1905; la radice continuò ad essere usata come medicinale fino al 1947.

Al giorno d’oggi, la pianta è utilizzata sono in ambito omeopatico, di cui non tratto. Invece è interessante la recente scoperta di una 𝙥𝙧𝙤𝙩𝙚𝙞𝙣𝙖 𝙋𝘼𝙋 (pokeweed antiviral protein), isolata dalle foglie. La proteina inibisce la replicazione del virus HIV nelle cellule umane e potrebbe trovare numerose altre applicazioni terapeutiche in varie forme di tumori (leucemie e sarcomi) e di immunodeficienze acquisite (AIDS).

Ecco gli utilizzi meno pericolosi per l’uomo. Dai frutti si ricava una tintura rossa utilizzata per colorare la lana e un inchiostro adatto a decorazioni cutanee, poiché la durata della colorazione è ridotta e viene rimossa con sola acqua. La radice, per l’alto contenuto di saponine, era tagliata a pezzettini, bollita in acqua e utilizzata come sapone. Pare che la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America sia stata scritta con l’inchiostro ottenuto da bacche fermentate di fitolacca.

Termino lo spiegone con un paio di buone pratiche utili a contenere l’espansione della pianta. Non utilizzarla, piantarla, spostarla nei nostri giardini. Sarà anche bella e decorativa, ma resta pur sempre un organismo alloctono. I residui della pianta devono tassativamente essere portati in discarica o inceneriti, non buttati in mezzo alla campagna o nel bidone del compost. Possiamo fare la differenza anche nel nostro piccolo e la conoscenza ci renderà persone più consapevoli.

ᶠᵒᵗᵒ: ᴰʳʸᵃᵈᵉˢ ᵉ ᴬᶜᵗᵃᵖˡᵃⁿᵗᵃʳᵘᵐ

fiore di fitolacca (Phytolacca americana)
fiori di fitolacca (Phytolacca americana)
racemo di fitolacca
racemo di fitolacca
frutti di fitolacca
frutti di fitolacca
foglie autunnali di fitolacca
foglie autunnali di fitolacca