Nocciolo

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

Se le piante nemorali sono le prime a fiorire a fine inverno, la prima pianta che produce polline e, di conseguenza, causa le prime allergie è il nocciolo (𝘊𝘰𝘳𝘺𝘭𝘶𝘴 𝘢𝘷𝘦𝘭𝘭𝘢𝘯𝘢). Il nome del genere deriva forse dal greco 𝘤ó𝘳𝘺𝘴 = elmo, a indicare la forma dell’involucro che avvolge la nocciola, oppure dal nome celtico della pianta: 𝘬𝘶𝘳𝘭. Invece quello specifico indica il luogo (𝘈𝘷𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘝𝘦𝘤𝘤𝘩𝘪𝘢, nei pressi di Avellino) in cui si coltiva la pianta fin dall’antichità.

In questa stagione di transito, con le latifoglie ancora spoglie, si riconosce facilmente la pianta, soprattutto per il portamento cespuglioso e per i lunghi filamenti, detti 𝙖𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞, che ne decorano i rami. Si tratta delle infiorescenze maschili della pianta e sono presenti fin dall’autunno, ma di dimensioni e colori talmente modesti da passare inosservati.

Invece col progressivo allungarsi delle giornate, gli amenti si colorano di giallo dorato, crescono, si distendono e rilasciano nell’aria il famigerato polline. Sulla medesima pianta troviamo anche i fiori femminili (in foto, sono quei ciuffetti rossi, detti 𝙨𝙩𝙞𝙢𝙢𝙞, che spuntano dall’attaccatura dell’amento).

Proprio per questa compresenza di fiori maschili e femminili sulla stessa pianta, il nocciolo viene definito 𝙢𝙤𝙣𝙤𝙞𝙘𝙤. Il fiore femminile raccoglie il polline, quella polverina sottile, gialla, impalpabile, sospinta dal vento, si fa fecondare e darà il via alla produzione delle nocciole.

L’arbusto, alto non più di 5 metri, invade, trattandosi di pianta pioniera, boschi di latifoglie, radure e margini boschivi. Difficilmente lo troviamo oltre i 1500 mt. slm, perché teme le temperature troppo rigide.

La sua coltivazione è antichissima: alcuni suoi frutti sono stati rinvenuti in tombe romane del I e II secolo. Le sue proprietà fitofarmacologiche sono note fin da allora: Dioscoride Pedanio (I secolo d.C.) lo utilizzava per risolvere problemi respiratori; Sant’Ildegarda (XII sec.) ne consigliava l’assunzione in caso d’impotenza maschile; Pierandrea Mattioli (XVI sec.) preparava decotti per fare crescere i capelli; Sir Adrian Carton de Wiart (XX sec.) lo consigliava contro le coliche nefritiche.

Viene piantumato per creare siepi di delimitazione, specie in zone di prato-pascolo, nelle vicinanze di malghe e alpeggi. Offre, oltre a una prima abbuffata ai precoci insetti impollinatori, ombra nei periodi estivi e riparo a fauna avicola e piccoli roditori, per non parlare delle nocciole che fanno gola a uomini e animali.

Ma questa stagione è propizia anche per l’approvvigionamento degli amenti, prestando attenzione a non innescare crisi allergiche in soggetti sensibili e facendosi accompagnare nella raccolta da persone qualificate. Gli amenti, ancora freschi e dal sapore amarognolo, rappresentano un ottimo contorno in agrodolce a formaggi e insalate. Invece lasciati essiccare al sole e conservati in recipienti di vetro, sono utili in caso di influenza, raffreddore e febbre. Ricetta per il decotto: 𝘧𝘢𝘳 𝘣𝘰𝘭𝘭𝘪𝘳𝘦 50 𝘨 𝘥𝘪 𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢𝘷𝘦𝘳𝘪𝘭𝘪 𝘪𝘯 𝘶𝘯 𝘭𝘪𝘵𝘳𝘰 𝘥𝘪 𝘢𝘤𝘲𝘶𝘢 𝘱𝘦𝘳 5-7 𝘮𝘪𝘯𝘶𝘵𝘪 𝘤𝘪𝘳𝘤𝘢, 𝘵𝘰𝘨𝘭𝘪𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘢𝘭 𝘧𝘶𝘰𝘤𝘰, 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘳 𝘳𝘪𝘱𝘰𝘴𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘱𝘦𝘳 15 𝘮𝘪𝘯𝘶𝘵𝘪 𝘤𝘪𝘳𝘤𝘢, 𝘲𝘶𝘪𝘯𝘥𝘪 𝘤𝘰𝘭𝘢𝘳𝘦. 𝘚𝘦 𝘯𝘦 𝘱𝘳𝘦𝘯𝘥𝘦 𝘶𝘯𝘢 𝘵𝘢𝘻𝘻𝘢 𝘥𝘰𝘱𝘰 𝘰𝘨𝘯𝘪 𝘱𝘢𝘴𝘵𝘰, 𝘴𝘦 𝘴𝘪 𝘥𝘦𝘴𝘪𝘥𝘦𝘳𝘢 𝘥𝘰𝘭𝘤𝘪𝘧𝘪𝘤𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘶𝘯 𝘱𝘰𝘤𝘰 𝘥𝘪 𝘮𝘪𝘦𝘭𝘦.

E – male non farà – se ne appendiamo un rametto sull’uscio di casa, allontaniamo malocchio e fulmini. L’effetto aumenta se il rametto è stato tagliato il 2 luglio e benedetto in chiesa.

ᶠᵒᵗᵒ: ʷʷʷ.ᵍⁱᵃʳᵈⁱⁿᵃᵍᵍⁱᵒ.ⁱᵗ/ᵍⁱᵃʳᵈⁱⁿᵒ/ᵃˡᵇᵉʳⁱ/ⁿᵒᶜᶜⁱᵒˡᵒ⁻ᶜᵒʳʸˡᵘˢ⁻ᵃᵛᵉˡˡᵃⁿᵃ⁻ᶜᵒˡᵗⁱᵛᵃᶻⁱᵒⁿᵉ⁻ᵈᵉˡ⁻ⁿᵒᶜᶜⁱᵒˡᵒ.ᵃˢᵖ

Amenti (fiore maschile) e stimmi (fiore femminile, quel ciuffetto rosso che spunta in cima all’amento)