Alcune sere fa ho avuto il piacere di visitare (grazie, Valter Polli) il museo “da li mans di Carlin” a Frisanco. Carlin (Carlo Beltrame, classe 1912) ha ricostruito, in rigorosa scala 1:10, gli edifici caratteristici del suo paese e della civiltà contadina di cui lui è stato testimone e narratore, a modo suo.
Con costanza, cura maniacale dei particolari, sapienza e prodigiosa manualità ha dato forma (e vita, per la fortuna dei visitatori) anche ad alcune realtà produttive. Come mio solito, Vi consiglio vivamente una visita, sia al museo che al paese di Frisanco. I vostri occhi, lo spirito e la memoria ne torneranno rinnovati e arricchiti.
Info qui: http://www.friuli.net/carlin
𝙇𝙖 𝙘𝙖𝙧𝙗𝙤𝙣𝙖𝙞𝙖
Nelle carbonaie si utilizzavano prevalentemente legno verde, come il carpino e il nocciolo, scegliendo gli alberi esposti a sud, perché migliori. Generalmente le carbonaie venivano realizzate nel luogo stesso del taglio, per facilitare il trasporto del combustibile, in quanto il carbone è più leggero della legna da cui è stato ricavato.
Il legno veniva ben accatastato dandogli la caratteristica forma a cupola con al centro un “camino” per l’accensione e per il corretto funzionamento della carbonaia. Tutta la catasta veniva poi ricoperta con terra, foglie e muschio per renderla impenetrabile all’aria esterna che non deve entrare, altrimenti il legno brucerebbe senza trasformarsi in carbone.
Durante tutto il tempo di combustione della legna, vi erano dei guardiani che sorvegliavano la carbonaia. Era necessario un quintale di legna per produrre 10 kg di carbone, che però ha un potere calorifico doppio della legna.
𝙇𝙖 𝙛𝙤𝙧𝙣𝙖𝙘𝙚
Le case di questa valle, ma anche del resto della montagna friulana, venivano costruite con i materiali in loco. In particolare a Frisanco, Poffabro e Casasola, veniva usata l’arenaria che affiorava lungo il corso dei locali torrenti. Oltre all’arenaria, si poteva trovare una grande varietà di altre pietre trasportate dall’acqua, che venivano usate per la cottura nelle fornaci e quindi per fare la calce.
Quella qui riprodotta dal Carlin durò fino alla metà del secolo scorso. Gli attrezzi usati nella 𝘧𝘰𝘳𝘯â𝘴 erano la mazza per spaccare i ciottoli (la 𝘮𝘢𝘤𝘪𝘶é𝘭𝘢), l’ascia (la 𝘮𝘢𝘯𝘢𝘳𝘢) e la forca (il 𝘧𝘰𝘳𝘤𝘪𝘰𝘯) per la legna. Le pietre venivano cotte per novanta ore e poi lasciate raffreddare per due giorni. Vicino alla fornace c’era la 𝘣𝘶𝘴𝘢 𝘥𝘢 𝘭𝘢 𝘤𝘫𝘢𝘭𝘤𝘪𝘯𝘢, la buca della calce, dove le pietre vive venivano spente con l’acqua. La calce mescolata con sabbia (malta) serviva per la costruzione dei muri, mentre pura veniva utilizzata per sbiancare.
ᴰⁱᵈᵃˢᶜᵃˡⁱᵉ ᵖʳᵉˢᵉⁿᵗⁱ ⁿᵉˡ ᵐᵘˢᵉᵒ “ᴰᵃ ˡⁱ ᵐᵃⁿˢ ᵈⁱ ᶜᵃʳˡⁱⁿ” ᵈⁱ ᶠʳⁱˢᵃⁿᶜᵒ