𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Post polemico e divisivo, me ne rendo conto, ma me ne assumo le responsabilità e dichiaro di avere reperito tutte le informazioni su siti scientifici, dopo averne appurato fonti e veridicità. Chi volesse obiettare, dati alla mano, può farlo liberamente; basta che sia un confronto costruttivo, educato e rispettoso.
Il cinghiale (𝘚𝘶𝘴 𝘴𝘤𝘳𝘰𝘧𝘢) è un suide onnivoro, sinantropico ( = abituato a vivere in ambienti profondamente antropizzati: paesi, centri urbani) e piuttosto problematico, per la sua diffusa presenza, prolificità, stazza, alimentazione, scarsità di predatori naturali.
La purezza genetica delle varie sottospecie è ormai difficile da verificare, viste le numerose reintroduzioni, ripopolamenti e incroci intraspecifici e con maiali selvatici. Certo è che la morfologia ( = gli aspetti fisici, grandezza, peso, mantello etc) tende a rispettare la regola di Bergmann. Questa afferma che la stazza delle specie animali decresca secondo una direttrice Nord-est / Sud-ovest, cioè a climi rigidi e latitudini elevate la specie ha una massa maggiore rispetto alla stessa specie che abita a latitudini inferiori e climi meno rigidi.
In seguito all’estinzione della specie in Friuli, avvenuta nel XVI secolo, il cinghiale è tornato ad abitare la regione a cavallo degli anni ’50 del secolo scorso, per diffusione naturale, provenendo dalla Slovenia. Ma ai cacciatori il numero di prede disponibili non bastava, nonostante queste non avessero predatori naturali a selezionarli (parliamo degli anni ’80). Hanno quindi avuto l’avvallo di leggi nazionali che tutelavano le reintroduzioni in regione di esemplari provenienti dall’Europa orientale (Romania soprattutto) dalle caratteristiche più confacenti alla nobile arte venatoria: due parti annui delle femmine orientali (in annate di abbondanza trofica) contro il parto singolo delle scrofe “nostrane”, maturità sessuale delle scrofe “introdotte” più precoce, parti più numerosi (7/8 cuccioli contro 3/4 cuccioli) con una forte prevalenza di cuccioli femmina, masse più imponenti degli individui adulti (100-200 kg contro 80 kg).
In Italia, dall’inizio del secolo scorso, si è passati da 300’000 esemplari a 1’000’000 (per difetto) del 2020; in Friuli se ne censiscono 3’000.
Coldiretti stima che i cinghiali sarebbero responsabili per danni all’agricoltura per un miliardo di euro all’anno. Senza contare i danni (e i morti) causati da incidenti stradali e dalla stessa attività venatoria.
Ribadisco la vena polemica: ma non vedo più alcunché di “nobile” nell’arte, tantomeno di “sportivo” nell’attività venatoria. Le campagne brulicano di fuoristrada e di SUV, i cani da caccia sono dotati di collari che, senza essere maliziosi, li rendono più simili ad automi che ad animali selezionati e addestrati per la caccia, le armi e le tecniche venatorie sono ormai così specializzate e affinate che dell’istinto, della capacità di leggere il territorio e conoscenza dell’etologia delle prede, al cacciatore è rimasto ben poco. Però in Friuli, durante il periodo consentito, abbiamo solo 2 giorni settimanali di silenzio venatorio; negli altri 5 giorni passeggiare per boschi e prati è diventato slalom tra altane da cui spuntano “bocche di fuoco” e inquinamento acustico e visivo.
E vi risparmio l’approfondimento sui pericoli etici, ambientali e faunistici (e le foto) riguardanti resti di eviscerazione e pezzi di carcasse abbandonate in aperta campagna.
La soluzione al problema non ce l’ho io, non ce l’hanno i faunisti, non ce l’hanno i cacciatori. Però arroccarsi sulle proprie posizioni, poco ambientaliste, ecologiste e animaliste, anacronistiche e pure autolesioniste, non giova al dialogo.
ᶠᵒᵗᵒ: ⱽᵃʳᵉˢᵉⁿᵉʷˢ.ⁱᵗ
Cinghiali ? Argomento spinoso , la soluzione va pensata ! Il trovarsi davanti ad un animaletto del genere non é piacevole e purtroppo in certe zone delle nostre montagne non è così difficile .
La oggettiva pericolosità dell’animale è sopravvalutata. Il cinghiale non dispone di una grande mobilità del collo, è quindi incapace di voltare il capo di lato o all’indietro. L’unica direzione in cui può muoversi con sicurezza è frontalmente; e l’unica cosa saggia che noi umani possiamo fare, una volta individuato l’animale, è scartare di lato al suo arrivo. Lui proseguirà dritto. E nemmeno le femmine si adeguano alla leggenda metropolitana per cui sarebbero feroci protettrici dei propri cuccioli. Attaccare un potenziale pericolo significherebbe abbandonare momentaneamente la cucciolata a un destino ignoto. E’ innegabile che la nostra presenza li disturba e li agita, ma non hanno istinti omicidi (istinti che invece animano i cacciatori). I danni maggiori, ad oggi, li stanno subendo le coltivazioni e le attività agricole; non certo gli escursionisti. Forse, ribadisco forse, osteggiare e demonizzare i predatori naturali come lupi e sciacalli non è una buona pratica. Le soluzioni vanno pensate e progettate cum grano salis. Partire da una sensata campagna di informazione e formazione a tappeto sul territorio potrebbe essere un inizio.