La calce tramontina

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
La Val Tramontina (PN), per la sua conformazione orografica (un fitto reticolo idrico che funge da mezzo di trasporto), geologica (matrice rocciosa ad alto contenuto di carbonati di calcio) e vegetazionale (fitti boschi di conifere e latifoglie), ha ospitato per secoli numerose fornaci per la produzione della calce. Ancora oggi sono visibili ruderi più o meno ben conservati di queste strutture.

La fornace veniva costruita con massi recuperati nelle zone circostanti, spesso addossata a un pendio per garantirne la stabilità, di forma circolare, una piccola apertura posta in basso (la “porta del fò”), le pareti interne intonacate a ogni cottura (le alte temperature raggiunte nella fornace cuocevano anche lo stesso intonaco) e una parte sommitale a cupola con massi larghi e squadrati auto-incastranti. Prima di chiudere la cupola, si provvedeva a riempire il volume interno della fornace con pietre calcaree (carbonato di calcio, CaCO₃), al di sotto del quale veniva ricavato lo spazio necessario a inserire il combustibile, alimentato attraverso la “porta del fò”.

Dal momento dell’accensione della legna, preferibilmente pino mugo capace di raggiungere i 900°C richiesti per la cottura ottimale della calce, bisognava accudire il fuoco ininterrottamente, alzando o abbassando sapientemente le fiamme, per non compromettere il risultato della cottura. Solitamente questa durava tre giorni: la decisione del fornaciaio più esperto interrompeva il processo. Servivano altri 6/7 giorni per il raffreddamento della struttura.

Scoperchiando la cupola della fornace, gli uomini estraevano la calce così ottenuta e la versavano nelle ceste indossate dalle donne. Queste erano deputate a trasportare il materiale verso la destinazione, spesso una chiatta in attesa lungo un corso d’acqua poco lontano, oppure un cantiere nelle vicinanze. Le donne erano anche le operaie incaricate di fornire le pietre e il legname per la procedura, l’acqua per lo spegnimento e di approvvigionare i fornaciai col vitto e il vettovagliamento necessario.

Il progressivo disboscamento dei pendii boscosi e la diminuzione della richiesta di calce, portarono all’abbandono dell’attività delle fornaci. L’ultima cottura avvenne nel 1954.
ᶠᵒᵗᵒ: ᵘᶠᶠⁱᶜⁱᵒ ᵗᵘʳⁱˢᵗⁱᶜᵒ ⱽᵃˡ ᵀʳᵃᵐᵒⁿᵗⁱⁿᵃ

Interno di una fornace da calce, con la bocca del fò, in basso.