𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Nello spiegone di oggi do voce al rapace notturno (𝘉𝘶𝘣𝘰 𝘣𝘶𝘣𝘰) più grande d’Europa. Due esemplari, 𝘽𝙪𝙗𝙤 𝙚 𝘽𝙪𝙗𝙖, sono ospiti del centro visite della Riserva Naturale Regionale del Lago di Cornino. L’invito a fargli visita, specie nei giorni con un bollettino meteo che annuncia copertura nuvolosa, è implicito. Avrete modo di salutarli mentre vi osservano dall’alto dei loro trespoli. Sono due animali davvero maestosi, quelli presenti in Riserva; entrambi inadatti alla reintroduzione in Natura. Lui, Bubo, perché reduce da un incidente stradale che lo ha menomato al punto da non renderlo più autosufficiente; lei, Buba, invece proviene da un giardino zoologico ed è cresciuta in cattività.
Ma le loro esistenze si sono fortunatamente incrociate e i due rapaci sono stati inseriti nel programma, gestito in parte dalla Riserva, di reintroduzione dei loro discendenti in ambiente naturale. Nella loro ampia voliera, i due gufi vivono pacifici, assistiti e coccolati dallo staff della Riserva, e ogni tanto si dedicano alla riproduzione.
Il gufo reale appartiene alla famiglia degli 𝘚𝘵𝘳𝘪𝘨𝘪𝘥𝘪. Sappiamo che l’etimologia e la tassonomia sono spesso irriverenti con l’essenza e sensibilità di alcuni esseri viventi. Ma con gli strigidi ci sono andati giù pesanti. L’epiteto deriva dal greco e significa effettivamente “gufo”, ma viene spesso assimilato col verbo ‘τρίζω’ = “stridere”; la forma latinizzata “strix” è anche l’epiteto generico dell’allocco comune (𝘚𝘵𝘳𝘪𝘹 𝘢𝘭𝘶𝘤𝘰), ma è stato ulteriormente storpiato in “striga”. Il passaggio a ‘strega’ è semplice e non edificante per una famiglia di animali così straordinari. Aggiungo che la ‘striga’ delle leggende dell’antica Roma, si nutriva di sangue umano, durante le sue cacce notturne, al pari dei vampiri.
Le sue 𝙙𝙞𝙢𝙚𝙣𝙨𝙞𝙤𝙣𝙞 da adulto sono: apertura alare di 160 – 190 cm., peso sui 2 – 3 kg., lunghezza del corpo di circa 70 cm, vita media di 20 anni in natura (ma si registrano esemplari di 50 anni in cattività). Le femmine sono solo leggermente più grandi del maschio, arrivando a pesare 4 kg; quindi attenti a come chiamate i due esemplari della Riserva, potrebbero offendersi se scambiati. In Friuli VG è presente soprattutto nella fascia pedemontana, dove predilige zone rocciose relativamente isolate dalla presenza umana. Evita le zone fittamente boscate o troppo ampie; nidifica in cavità fra rocce o alberi vetusti.
L’area attorno al lago di Cornino pare piacergli parecchio. L’alta biodiversità, soprattutto di piccoli mammiferi – sue prede d’elezione – e uccelli, e la presenza di numerosi ricoveri, lo ha indotto a nidificare con successo sulle pareti scoscese dell’arco prealpino. Preda quasi esclusivamente di notte, le ore diurne le trascorre sonnecchiando nel suo ricovero o appollaiato tra i rami, riparato da occhi indiscreti. Ingoia la sua preda intera, se le dimensioni lo permettono. Le parti non digeribili (ossa, peli, penne, esoscheletri) sono rigettate ogni due giorni circa e si chiamano “𝘣𝘰𝘳𝘳𝘦”.
Dalle borre anche un escursionista inesperto può desumere informazioni interessanti. Ad esempio la localizzazione del gufo, la dieta seguita dall’animale, la disponibilità di una certa specie di prede, l’assenza di altre, il periodo del rigurgito. Lo so: non tutti gli escursionisti sono inclini ad ispezionare una borra. Lo faccio io per voi, più che volentieri.
La popolazione di gufi reali in Italia si assesta sulle 250 – 340 coppie nidificanti, in Europa siamo sulle 19’000 – 38’000 coppie, in Friuli se ne contano (a seconda della fonte indagata) tra 12 e 25 coppie riproduttive.
Se aveste la fortuna di riuscire ad osservarne uno in natura, vi sorprenderà il suo 𝙥𝙞𝙪𝙢𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤, bruno striato, barrato di nero al di sotto del collo, giallo brunastro con fitte striature nella parte inferiore del busto. Gli 𝙤𝙘𝙘𝙝𝙞 presentano un’iride giallo-arancio e, grazie alla testa che ruota di ben 270° e la vista molto sviluppata, il gufo reale è un ottimo cacciatore. Le 𝙤𝙧𝙚𝙘𝙘𝙝𝙞𝙚 hanno dei caratteristici cornetti piumati, formati da penne erettili e sono disallineati, capaci di ricevere stimoli uditivi in versione stereofonica, il che gli facilita la precisa localizzazione della fonte sonora.
La 𝙧𝙞𝙥𝙧𝙤𝙙𝙪𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 prevede che una coppia, temporaneamente monogama fino all’involo dei pulcini, scelga un sito adatto alla nidificazione. Può usurparlo ad altra avifauna, ri-insediarsi in un nido utilizzato in passato o costruirne uno ex novo, nelle conche rocciose dei rilievi montani. Tra marzo e aprile la femmina depone 2-3 uova e provvede alla loro cova per i successivi 34-36 giorni. Il maschio nel frattempo difende vigorosamente l’area e procura il cibo per mamma gufa.
Allo schiudersi delle uova, i pulli restano nel nido per altre 5-6 settimane, nutriti dalle prede cacciate dai genitori. I pulcini possono abbandonare il nido ancora prima di essere in grado di volare. In tal caso si ritirano in anfratti non lontani dal nido e continuano ad essere accuditi e nutriti dai genitori fino al loro secondo mese di vita compiuto.
Le specie di Strigidi sono tutte tutelate da leggi nazionali e internazionali perché, trovandosi al vertice della piramide alimentare, rappresentano degli ottimi indicatori ecologici. Laddove si installa il gufo, si riscontra una pre-esistente alta biodiversità, che continua ad essere mantenuta proprio dall’attività del gufo. Ma anche ricchezza di habitat, nicchie ecologiche e reti trofiche, che ospitano altre specie a lui correlate. La specie è minacciata dall’attività antropica; nello specifico sono le linee elettriche a mietere un gran numero di vittime. Seguono le reti protettive stese sopra gli allevamenti ittici e il disturbo di arrampicatori incoscienti che, avvicinandosi a siti di nidificazione, inducono la coppia genitoriale all’abbandono immediato del sito.
Fino a non molti anni fa il gufo era considerato dannoso, per una presunta competizione venatoria con l’uomo. Era anche accostato al mondo ultraterreno, con accezione non sempre benevola, come messaggero e portavoce degli spiriti dell’aldilà. Lo riabilita la simbologia popolare che vede nel gufo un essere saggio, intelligente e protettivo.
Ho tenuto per ultima la nota sul suo verso, insistente e vagamente tetro. Il gufo lo emette incessantemente dal tramonto all’alba, da febbraio ad aprile, per attirare una femmina a scopo riproduttivo, e da maggio ad ottobre per delimitare il suo territorio e proteggere il nido. E’ il canto ritmato del gufo che gli assegna il nome scientifico (Bubo bubo), con chiara accezione onomatopeica; ma anche il termine anglosassone “woofer” (casse musicali che riproducono soprattutto i toni bassi) pare derivi dal canto del gufo.
Il seguente link vi permette di sentire il vocalizzo di richiamo del maschio, inizialmente. La femmina risponde da lontano e la registrazione la capta solo debolmente. Poi lei si avvicina al microfono ed è il maschio ad allontanarsi. Potete notare facilmente la diversità dei due richiami. https://xeno-canto.org/297798