𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Nei giorni scorsi ho accennato ai pipistrelli che si fingono calabroni per non essere predati dai rapaci notturni: trattasi di mimetismo Batesiano. Oggi invece vi parlo di un’altra forma di inganno, quello luminoso.
Fra qualche settimana prati e pascoli collinari torneranno ad animarsi di insetti lampeggianti. Sono le cosiddette “lucciole”, coleotteri della famiglia 𝘓𝘢𝘮𝘱𝘺𝘳𝘪𝘥𝘢𝘦, che si dividono i 5 sottofamiglie e 2000 specie. Lo spiegone di oggi tratta del genere 𝙋𝙝𝙤𝙩𝙪𝙧𝙞𝙨.
In genere tutte le larve delle lucciole sono voraci divoratrici di altre larve, anche di dimensioni molto maggiori delle loro. Riescono a cibarsi di lumache e limacce ancora vive, per poi lasciarle andare al loro infausto destino, una volta saziata la propria fame. Da adulte la loro biologia invece si differenzia parecchio, a seconda della specie. Alcune si limitano a mangiare sostanze zuccherine trovate in natura (nettari o melate). Altre smettono di nutrirsi del tutto per il breve tempo che gli resta, impegnate come sono in attività riproduttive.
Le femmine che hanno raggiunto la maturità sessuale, adottano una sequenza ben definita – e peculiare per ogni specie – di segnali luminosi per attrarre i maschi e indurli all’accoppiamento. E, come sappiamo bene, lo fanno al buio, a mò di faro della Vittoria in mezzo a una distesa oscura. Correndo molti rischi, ovviamente: non è che un puntino luminoso attiri solo maschi cospecifici infervorati.
Come evitare di finire in pasto a predatori crepuscolari dalla vista acuta? Rendersi indigeste è sicuramente una strategia vincente. E le lucciole femmine del genere Photuris lo sanno fin troppo bene: sono dotate di uno steroide, la 𝙡𝙪𝙘𝙞𝙗𝙪𝙛𝙖𝙜𝙞𝙣𝙖, che pare repellere uccelli e ragni, i maggiori predatori. Ma non sono in grado di produrla; quindi dove la reperiscono?
Adottano una sequenza alterata di segnali luminosi: non più quella specifica che attira i maschi di Photuris, ma una che imita e attira i maschi di 𝙋𝙮𝙧𝙖𝙘𝙩𝙤𝙢𝙚𝙣𝙖 e soprattutto di 𝙋𝙝𝙤𝙩𝙞𝙣𝙪𝙨. Promettono, in sostanza, ai maschietti un breve e intenso momento di follie sessuali, ma una volta giunti a tiro, li immobilizzano, grazie a mandibole potenti. Ne succhiano i liquidi interni, ricchi di lucibufagina, che viene assimilata dal loro organismo e contribuisce quindi alla scorta di repellente. E poi divorano i resti dei maschi illusi, per non buttare via nulla.
Giustamente la selezione naturale ha elargito strategie un pò a random, dotando i malcapitati maschi di un’arma controffensiva: se la femmina di Photuris non è abbastanza lesta a consumare il pasto a base di alcaloidi tossici, lui ha il tempo per secernere dal torace un liquido lattiginoso e appiccicoso che “incolla” momentaneamente le mandibole della ingannatrice, guadagnandosi una via di fuga.
Quello descritto è un 𝙢𝙞𝙢𝙚𝙩𝙞𝙨𝙢𝙤 𝙖𝙜𝙜𝙧𝙚𝙨𝙨𝙞𝙫𝙤, per nulla raro nel mondo animale, e si basa su una comunicazione disonesta, tendenzialmente abborrita in natura. Ma le eccezioni esistono anche nelle società più oneste, come pure le “femmes fatales”.
ᶠᵒᵗᵒ: ᴮʳᵘᶜᵉ ᴹᵃʳˡⁱⁿ ᵖᵉʳ ʷʷʷ.ᶜⁱʳʳᵘˢⁱᵐᵃᵍᵉ.ᶜᵒᵐ/ᵇᵉᵉᵗˡᵉ_ᶠⁱʳᵉᶠˡʸ_ᴾʰᵒᵗᵘʳⁱˢ_ˡᵘᶜⁱᶜʳᵉˢᶜᵉⁿˢ/
