𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Eccolo, lo spiegone splatter di Natale, anoressizzante naturale e e che testimonia le mie inclinazioni naturalistiche “alternative”.
Il piccolo drago di Medina (𝘋𝘳𝘢𝘤𝘶𝘯𝘤𝘶𝘭𝘶𝘴 𝘮𝘦𝘥𝘪𝘯𝘦𝘯𝘴𝘪𝘴) non è un paffuto cucciolotto puccioso e candidato a diventare il peluche preferito dell’infanzia moderna. E’ semmai un animale che è stato fatto oggetto di una mirata campagna di eradicazione (consiglio la lettura dello spiegone di ieri) da parte dell’uomo.
Si tratta di un verme, nematode ed endoparassitario (che ha bisogno di un organismo vivente che lo ospiti per permettergli di compiere il ciclo vitale), diffuso in Medio Oriente, Africa e nel subcontinente indiano.
Vive in nostra compagnia da millenni, tant’è vero che la letteratura ne documenta le infestazioni fin dalla Bibbia, passando poi per le testimonianze di naturalisti greci, romani e arabi.
Il suo ciclo biologico completo è stato compreso ed elaborato solo nel 1913. Da allora l’umanità si è ingegnata per togliere di mezzo il piccolo drago. Ma cosa mai può aver causato al genere umano, il verme?
Il suo ciclo vitale prevede l’infestazione di un ospite intermedio, un piccolo crostaceo acquatico chiamato copepodo. Il crostaceo, infestato dalle larve del Dracunculus, viene ingerito tramite l’acqua, da numerosi animali, tra cui l’uomo.
Una volta entrato nel sistema digerente, il crostaceo muore e rilascia le larve del draghetto, che, aspettando il momento opportuno (sia come maturazione che come capacità riproduttiva) migrano verso gli arti inferiori del malcapitato.
Possono trattenersi fino ad un anno nell’ospite, producendo tanta morfina quanto basta per non insospettirlo della loro presenza. Le femmine draghette, pronte per diffondere altre larve nell’ottica della perpetuazione della propria specie, producono una sostanza tossica che genera una bolla cutanea, localizzata nel piede dell’ospite.
Questo, per alleviare il dolore, immergerà istintivamente il piede nell’acqua fresca, causando la rottura della bolla e permettendo alle larve di fuoriuscire dal tessuto cutaneo per immettersi nel corso d’acqua, dove verranno mangiate dal crostaceo di cui sopra.
Lesioni e infezioni locali a parte, i danni maggiori li provocano i vermi adulti che permangono nei piedi degli sventurati: possono causare ascessi, calcificazioni e anchilosi.
E come si procede per estrarre il parassita? Con un bastoncino su cui verrà avvolto il verme, con pazienza, costanza e molta professionalità del personale medico e non pochi rischi per il paziente. Il verme, se femmina, può raggiungere 120 mm di lunghezza, il che prevede tempi lunghi per l’estrazione.
Ma passiamo all’aspetto “gradevole” dello spiegone: all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso si contavano 3-5 milioni di casi all’anno; nel 1996 solo 150’000 casi ; nel 2005 ancora 11’000 casi; per finire con 54 casi nel 2019.
Gli accorgimenti pratici per limitare la diffusione del parassita sono stati semplici ed mirati, non disponendo di farmaci antiparassitari efficaci: bollire l’acqua o perlomeno filtrarla prima di berla, demolire le cisterne a gradoni (che permettevano alle persone di immergere i piedi nell’acqua) e costruirne a pozzo, informare correttamente le popolazioni afflitte.
L’approfondita conoscenza della biologia del draghetto, delle abitudini delle popolazioni coinvolte nelle infestazioni e il buon senso hanno eradicato con successo e in breve tempo una delle piaghe più diffuse e invalidanti della Terra.
E per finire: avete presente il bastone di Esculapio (vedi foto), su cui si arrotola un animale vermiforme? Sembra che rappresenti proprio il bastoncino utilizzato per estrarre il draghetto di Medina dagli ignari ospiti.
Buon pranzo (oggi sono troppo buona e vi ho risparmiato foto esplicite, che potete comunque trovare qui: https://it.frwiki.wiki/wiki/Dracunculose )
