Le Indemoniate (1)

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Questo spiegone, ve lo anticipo, sarà lungo e complesso, tanto che verrà diviso in due; intanto qui potete leggere la

ℙ𝕣𝕚𝕞𝕒 𝕡𝕒𝕣𝕥𝕖…

Siamo a 𝙑𝙚𝙧𝙯𝙚𝙜𝙣𝙞𝙨, piccolo comune carnico, composto da numerose frazioni – o più precisamente borghi, agglomerati di povere abitazioni – sparse sulle pendici settentrionali del monte omonimo. E siamo nel 1878: il comune è appena stato annesso al Regno d’Italia, il confine con l’impero austroungarico corre a pochi chilometri da qui. Ma l’annessione non porta i benefici economici sperati.

La 𝘾𝙖𝙧𝙣𝙞𝙖 è terra di miseria nera, agricoltura e allevamento di sussistenza, analfabetismo, misticismo religioso estremo e credulità popolare. L’emigrazione non è una scelta e l’isolamento tra frazioni, per le condizioni meteorologiche, la carenza di infrastrutture e le rivalità campanilistiche, è innegabile.
I residenti delle frazioni chiedono da tempo e a gran voce chiese parrocchiali sparse sul territorio, in cui poter svolgere le funzioni religiose. Il cimitero è uno solo e la distanza tra questo e il luogo in cui si officia il funerale giustifica qualche seppellimento senza opportuna benedizione.

Arriva la primavera, gli uomini abili si preparano a partire per il mondo e a salutare madri, mogli, fidanzate e figlie. Faranno ritorno, i fortunati e i fedeli, ad autunno inoltrato.
Le frazioni si spopolano ulteriormente e il lavoro duro, quello dei campi, delle bestie, la cura della casa, degli anziani e dei bambini ricade interamente sulle donne, di qualunque età, basta che siano capaci ed efficienti. Prospettive non proprio rosee per le fanciulle in età da marito: al rientro dei giovanotti emigrati, le attende una vita di stenti e fame.

Improvvisamente Margherita, poco più che adolescente, inizia a dare evidenti segni di malessere. Nel volgere di pochi giorni, sono 7 le ragazze, tra i 15 e i 25 anni – pare siano le più belle e avvenenti – a manifestare una serie di sintomi simili.

Ne riporto alcuni, raccolti nei vari articoli che ho letto per documentarmi: perdita di coscienza, rifiuto di farsi chiamare col proprio nome di battesimo, chiaroveggenza (descrivono avvenimenti durante il loro svolgimento, sebbene siano chiuse in casa e sorvegliate), conoscenza perfetta delle lingue italiano e latino (laddove il friulano è l’unica lingua conosciuta), timbro di voce maschile.

Per mesi il fenomeno viene taciuto, le ‘comari’ tentano metodi empirici per arginare le manifestazioni. Si prega, si celebrano messe suppletive, si adornano le frazioni con simboli religiosi, alle ragazze vengono fatte indossare coroncine e catenine benedette, il prete fa spesso visita alle malate. Ed è proprio il parroco, tale Giovanni D’Orlando, che nel settembre 1878 si decide a scrivere al vicario generale dell’arcivescovo di Udine. “𝘋𝘢 𝘰𝘭𝘵𝘳𝘦 𝘴𝘦𝘪 𝘮𝘦𝘴𝘪 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘦 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘦𝘵à 𝘥𝘢 15 𝘢 25 𝘢𝘯𝘯𝘪 𝘤𝘪𝘳𝘤𝘢, 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘧𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘪 𝘊𝘩𝘢𝘪𝘤𝘪𝘴 𝘥𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘳𝘰𝘤𝘤𝘩𝘪𝘢 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘰𝘱𝘱𝘳𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘥𝘢 𝘤𝘦𝘳𝘵𝘪 𝘮𝘢𝘭𝘰𝘳𝘪, 𝘤𝘩𝘦 𝘧𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘱𝘪𝘦𝘵à 𝘢 𝘤𝘩𝘪 𝘭𝘦 𝘰𝘴𝘴𝘦𝘳𝘷𝘢𝘯𝘰 […] 𝘦 𝘭𝘦 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘢𝘯𝘰. 𝘗𝘢𝘴𝘴𝘢𝘯𝘰 𝘱𝘰𝘤𝘩𝘪 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘪, 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘪 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘰𝘳𝘤𝘪𝘢𝘯𝘰 𝘰𝘳𝘳𝘪𝘣𝘪𝘭𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦, 𝘴𝘵𝘳𝘦𝘱𝘪𝘵𝘢𝘯𝘰, 𝘱𝘦𝘳𝘥𝘢𝘯𝘰 𝘪 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘪𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪, 𝘦𝘥 𝘶𝘳𝘭𝘢𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘪𝘯 𝘱𝘢𝘳𝘪 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘥𝘢 𝘷𝘰𝘤𝘦 𝘥𝘪 𝘤𝘢𝘯𝘦”.

Aggiunge che le benedizioni da lui elargite non ottengono alcun effetto, anzi, i sintomi paiono peggiorare. Chiede con insistenza di poter praticare un esorcismo secondo il rituale di Madre Romana Chiesa.

La curia respinge la richiesta e invia sul luogo due prelati, originari della zona: Don Giacomo Paschini e Don Antonio Deotti. Il primo riferisce: «𝘈𝘱𝘱𝘦𝘯𝘢 𝘨𝘪𝘶𝘯𝘵𝘰 𝘪𝘯 𝘱𝘢𝘦𝘴𝘦 𝘷𝘦𝘳𝘴𝘰 𝘭𝘦 2 𝘱𝘰𝘮𝘦𝘳𝘪𝘥𝘪𝘢𝘯𝘦… 𝘶𝘥𝘪𝘪 𝘵𝘢𝘭𝘪 𝘷𝘰𝘤𝘪 𝘴𝘵𝘳𝘢𝘯𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘦𝘷𝘢 𝘴𝘪𝘤𝘶𝘳𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘦𝘳𝘰 𝘥𝘪 𝘣𝘦𝘴𝘵𝘪𝘢 𝘱𝘪𝘶𝘵𝘵𝘰𝘴𝘵𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘪 𝘶𝘮𝘢𝘯𝘢 𝘴𝘱𝘦𝘤𝘪𝘦 – 𝘥𝘪 𝘨𝘢𝘵𝘵𝘰, 𝘥𝘪 𝘤𝘢𝘯𝘦, 𝘥𝘪 𝘷𝘢𝘤𝘤𝘢, 𝘥𝘪 𝘴𝘶𝘪𝘯𝘰, 𝘥𝘪 𝘨𝘢𝘭𝘭𝘰, 𝘥𝘪 𝘥𝘪𝘷𝘦𝘳𝘴𝘦 𝘴𝘱𝘦𝘤𝘪𝘦 𝘥𝘪 𝘶𝘤𝘤𝘦𝘭𝘭𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘷𝘦𝘯𝘪𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘳𝘪𝘱𝘦𝘵𝘶𝘵𝘦 𝘢𝘭𝘭’𝘪𝘯𝘤𝘪𝘳𝘤𝘢 𝘰𝘨𝘯𝘪 5 𝘮𝘪𝘯𝘶𝘵𝘪 […]”. Sarà però l’insistenza del secondo a dare il via alla pratica degli esorcismi, svolti in assoluta segretezza. Ma hanno come unico effetto quello di aumentare la violenza del fenomeno e il dilagare delle manifestazioni anche al di fuori degli ambiti prettamente privati. Durante una messa officiata per indurre qualche sollievo nelle ragazze indisposte, altre donne, addirittura “maritate”, evidenziano i medesimi sintomi proprio al momento della consacrazione del pane e del vino.

In contemporanea il sindaco, laico e liberale, Antonio Billiani si rivolge al Commissario di Tolmezzo, chiedendo una ispezione sanitaria. Il prefetto di Udine invia un medico il quale dichiara che il malessere diffuso è causato da “𝘮𝘢𝘭𝘪 𝘥𝘪 𝘥𝘰𝘯𝘯𝘦” e “𝘶𝘳𝘵𝘪 𝘯𝘦𝘳𝘷𝘰𝘴𝘪”.
Però il fenomeno ha assunto toni preoccupanti, anche per i risvolti politici e di ordine pubblico che potrebbero innescare in una nazione così giovane, tanto da allarmare le autorità statali. Ormai si contano 20 donne e 1 uomo colpiti dal malessere.
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Qui la seconda parte: https://www.tangia.it/le-indemoniate-2/
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