𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Il camoscio (sì, sempre lui: 𝘙𝘶𝘱𝘪𝘤𝘢𝘱𝘳𝘢 𝘳𝘶𝘱𝘪𝘤𝘢𝘱𝘳𝘢) è un ruminante cosiddetto “intermedio”: bruca numerose specie di vegetali – erbe, muschi, licheni – posizionandosi nella rete trofica tra il muflone (che si ciba di vegetali molto grossolani, ricchi di cellulosa e lignina) e il capriolo (molto selettivo, preferisce germogli ed erbe tenere). Indispensabili nella sua dieta sono i sali minerali che assume leccando ceneri, rocce e muffe. Ingerisce così, involontariamente, anche sostanze non digeribili che, unitamente al proprio pelo, vengono avvolte nello stomaco da strati di calcio e fosfato di magnesio, per isolarli dall’ambiente gastrico.
Questo corpo estraneo viene chiamato “𝘣𝘦𝘻𝘰𝘢𝘳” dal persiano 𝘱𝘢𝘥 (protezione) e 𝘻𝘢𝘩𝘳 (veleno), molto probabilmente perché gli antichi erano convinti che indossarlo come amuleto fungesse da antidoto contro numerosi tipi di veleni. Per ottenere un bezoar bisogna rimuoverlo dal tratto gastro-intestinale dell’animale che lo ha prodotto, il che implica spesso una battuta di caccia “fortunata” – poco fortunata per il camoscio.
Molte altre specie animali li producono (anche l’uomo, in condizioni patologiche); le bestiole vengono appositamente allevate e macellate abusivamente per approvvigionare il fiorente e illegale commercio, sebbene le proprietà terapeutiche del bezoar siano del tutto nulle.
ᶠᵒᵗᵒ ⁽ᵈⁱ ᵇᵉᶻᵒᵃʳ⁾: ʷᵉᵇ
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