𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Il 𝘗𝘩𝘺𝘭𝘶𝘮 degli artropodi regala meraviglie e curiosità infinite. Vi sono compresi ragni, acari, scorpioni, millepiedi, centopiedi, aragoste, granchi, gamberi e insetti. Ma di diritto vi entrano anche i fossili di specie che non hanno lasciato eredi conspecifici che vivano al momento sulla faccia della Terra. E’ il caso di 𝘍𝘳𝘪𝘶𝘭𝘢𝘳𝘢𝘤𝘩𝘯𝘦 𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪, che è l’antenato più antico della famiglia degli 𝘈𝘵𝘺𝘱𝘰𝘪𝘥𝘦𝘢 (di cui fa parte il ragno calza).
Il nome specifico assegnato al ragno – o più precisamente, al suo fossile – la dovrebbe dire lunga sul luogo del suo ritrovamento. A Forni di Sopra nel 2013, Roberto Rigo rinviene fortuitamente un fossile in sedimenti risalenti al Norico (Triassico superiore, molto probabilmente depostosi tra 210 e 215 milioni di anni fa). L’esemplare viene consegnato ai paleontologi Fabio Della Vecchia, dell’Institut Català de Paleontologia di Sabadell (Spagna) e collaboratore del Museo udinese di Storia Naturale, e Paul Selden, dell’University of Kansas a Lawrence (USA). Il genere a cui appartiene è dunque ‘𝘍𝘳𝘪𝘶𝘭𝘢𝘳𝘢𝘤𝘩𝘯𝘦’, cioè ‘ragno del Friuli’ che fino ad oggi conta solo la specie ‘𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪’ (epiteto in onore dello scopritore).
Ma perché il ritrovamento è così importante, a parte l’eccezionale stato di conservazione del reperto? Perché fino al 2013 la superfamiglia dei 𝘛𝘩𝘦𝘳𝘢𝘱𝘩𝘰𝘴𝘪𝘥𝘢𝘦 (le famigerate migali), di cui il 𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪 fa parte, annoverava esemplari non più antichi del Cretacico inferiore, cioè risalenti a 110 milioni di anni fa. Ma c’è di più. Allargando di uno scalino la classificazione e passando al più ampio sottordine delle 𝘔𝘺𝘨𝘢𝘭𝘰𝘮𝘰𝘳𝘱𝘩𝘢𝘦, che comprende le 𝘛𝘩𝘦𝘳𝘢𝘱𝘩𝘰𝘴𝘪𝘥𝘢𝘦, il nostro 𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪 è il secondo esemplare più anziano rinvenuto nel mondo. Deve cedere il passo solamente alla Rosamygale grauvogeli scoperta nel 1992, che risale all’Anisiano (Triassico medio, circa tra 242 e 247 milioni di anni fa).
Tutte queste definizioni tassonomiche di fossili di ragno vi hanno fatto venire le vertigini? Pensate ai poveri paleontologi e biologi, che ad ogni scoperta tremano al pensiero di dover rivedere tutta (o in parte) la nomenclatura binomiale, l’appartenenza di una specie a una diversa classe gerarchica o retrodatarne la comparsa sulla Terra. E’ capitato anche in seguito alla scoperta del Friularachne rigoi, che appartenendo a una famiglia la cui comparsa era fino ad allora datata a 110 milioni di anni fa, ha costretto a retrodatarla di ben 100 milioni di anni. Che non sono proprio spiccioli.
Specie in una zona ricca di fossili qual ‘è quella che oggi è il Friuli nord-occidentale. Ma 210 milioni di anni fa l’habitat era decisamente diverso. L’attuale Friuli era composto da un arcipelago di isole tropicali, con un mare poco profondo. Era soggetto a frequenti episodi di anossia, cioè di acque con poco ricircolo e quindi povere di ossigeno. Molto probabilmente il 𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪 è stato trascinato in mare in seguito a una tempesta. Precipitato sul fondo marino e coperto in brevissimo tempo da finissimi sedimenti, la sua decomposizione ha subito un arresto.
Ne ha invece permesso la fossilizzazione: quell’insieme di processi biochimici e ambientali che modificano i resti degli esseri viventi, impedendone il disfacimento, e li trasformano nel prodotto chiamato fossile. Dei resti organici del ragno non resta quindi nulla, tutto (o parte) è stato sostituito da minerali. Confrontando il reperto con animali simili, antecedenti o successivi, i paleontologi riescono comunque a risalire alla loro linea evolutiva e a riconoscerne caratteri morfologici caratterizzanti.
Come si presentava questo antichissimo antenato degli attuali 𝘈𝘵𝘺𝘱𝘶𝘴? Era un maschio adulto, lungo poco meno di 3,5 mm, con arti sottili e di diverse lunghezze. Presentava poderosi cheliceri (zanne) rivolte in avanti, e pedipalpi (organi tipici dei maschi) posti sotto i cheliceri. L’addome era coperto da un ampio scudo.
Rientra di diritto nella famiglia degli 𝘈𝘵𝘺𝘱𝘪𝘥𝘢𝘦 proprio per forma e dimensioni dei cheliceri. Per chi non avesse letto lo spiegone sul ragno calza (𝘈𝘵𝘺𝘱𝘶𝘴 𝘱𝘪𝘤𝘦𝘶𝘴), riassumo brevemente la sua giornata tipo. Scava gallerie sottoterra e le tappezza di tela di ragno. Tesse una parte esterna di tubo in tela, che sporge dal terreno e somiglia ad una calza. Lui si apposta all’interno della calza in attesa di una sprovveduta preda che dovesse posarsi sulla calza. Coi cheliceri la afferra e la trascina nel tubo, dove se la mangia in tutta sicurezza. Il nostro 𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪 praticava molto probabilmente la stessa tattica di caccia. Solo che la praticava 210 milioni di anni fa, quando poteva anche capitargli di trovarsi un dinosauro seduto sulla calza.
Torniamo a Forni di Sopra, dove la formazione geologica – chiamata Dolomia di Forni – ci restituisce generosamente tracce fossili anche di altre forme di vita contemporanee al 𝘳𝘪𝘨𝘰𝘪: rettili, pesci, piante, crostacei e gli pterosauri di Preone (seguirà spiegone). Il reperto del Friularachne rigoi è oggi visibile presso il Museo Friulano di Storia Naturale di Udine.
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