𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Le conifere sono note per essere dei “sempreverde”, per le foglie (o impropriamente aghi) che si rinnovano con un ritmo estremamente lento, tanto da offrire costantemente il loro abito più sgargiante. Il 𝙡𝙖𝙧𝙞𝙘𝙚 (𝘓𝘢𝘳𝘪𝘹 𝘥𝘦𝘤𝘪𝘥𝘶𝘢) è una conifera anomala. Infatti è l’unica specie europea che perde le proprie foglie in autunno, regalando, anche ad occhi disattenti, meravigliose macchie di giallo dorato al bosco tipicamente alpino. Proviene originariamente dalla Siberia, ma ha raggiunto le Alpi italiane durante il periodo glaciale.
Il nome generico deriva o dalla radice celtica ‘lar’ ( = grasso) con allusione alla resina, o dal il termine greco ‘λᾶρός láros’ ( = gradevole) riferito all’aroma. Lo specifico invece allude proprio alla caducità delle foglie.
Ma perché il larice le perde?
Deve disfarsene perché, nonostante l’aspetto di aghi, la loro struttura è tipicamente di foglia. Per capirci, pini e abeti hanno foglie cosparse di uno spesso strato ceroso, sono tenaci e dense. Le foglie del larice invece sono tenere e sottili e subirebbero danni irreparabili con temperature sotto lo zero. L’acqua continuerebbe ad evaporare attraverso gli stomi fogliari, sottoponendole al rischio di congelamento e, in aggiunta, la dispersione della poca acqua disponibile (col terreno gelato) causerebbe la cosiddetta “𝙖𝙧𝙞𝙙𝙞𝙩𝙖’ 𝙙𝙖 𝙜𝙚𝙡𝙤”, con conseguente morte della pianta.
Grazie a questo stratagemma, il larice può sopravvivere a temperature estreme (-50°C) e superare i 40 metri di altezza. Possiede radici forti e profonde, adatte a suoli ‘primitivi’ (ghiaioni consolidati, conoidi di deiezione, aree soggette a movimenti franosi) e ne fanno un’ottima pianta pioniera. Riesce a raggiungere l’acqua negli strati più profondi, ma ha bisogno di molto sole. Motivo per cui si insedia solo su versanti meridionali delle nostre Alpi.
E’ molto longevo: alcuni esemplari hanno raggiunto il millennio di vita, resistono a forti raffiche di vento e ai fulmini grazie alla capacità di cicatrizzare velocemente, secernendo grande quantità di 𝙧𝙚𝙨𝙞𝙣𝙖.
Fin dall’antichità questa veniva accuratamente raccolta, forando il tronco in orizzontale fino a raggiungere il midollo. Tappato il buco, nello spazio vuoto lasciato dallo scavo si accumulava sufficiente resina da essere venduta oppure utilizzata per preparare unguenti o solventi.
Col legno di larice si formano le 𝙨𝙘𝙖𝙣𝙙𝙤𝙡𝙚, che vanno a coprire le tradizionali abitazioni di montagna. La resistenza al fuoco ne fa un materiale ottimo per le costruzioni. Anche Giulio Cesare se ne dev’essere convinto quando tentò di conquistare la fortezza di 𝘓𝘢𝘳𝘪𝘨𝘯𝘶𝘮 (ubicata molto probabilmente nella val Fella), costruita in legno di larice, non riuscendo ad appiccare il fuoco.
Per tutte queste sue proprietà, il larice è considerato fin dall’antichità come un albero sacro e protettivo. Vi abiterebbero elfi e fate, stando ai celti. Esprime anche la necessità di lasciar andare il vecchio, di promuovere il rinnovamento, di conservare la fiducia nel futuro e l’attesa di nuove esperienze.
ᶠᵒᵗᵒ: ᴬᶜᵗᵃᵖˡᵃⁿᵗᵃʳᵘᵐ