𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
In uno degli spiegoni precedenti affidavo a madre natura il contenimento della processionaria del Pino (𝘛𝘩𝘢𝘶𝘮𝘦𝘵𝘰𝘱𝘰𝘦𝘢 𝘱𝘪𝘵𝘺𝘰𝘤𝘢𝘮𝘱𝘢), visto che i metodi messi in campo dall’uomo hanno ottenuto pochi risultati apprezzabili. In realtà madre natura ha rimedi più naturali e micidiali per ristabilire equilibri compromessi; e sono pure a chilometro zero.
Il Friuli ospita la formica rossa (𝘍𝘰𝘳𝘮𝘪𝘤𝘢 𝘳𝘶𝘧𝘢) che è largamente impiegata per la lotta contro insetti ritenuti dannosi. Si arriva addirittura a dislocare gli 𝙖𝙘𝙚𝙧𝙫𝙞 (cioè i nidi), per “direzionare” il loro vorace appetito verso zone infestate. Ma come sono fatti gli acervi? Sono a forma di cupola, raggiungono anche il metro di altezza e due di diametro, composti da aghi di conifere, bastoncini, granuli di resina e foglie secche. Solitamente vengono costruiti in pinete o abetaie, all’ombra e nelle vicinanze di un robusto impianto radicale di una conifera matura. La loro forma è ideale per captare i raggi del Sole e far defluire velocemente la pioggia.
Si racconta che le formiche, poco prima che inizi a piovere, sentano la variazione di pressione ed escano in superficie a chiudere temporaneamente i forellini di aerazione presenti su tutta la cupola. Insomma, gli operosi insetti che si agitano sul formicaio sarebbero più affidabili del colonnello Bernacca.
Nella cupola circola aria alla temperatura costante di 24°-26° C anche nelle giornate estive più torride. La temperatura scende poi mano mano che ci si avvicina alla sezione sotterranea, che può raggiungere la profondità di alcuni metri. Tutto l’acervo è percorso da innumerevoli gallerie comunicanti tra di loro, disposte su più livelli ordinati e ognuna con un microclima proprio. Umidità, aerazione, temperatura costanti sono i fattori essenziali per mantenere la colonia in buona salute e allevare nuove generazioni di formiche, secondo uno schema sociale ben definito.
All’interno del formicaio di medie dimensioni trovano riparo tra 200’000 e 1’000’000 di formiche. Sono soprattutto operaie, femmine sterili, che si occupano di procacciare il cibo per tutte le coinquiline e allevare le uova deposte dalla regina e le larve in crescita: le soldatesse, anch’esse sterili, che difendono l’acervo; la regina (l’unica femmina in grado di riprodursi); qualche sporadico maschio fecondo. Il processo riproduttivo e la nascita di un nuovo formicaio sarà oggetto di un altro spiegone.
Torniamo invece alla processionaria, la cui larva viene predata dalla formica rufa senza che questa subisca alcun danno dai peletti urticanti che la larva sparge tutt’attorno. La caccia si svolge in gruppi di 5 o 6 operaie, perfettamente coordinate e operative. Alcune immobilizzano la preda mentre le altre la cospargono di 𝙖𝙘𝙞𝙙𝙤 𝙛𝙤𝙧𝙢𝙞𝙘𝙤. Una formica rufa ne stiva nell’addome una quantità pari al quinto del proprio peso; altro che cospargere, le rufe immergono la preda letteralmente nell’acido. Questo per evitare che si dimeni troppo e renda il rientro nel formicaio, a larva ancora viva, troppo faticoso.
Calcolando il numero di formicai presenti sull’arco Alpino italiano e le formiche che ragionevolmente possono risiedervi, si stima che in una stagione (200 giorni di attività) vengano eliminati 14’000’000 di kg di insetti, per lo più nocivi o dannosi per la vegetazione.
Ma l’acido formico torna utile anche ad altri abitanti del bosco. Ghiandaie, storni, picchi e corvi infastidiscono di proposito le formiche, che rispondono prontamente spruzzando l’acido anche fino a 30 cm di distanza. Il volatile ci si fa la doccia ben volentieri, eliminando così gran parte dei parassiti che albergano fra le sue piume.
Ma il fantastico mondo delle formiche ci riserva ancora altre curiosità: ne leggerete delle belle.
ᶠᵒᵗᵒ: ᴰⁱ ᴿⁱᶜʰᵃʳᵈ ᴮᵃʳᵗᶻ, ᴹᵘⁿⁱᶜʰ ᴹᵃᵏʳᵒ ᶠʳᵉᵃᵏ ⁻ ᴼᵖᵉʳᵃ ᵖʳᵒᵖʳⁱᵃ, ᶜᶜ ᴮʸ⁻ˢᴬ ².⁵, ʰᵗᵗᵖˢ://ᶜᵒᵐᵐᵒⁿˢ.ʷⁱᵏⁱᵐᵉᵈⁱᵃ.ᵒʳᵍ/ʷ/ⁱⁿᵈᵉˣ.ᵖʰᵖ?ᶜᵘʳⁱᵈ⁼²⁰⁹⁵¹⁴⁴