Faro di Lignano

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

I fari sono sin dall’antichità installazioni utili, se non indispensabili, alla navigazione sotto costa, ma anche in mare aperto. Segnalavano, e alcuni ancora oggi segnalano, luoghi pericolosi per la presenza di scogli, secche o correnti marine insidiose, oltre ad approdi o punti notevoli visibili a elevate distanze. Erano pressoché tutti segnati nelle carte nautiche, con note precise riguardo all’altezza focale e alla caratteristica del segnale luminoso, per essere individuati e riconosciuti facilmente e univocamente da chi percorreva le vie del mare.

Sono strutture solitamente a forma di torre, provvista in cima di una potente lampada, solitamente girevole, e un sistema di lenti che amplificano il segnale luminoso della lampada. Al giorno d’oggi non vengono più costruite nuove strutture: quelle ancora operative stanno subendo processi di automazione che ne riducano costi di gestione manutenzione. In generale, ogni imbarcazione dovrebbe essere dotata di sistemi digitali di aiuto e assistenza alla navigazione (Loran, Gps). Il condizionale è d’obbligo; non mi dilungo in polemiche tragicamente attuali.

In Italia, il santo protettore dei fanalisti, cioè di coloro che si occupano del funzionamento e manutenzione dei fari marittimi, è san Venerio.

Il nome “faro” è in realtà un toponimo: l’isola di Pharos, posta di fronte alla città di Alessandria d’Egitto, ospitava una torre di segnalazione, sulla cui cima ardeva un fuoco perenne. I bagliori emessi avevano il compito di indicare la retta via ai naviganti, perché evitassero la palude Mareotide, situata poco distante.

L’introduzione che avete appena letto è doverosa, perché ha l’ingrato compito di introdurre un testo, che copio, incollo e riadatto leggermente, che parla con passione e dedizione del faro di Lignano.

Il vecchio fanale di Porto Lignano è oggi considerato uno dei luoghi più suggestivi del territorio lignanese. Meta di romantiche passeggiate nelle fredde domeniche invernali o punto d’arrivo per rilassanti camminate di bagnanti nelle afose giornate estive, grazie all’incontrastato successo decretato dal pubblico in questi ultimi anni, si è tramutato da anonimo segnale luminoso, quasi del tutto trascurato dalla pur copiosa produzione di cartoline e fotografie che ritraggono i più diversi scorci di Lignano dagli inizi del Novecento, in vero e proprio simbolo di un’intera città. Questa seconda vita del “faro” è iniziata nel 1998: quando ormai il suo destino sembrava segnato, il provvidenziale intervento di Doriano Moro (𝘱𝘢𝘥𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘭 “𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘰” 𝘍𝘢𝘣𝘪𝘰) riuscì a cambiarne le sorti.

Il Porto di Lignano era certamente già attivo al tempo dei romani, in stretto rapporto soprattutto con le rotte di navigazione interne o endolagunari. Successivamente accrebbe di importanza durante l’età veneta, costituendo la principale via d’accesso alla fortezza di Marano. Per quelle epoche manca qualsiasi notizia sull’esistenza di un faro, anche se non si può escludere che in certi periodi si fosse fatto ricorso almeno a dei fuochi per segnalare l’ingresso al porto.

Dopo la caduta della Serenissima il porto conobbe alterne fortune, per ritornare al centro dei dibattiti politici nella seconda metà dell’Ottocento, quando si accese una forte disputa sull’opportunità di sviluppare l’asse Marano-Lignano oppure quello più ad oriente tra Porto Nogaro e Porto Buso. Si dovettero attendere ancora alcuni decenni per giungere alla realizzazione del primo stabilimento balneare, avvenuta nel 1903, anno a cui si fa ufficialmente risalire la nascita della moderna Lignano. Non è forse casuale il fatto che proprio nel 1903 faccia per la prima volta la sua comparsa nelle fonti ufficiali il fanale di Porto Lignano.

Le scarne indicazioni ricavabili dall’Elenco dei fari e fanali, semafori e segnali marittimi sulle coste del Mare Mediterraneo, Mar Nero, Mar d’Azof e Mar Rosso, pubblicato con cadenza annuale dall’Ufficio Idrografico della Marina Militare, ci confermano l’ubicazione del segnalamento. Esso è definito fanale (e con tale denominazione lo ritroviamo in tutti i successivi documenti), situato “in prossimità ed a S.E. della casa di Finanza”, avente le seguenti caratteristiche: “luce fissa, portata per trasparenza media dell’atmosfera di 5 miglia; altezza della fiamma o del semaforo sul livello del mare: 6 metri”.

Qualche informazione in più emerge dall’Elenco dei fari e fanali (…) del 1916: se nulla cambia rispetto al 1903 circa le caratteristiche, ora veniamo a sapere che il fanale poggiava su di una “armatura in ferro su base in muratura” ed era alimentato “a petrolio a lucignoli”. Nello spazio riservato all’Anno di attivazione e dell’ultima modifica compare il 1913, segno che il manufatto del 1903 era già stato sostituito da un altro segnalamento. Quest’ultimo potrebbe essere identificato con il “semaforo” collocato nei dintorni della caserma della Finanza, ricordato nella cronaca di Antonio Paolini nel 1915, sotto il quale sfilò per ben due volte il re Vittorio Emanuele III durante le sue visite a Lignano nel corso della Grande Guerra.

Per farci un’idea di come si presentassero quei primi fanali, dobbiamo far ricorso alle poche rappresentazioni grafiche finora individuate. Si tratta di un disegno realizzato nel 1909 dall’artista di Terzo di Aquileia Antonio Pontini, da cui si intuisce la sagoma del traliccio collocato alla fine del pontile posto di fronte alla caserma della Guardia di Finanza. Il fanale fa poi da sfondo ad una fotografia scattata nel 1915 in cui sono ritratti alcuni militari (tre bersaglieri ed un marinaio) di stanza a Porto Lignano durante la Prima Guerra Mondiale. Negli stessi anni Pietro Pende, un giovane marinaio di origini pugliesi, operava proprio qui in qualità di guardiafaro, probabilmente fin dalla costruzione del segnale. Ci piace ricordarlo non solo perché fu il primo fanalista di Lignano, ma anche per la storia d’amore sbocciata all’ombra del nostro fanale tra lui e Carolina Zaina, figlia di Pietro, uno dei proprietari dell’albergo “Friuli”.

Come si è visto, all’epoca il segnale era alimentato a petrolio; ciò rese necessaria la costruzione di un deposito dove stoccare il combustibile. Il piccolo magazzino fu realizzato nel 1926 dal Genio Civile Opere marittime di Udine. Grazie alla documentazione reperita negli archivi, sappiamo trattarsi di un modesto fabbricato dalle dimensioni interne di metri 1,80×1,80. Progettato nell’ottobre del 1925, esso fu costruito dall’impresa di Giuseppe Pessina, il quale sottoscrisse la convenzione di cottimo nel maggio 1926.

Un anno più tardi fu avviato l’iter che porterà alla realizzazione di un nuovo fanale da collocarsi sopra una struttura interamente in muratura. Sulla facciata del vecchio faro rivolta a sud-est si possono ancora intravvedere i segni di un fascio littorio in calcestruzzo racchiuso entro un tondo in rilievo, il tutto ormai quasi illeggibile, conseguenza della damnatio memoriae subita dagli emblemi del Fascismo. Osservando con attenzione il clipeo, si leggono ancora alcune cifre, più precisamente 1928 seguite dall’anno VI dell’era fascista.

Si tratta, con ogni evidenza, del millesimo posto a ricordo della conclusione dei lavori. […] Anche se non vengono esplicitamente menzionati, è ragionevole ritenere siano stati costruiti in quei frangenti pure la piccola garitta ed il casotto posto all’estremità del tratto rettilineo del pontile, destinato ad ospitare il mareografo, ancora in situ fino al 1998.

Dal 1928 ad oggi non è noto con quale combustibile fosse alimentato il nuovo fanale, anche se appare probabile fin da subito l’utilizzo di gas di acetilene disciolto in bombole. Ad occuparsi dell’accensione e della manutenzione dell’impianto vi era la figura del fanalista, appartenente al personale civile alle dipendenze del Comando Zona Fari territoriale della Marina Militare, avente sede a Trieste prima, quindi a Venezia.

Tali mansioni furono svolte per molti anni da Nestore Bedina (1910-1991), a sua volta subentrato al fratello Raffaele. I Bedina, originari di Precenicco, si trasferirono a Lignano nel primo dopoguerra; Raffaele oltre ad occuparsi del faro, dalla fine degli anni ‘20 aveva in carico anche il servizio postale e telefonico per l’allora frazione del Comune di Latisana. Nel 1936 fu trasferito ad Ancona, per ricongiungersi con la moglie insegnante, ci fu così il passaggio di consegne in favore del fratello Nestore il quale ebbe ad occuparsi per un periodo pure delle poste. Il servizio di addetto al fanale invece lo impegnò fino al 1957, circa.

In seguito alla riclassificazione effettuata dal Servizio Fari della Marina Militare, il fanale di Lignano fu inserito tra quelli non più necessitanti la presenza di un fanalista. Grazie all’installazione della valvola solare, un dispositivo inventato nel 1905 dall’ingegnere svedese Gustav Dalén che valse al suo inventore il Nobel, fu possibile automatizzare l’accensione del fanale. Sfruttando il calore solare infatti, la valvola consentiva l’accensione della sorgente luminosa al crepuscolo ed il suo spegnimento all’alba.

Sempre nello stesso anno la fanaleria fu sostituita con un fanale a “montanti elicoidali”. Fino ai primi anni ’50 il manufatto si presentava con una colorazione uniforme in tonalità di rosso, quindi, in un anno imprecisato compreso tra il 1953 ed il 1959, come si ricava dal confronto tra alcune foto d’archivio, fu introdotta la settorializzazione a fasce bianche e rosse.

Il Sistema Unificato del Segnalamento Marittimo AISM-IALA (Maridrografico-Genova I.I.3072 edizione 1983), ha previsto che i segnali laterali, tipologia alla quale appartiene il nostro fanale, dovessero essere di colore rosso e verde, rispettivamente a sinistra e a dritta dei canali di ingresso ai porti, pertanto nei primi anni ’80 la settorializzazione a fasce fu eliminata.

Altra variazione di rilievo fu l’elettrificazione e la completa automatizzazione databili al 1982. Le caratteristiche tecniche, una sorta di carta di identità del segnale, riportate in tutte le pubblicazioni ufficiali, al momento della sua dismissione erano le seguenti: Con il passare degli anni le mutate condizioni del fondale marino, a causa del fenomeno dell’insabbiamento, avevano reso pericoloso il faro, in quanto la sua presenza avrebbe potuto indurre in errore i naviganti portandoli in secca.

Per questo motivo la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, in capo alla quale sono state trasferite le competenze del Genio Civile, nel 1996 predispose un progetto che prevedeva il prolungamento del pontile (in legno anziché in calcestruzzo) e la realizzazione di un nuovo fanale, fedele copia di quello vecchio ma in vetroresina, opera che fu completata nel 1998. Al momento della costruzione del nuovo fanale le autorità competenti (Regione e Marina Militare) avevano però considerato opportuno procedere con la demolizione del vecchio, a motivo del possibile pericolo per la navigazione che avrebbe potuto ingenerare la presenza di due segnalamenti.

Facendo proprie le motivazioni avanzate da singoli cittadini ed associazioni locali, con alla testa Doriano Moro, con lettera del 5 febbraio 1998 l’amministrazione comunale di Lignano Sabbiadoro pose la questione del mantenimento del vecchio faro alla Direzione Viabilità e Trasporti della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Dopo un fitto scambio di pareri tra il Comune, la Marina Militare, la Capitaneria di Porto di Monfalcone, la Soprintendenza, la Direzione Regionale della Viabilità e Trasporti, conclusosi solo nel 2000, fu finalmente stabilito che il vecchio faro potesse essere mantenuto (e restaurato), purchè fossero rimossi la fanaleria e gli accessori.

Il resto è cronaca dei nostri giorni, con il passaggio del faro in carico al Comune di Lignano Sabbiadoro che, nella primavera del 2016, ne ha curato il restauro conservativo, ripristinando tra l’altro la colorazione a fasce bianche e rosse anche per distinguerlo dal suo “gemello” del 1998.

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Il faro di Lignano, quello originale e la copia
Il faro di Lignano, quello originale e la copia