๐๐จ ๐ฌ๐๐ฉ๐๐ฏ๐ข ๐๐ก๐?
DIDASCALIA PRESENTE AL CENTRO ETNOGRAFICO DI SAURIS
Anticamente e fino a 40 – 50 anni fa, a Sauris venivano coltivati e lavorati il lino e la canapa, che, con la lana delle pecore allevate da tutti, venivano usati per tessere tela per vestiti, lenzuola, lenzuola per fieno, pezze da soma, stracci, asciugamani, corde per fasci. Sia il lino che la canapa venivano seminate in primavera, verso maggio, in un campo arato e zappato e raccolto in autunno verso settembre.
Quando le piantine erano abbastanza cresciute (20 – 30 cm.) le donne andavano a mondarle per liberarle dalle altre erbacce. Il lino cresceva alto 50 – 60 cm e faceva un bel fiorellino azzurro. Quando era maturo, veniva raccolto con la radice e portato nel fienile ad essiccare.
Quando era abbastanza secco, con la carda (๐ฉ๐ฆ๐ค๐ฉ๐ญ) le donne toglievano i semi (๐ญ๐ช๐ฏ๐ด๐ข๐ต), che poi usavano per preparare caldi cataplasmi per curare infezioni, mal di schiena, mal di muscoli, foruncoli e cosรฌ via.
Poi lo stendevano bene sui prati a macerare. Qualche volta veniva girato e controllato se le fibre interne non si rompevano piรน. Quando si era abbastanza macerato, veniva raccolta in mazzetti e con la “๐ฉ๐ฐ๐ฐ๐ณ๐ฌ๐ณ๐ข๐ฌ๐ด๐ฏ”, oppure in fasci, veniva portato nell’essiccatoio del fienile (๐ฑ๐ช๐ณ๐ญ) ad asciugare. Da lรฌ lo portavano nel “gramolatoio” (๐ฑ๐ณ๐ฆ๐ค๐ฉ๐ญ๐ญ๐ฐ๐ถ๐ค๐ฉ), dove c’era anche un essiccatoio (๐ฅรถ๐ณ๐ด๐ต๐ถ๐ฃ๐ฆ), con il fuoco sempre acceso per essiccare i gambi fino a quando la corteccia si rompeva agevolmente. I mazzetti venivano poi gramolati con la grร mola (๐ฑ๐ณ๐ฆ๐ค๐ฉ๐ญ) e puliti dai pezzettini di corteccia, sull’essiccatoio del fienile con la scรฒtola.
Nella mano rimanevano le reste di lino fine e per terra il lino grezzo (๐ฑ๐ฆ๐ต๐ข๐ด) che anch’esso poi veniva pulito meglio e filato. Quando il lino (o la canapa) era ben disposto in reste, era pronto per essere filato. Durante l’inverno le donne filavano lino, canapa e lana. Le reste di lino venivano avvolte sul supporto (๐ฌ๐ฐ๐ถ๐ด๐ญ๐ข๐ณ) del filatoio e filati. Per il filo delle pantofole (๐ด๐ฌ๐ข๐ณ๐ฑรถ๐ต๐ป๐ฃ๐ช๐ณ๐ฏ), affinchรฉ diventasse il piรน forte e regolare, facevano passare il lino prima che fosse torto, in un recipiente d’acqua. Il lino grezzo (๐ฑ๐ฆ๐ต๐ข๐ด) veniva infilato in una forchetta che si chiamava “pitcot”, e dopo lo filavano. Quando la spola del filatoio era piena, il filo veniva srotolato con l’aspo e si facevano matasse, che in seguito venivano bollite nella liscivia e lavate. Quando era necessario con l’arcolaio venivano fatti gomitoli. Con la canapa si seguiva la stessa procedura.
Il tessitore avvolgeva il filato dei gomitoli sulle spole con la spollatrice (๐ด๐ฑ๐ถ๐ฆ๐ญ๐ข๐ณ o ๐ฌรถ๐ณ๐ญ๐ช a Saris di Sopra). Le spole venivano messe sull’orditoio per preparare l’ordito che poi veniva avvolto sul subbio del telaio. I fili dell’ordito venivano poi annodati sui fili terminali, infilati nei licci e nei pettini e fissati al subbiello del tessuto. I licci insieme ai fili dell’ordito venivano alzati e abbassati con i pedali e ogni volta la navetta correva avanti e indietro col filo per tessere la trama (filo di lino, canapa, lana, cotone) che poi veniva fissata col pettine battente.
Spesso il tessitore doveva dare la bรฒzzima all’ordigno con delle spazzole (๐ฎ๐ถ๐ฆ๐ด๐ฑ๐ช๐ณ๐ด๐ต๐ฆ) per rendere i fili piรน scivolosi, piรน scorrevoli e piรน resistenti. Cosรฌ il tessuto usciva ruvido e rigido. Per i vestiti della festa, quando il rotolo di tessuto era completo lo portavano nella calandra (๐ฃ๐ฐ๐ญ๐ค๐ฉ๐ด๐ต๐ฐ๐ฏ๐ฑ๐ง) a calandrare affinchรฉ diventasse piรน morbido.
๐ต๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐ – ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐๐๐, ๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐ท๐ฟ๐ฟ๐ท/ ๐ฟ๐ธ.