𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Sono ancora alla ricerca di un “motivo buono” da appioppare alla “misera” esistenza delle cimici (o puzzole o “pujese” in friulano). E mi imbatto in questo interessantissimo articolo, che ovviamente non c’entra con l’insetto, ma che può far luce su altri aspetti del nostro spiccato antropocentrismo. L’articolo parla di 𝙡𝙪𝙥𝙞 e del virus della toxoplasmosi, 𝙏𝙤𝙭𝙤𝙥𝙡𝙖𝙨𝙢𝙖 𝙜𝙤𝙣𝙙𝙞𝙞.
Piccolo doveroso incipit sulla biologia ed etologia del lupo (seguirà spiegone approfondito). Il lupo è un mammifero carnivoro gregario, fino ad un certo limite, soprattutto temporale. I cuccioli di lupo sono ben accetti nel branco, anche oltre l’anno di età. Cioè anche dopo la nascita della cucciolata successiva, visto che la coppia riproduttiva (i cosiddetti genitori alfa) ne sforna una ad anno. A patto che se ne stia buono e calmo a fare da babysitter (detto “helper”) e non gli venga in mente di mettere su famiglia per conto proprio.
Quando invece sente l’innata necessità di trovare un/una partner, va in 𝙙𝙞𝙨𝙥𝙚𝙧𝙨𝙞𝙤𝙣𝙚. Saluta genitori e fratelli/sorelle e percorre anche centinaia di km per raggiungere un’area priva di competitori, abbastanza ben fornita di ripari e cibo e con papabili compagne/i nei dintorni. Per le femmine l’età media è sui 40 mesi, per i maschi è sui 21. Ovviamente è il periodo più difficile, per questi giovani esemplari. Sono a rischio ogni volta che attraversano areali occupati da altri lupi, dall’uomo, da predatori, perché non hanno più alle spalle il branco che possa offrire protezione. La mortalità è alta e, sommata a quella prettamente infantile, arriva a mietere 3 lupi su 4 nati ogni anno.
Concentriamoci su un maschio: supponiamo che abbia raggiunto e “fatto suo” un territorio promettente, che abbia trovato una compagna con cui accoppiarsi e che sia in grado di crescere una cucciolata numerosa. Dovrà fin da subito mettere in chiaro la sua posizione coi vicini di territorio. Dopo un anno dovrà farsi valere pure dai propri figli, imporre il suo grado gerarchico e diventare il “capobranco”, cioè l’individuo che ha 𝙥𝙧𝙞𝙫𝙞𝙡𝙚𝙜𝙞 e 𝙙𝙤𝙫𝙚𝙧𝙞 nei confronti del suo nucleo famigliare.
I privilegi sono l’accoppiamento esclusivo e l’accesso agevolato alle risorse trofiche. I doveri: difendere il territorio e il suo branco, organizzare e dirigere le battute di caccia, fornire cibo ai suoi cuccioli per i primi tempi, ribadire continuamente il suo status sociale. Altra doverosa premessa: i branchi europei arrivano a un massimo di 6/8 individui, quelli americani a 10/15 (con helpers anche di 3 anni di età).
Ma qual è la caratteristica vincente che fa diventare un lupo il capobranco, mentre gli altri restano gregari?
Lo studio che citavo all’inizio ha seguito per 27 anni i branchi di lupi grigi del parco naturale dello Yellowstone, analizzando il sangue di 229 esemplari. E ha scoperto del tutto casualmente che il numero di lupi capibranco infetti dal virus della toxoplasmosi era statisticamente del 46% maggiore rispetto ai “sieronegativi”.
Il 𝙫𝙞𝙧𝙪𝙨 vive latente, e senza dare sintomi o causare patologie, in tutte le specie animali a sangue caldo. Un terzo degli umani ne è infetto e si è contagiato tramite cibo mal cotto, verdure crude o feci di gatto. Sì, solo di gatto, o meglio di felino. Il virus, per riprodursi ha bisogno dell’organismo di un felino (gatto, lince, puma), da dove poi si disperde tramite le feci e si installa nel cervello del nuovo e ignaro ospite. Anche cibarsi di un felide infetto è occasione di contagio e un lupo grigio non disdegna un pasto a base di puma.
Il lupo si ritrova quindi 𝙥𝙖𝙧𝙖𝙨𝙨𝙞𝙩𝙖𝙩𝙤; ma senza sintomi, se non un aumento considerevole di audacia, aggressività e temerarietà. I maschi infetti hanno una possibilità del 50% maggiore di disperdersi già a 6 mesi, mentre le femmine del 25% a 30 mesi di età. Lo studio rivela che il virus rilascia 𝙩𝙚𝙨𝙩𝙤𝙨𝙩𝙚𝙧𝙤𝙣𝙚 e 𝙙𝙤𝙥𝙖𝙢𝙞𝙣𝙖 nel cervello degli ospiti, influendo in un certo senso sulle loro capacità decisionali. Ma perché adotta questa strategia di diffusione e sopravvivenza?
Perché un giovane lupo parassitato abbandonerà presto il proprio branco e si disperderà, portandosi dietro il virus. Perché il lupo capobranco influenzerà anche il comportamento del proprio branco. La sua aggressività lo porterà ad ampliare il proprio home range (l’area di sua competenza) e a sovrapporlo magari a quello di un puma. Puntualizzo che i cuccioli di lupo possono essere infettati anche per via materna. E i cuccioli vengono regolarmente predati dai puma; una nuova generazione di virus ringrazia.
A questo punto sarebbe interessante indagare su eventuali infezioni da toxoplasmosi per ultras da stadio, leoni da tastiera e (permettetemi l’acidità) politici urlanti e sbavanti.
Concludo lo spiegone ammettendo che in Natura non sempre primeggia la saggezza o la ponderatezza. Anche l’azzardo e l’audacia dissennata hanno selezionato individui e specie “vincenti”.
ᶠᵒᵗᵒ: ᵂⁱᵏⁱᵖᵉᵈⁱᵃ, ᴱˡˡⁱᵉ ᴬᵗᵗᵉᵇᵉʳʸ ⁻ ˢᵗᵃⁿᵈⁱⁿᵍ ᵂᵒˡᶠ
