I picchi friulani

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
In Friuli VG vivono numerose specie di picchi: quello nero (𝘋𝘳𝘺𝘰𝘤𝘰𝘱𝘶𝘴 𝘮𝘢𝘳𝘵𝘪𝘶𝘴), quello verde (𝘗𝘪𝘤𝘶𝘴 𝘷𝘪𝘳𝘪𝘥𝘪𝘴), quello rosso maggiore (𝘋𝘦𝘯𝘥𝘳𝘰𝘤𝘰𝘱𝘰𝘴 𝘮𝘢𝘫𝘰𝘳) il mezzano e il minore (𝘮𝘦𝘥𝘪𝘶𝘴 e 𝘮𝘪𝘯𝘰𝘳), tutti arboricoli e di dimensioni variabili, a seconda della specie, tra i 45 e i 14 cm.

Ma il picchio viene associato soprattutto alla sua attività di martellatore di tronchi, marcescenti ma non solo. Lui picchietta per marcare il territorio, per scavare un nido che accolga la sua prole e per scovare e mangiare larve di insetti che si nascondono nella corteccia dei fusti. I fori che si lascia alle spalle sono abbastanza caratteristici: di forma tondeggiante, profondi e del diametro di circa 4-6 cm.

Ad ascoltarlo attentamente, si possono contare numerosi colpi al secondo (fino a 20) a una velocità all’impatto di 7 mt/secondo e una decelerazione di 1000 g (laddove l’essere umano subisce alterazioni quando decelera a 5 g).

Ma come fa il volatile a sopravvivere a questo enorme sovraccarico di traumi e sollecitazioni a carico del becco, cervello, cranio e muscoli del collo senza subire alcun danno?

Studi datati suggerivano che i picchi fossero dotati di un tessuto “spugnoso” nella scatola cranica predisposto a fare da ammortizzatore. Altri ventilavano l’ipotesi che la lingua del picchio, lunga, appiccicosa e retrattile, avvolgesse il cervello e lo “trattenesse” dallo sbattere contro le ossa del cranio, come una cintura di sicurezza.

Ma entrambe le spiegazioni non rispettavano le leggi della natura che hanno nell’ottimizzazione delle energie e riduzione degli sprechi le loro priorità. Martellare un tronco, col becco che viene attutito da un tessuto spugnoso, è un dispendio energetico che la contabilità animale non può permettersi.

Uno studio recentissimo invece sembra fugare ogni dubbio e fornisce alcuni dati certi.
Il cervello dei picchi è molto piccolo e difficilmente raggiunge, durante il martellamento, le superfici della scatola cranica. Questo succede malauguratamente solo quando il picchio sbaglia materiale e si accanisce contro lastre di metallo o cemento armato: il trauma cranico è una conseguenza inevitabile, ma accade raramente.

Gli occhi dell’uccello si chiudono istantaneamente al momento dell’impatto, per evitare che le schegge legnose li feriscano.

Il becco può anche restare incastrato nel legno, ma la diversa motilità e design del becco superiore sull’inferiore ne permette il disincastro immediato, senza spreco di energie.

Testa e becco del picchio sono una struttura rigida che è capace, all’impatto, di azzerare l’inerzia impressa dai muscoli del collo, fermandosi ad ogni colpo.

Una capacità che solo i picchi hanno, frutto di adattamenti e selezione naturali che devono ancora essere compresi.
ᶠᵒᵗᵒ: ᴬⁿᵗᵒⁿᵉˡˡᵒ ᵀᵘʳʳⁱ ᵖᵉʳ ᴿⁱᵛⁱˢᵗᵃ ᴺᵃᵗᵘʳᵃ

Picchio rosso maggiore