𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Passeggiando tra Clauzetto e Vito d’Asio, in uscita dal paese chiamato “il balcone sul Friuli”, si incontra un imponente corpo franoso. Risale al 1914, sono trascorsi parecchi anni, insomma. Eppure lo sconvolgimento causato dalla Natura è ancora ben visibile, anche dalla pedemontana. Eccovi la storia, tratta da http://web.tiscali.it/valdarzino/page76.html e leggermente riadattata, per esigenze editoriali.
Il venerdì 20 marzo il monte Corona – propaggine meridionale del monte Pala – aveva già dato qualche segno premonitore. Erano piccoli smottamenti e cedimenti del terreno, che però non avevano destato alcun allarme. Nella zona si ricordavano ancora la recente frana che nel maggio del 1905 era caduta presso i casolari 𝘝𝘰𝘭𝘢𝘦𝘴. E le altre che si erano verificate in epoche precedenti lungo il versante meridionale del monte Pala da Clauzetto a Vito d’Asio e ad Anduins. Ma si era trattato sempre di fenomeni non molto preoccupanti e di limitata estensione. Non c’era dunque motivo di impensierirsi per qualche sasso in movimento.
Il giorno seguente (sabato 21 marzo), però, tra gli abitanti della borgata di 𝘛𝘳𝘪𝘷𝘪â𝘵 si comincia a percepire qualche segno di nervosismo. Nel pomeriggio, lungo la strada comunale che collega Clauzetto con Vito d’Asio, si notano alcuni cedimenti. Più tardi, mentre si formano larghe crepe anche nel terreno circostante, il muro di sostegno della strada si gonfia e cede in più punti, sfasciandosi poi completamente.
Durante la notte grossi massi cominciano a cadere sempre più frequentemente dall’alto. Si è costretti a sgomberare in tutta fretta le case che si trovano sul terreno in movimento nelle immediate vicinanze della strada. Le povere masserizie vengono portate in salvo sotto lo scrosciare di una pioggia incessante. Mentre, sotto le balze del monte Corona, si sente crollare, travolta da un mare di fango e sassi, la stalla di Leonardo Simoni.
Nel corso della domenica (22 marzo) il movimento di slittamento del terreno si fa sempre più minaccioso. La frana continua inesorabilmente il suo cammino travolgendo la casa di Natale Fabricio costruita presso la sorgente del rio 𝘓𝘢𝘷𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘪𝘦. Con l’aiuto di tutta la popolazione dei dintorni, accorsa prontamente in soccorso, prosegue lo sgombero degli edifici più esposti. Ma poiché le fenditure nel terreno aumentano a vista d’occhio, il Sindaco di Clauzetto decide di inviare a Udine un’urgente richiesta di soccorso.
Nelle poche righe di quel suo telegramma è dipinta tutta l’angoscia del momento: “La frana della strada Clauzetto – Vito d’Asio assume proporzioni spaventose. La borgata 𝘛𝘳𝘪𝘷𝘪â𝘵 è in grave pericolo parecchie case furono abbandonate la popolazione è allarmatissima, attendesi sopra luogo genio civile. Federicio”.
L’appello viene accolto immediatamente e il giorno 23 (lunedì) arriva sul posto il geom. Carlo de Cillia, inviato dall’Ufficio del Genio Civile per controllare la situazione ed assumere la direzione del servizio di soccorso. A quel punto la fisionomia della frana appare già chiaramente delineata. La base del dirupo calcareo del monte Corona si sta fendendo e sgretolando. Profonde spaccature arcuate delimitano un’ampia zona di forma quasi ovale, larga circa 250 metri, che dal monte Corona scende per quasi mezzo chilometro lungo il bacino del rio 𝘓𝘢𝘷𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘪𝘦. La discesa della massa franosa prosegue lentamente ma inesorabilmente, tanto che in quel punto la strada carrozzabile si è ormai abbassata di m.1.20 per una lunghezza di oltre 200 metri.
Per allontanare il pericolo dei grossi macigni, che dall’alto minacciano di rotolare sulle abitazioni e le strade sottostanti, viene effettuato un primo intervento. Con l’impiego di parecchie mine si distruggono i grandi massi calcarei lungo la falda in movimento. Non si verificano altri crolli di edifici, ma la minaccia della frana incombe sulle case della piccola borgata 𝘍𝘭𝘦𝘶𝘪𝘢𝘳𝘵. E sui due mulini presso le sorgenti del rio 𝘓𝘢𝘷𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘪𝘦, che rappresentano le uniche industrie della zona. E proprio qui comincia a verificarsi uno strano ed inquietante fenomeno. Nonostante la pioggia che dura ininterrottamente da tre giorni le acque del rio 𝘓𝘢𝘷𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘪𝘦, che mettevano in moto i due molini, riducono la loro portata a meno della metà. E più in alto sparisce, per non più riapparire, una piccola sorgente nei pressi della stalla Simoni ormai ingoiata dalla frana.
Il giorno seguente, però, le acque tornano a sgorgare copiosissime, convogliando verso valle ciottoli e fango, che invadono terreni e abitazioni. E verso Vito d’Asio, sul limitare della strada che simile ad una serpe biancastra e tutta contorta resta ancora visibile si sente un forte rumore di acque sotterranee. La terra sembra ribollire, mentre scivola lentamente ma inesorabilmente verso il basso in un continuo scrosciare di massi e di ghiaie che tutto travolgono.
La seconda parte del racconto la potete leggere qui.
ᴵᵐᵐᵃᵍⁱⁿᵉ ᵗʳᵃᵗᵗᵃ ᵈᵃ ᶠᵃᶜᵉᵇᵒᵒᵏ, ᵈⁱ ᵖᵘᵇᵇˡⁱᶜᵒ ᵈᵒᵐⁱⁿⁱᵒ