Lusevera, tra sacro e profano

RELIGIONE

Il primo cappellano a curato di Lusevera fu (1738) pre Antonio Micelli da Resia. Il cappellano doveva, tutte le feste avanti la messa, recitare il s. rosario, dopo il vangelo recitare le orazioni il lingua slava, una volta al mese predicare in sloveno. Il cristianesimo pose radici profondissime.

Una bella e lodevole consuetudine che vive tutt’ora in questi paesi è la recita giornaliera del s. rosario. Tutti pregano. La scena era molto commovente allora perché le famiglie erano numerosissime: bisnonni, nonni, figli, e figli dei figli, tutti attenti, raccolti, dal vegliardo senza denti, al piccolo senza denti, tutti pregavano o erano presenti ascoltando, o tormentando il succhiotto i tela con lo zucchero bagnato nell’acqua.

Di queste scene ne ho viste ancora durante o dopo la guerra 1916-1918: venti e più persone riunite davanti al focolare che pregavano in coro con attenzione e devozione profonda.

ᴰⁱᵈᵃˢᶜᵃˡⁱᵉ ᵖʳᵉˢᵉⁿᵗⁱ ⁿᵉˡ ᴹᵘˢᵉᵒ ᵉᵗⁿᵒᵍʳᵃᶠⁱᶜᵒ ᵈⁱ ᴸᵘˢᵉᵛᵉʳᵃ ⁽ᵁᵈ⁾, ᵗʳᵃᵗᵗᵉ ᵈᵃˡ ˡⁱᵇʳᵒ ᵃᵘᵗᵒᵇⁱᵒᵍʳᵃᶠⁱᶜᵒ ᵈⁱ ᴬˡᵉˢˢᵃⁿᵈʳᵃ ᴹᵒˡᵃʳᵒ ᶠᵉʳʳⁱ.

IL PUST

Famose erano le carnevalate. Durante tutto il carnevale (Pust), gli uomini si riunivano a preparare abiti, scene e gareggiavano a chi più poteva fare per rendere l’ultimo giorno di carnevale indimenticabile almeno per un anno.

Tutti i fatti, più o meno riprovevoli, accaduti o si supponeva sarebbero dovuti accadere durante l’anno che era trascorso nelle frazioni, venivano rievocati, rinfacciati, rappresentati, con scene dal vero. Si mettevano una frazione contro l’altra, un borgo contro l’altro, anche il borgo contro una famiglia e, mentre si rievocavano le scene con appositi cortei e costumi, si lanciavano invettive, correvano parole grosse, ingiurie che a volte passavano i limiti e finivano in randellate. Finita la scienza, però, allo scoccar della mezzanotte, tutto cadeva per incanto, gli animi si calmavano, si passava dal pianto al riso, come se nulla dosse stato, e tutti si riunivano in un locale pubblico e facevano la “pace” con strette di mani e buone bevute.

A Vedronza, per la “pace”, gli abitanti dei due borghi nominavano un soprastante che, all’ora fissata, si diveva mettere a metà del ponte ed attendere i litiganti che dalle rispettive frazioni dovevano giungere a lui metà da una parte e metà dall’altra, fermarsi a debita distanza e ascoltare un sermoncino d’occasione che si concludeva con due gridi emessi all’unanimità col paciere: “Viva Vedronza sinistra! Viva Vedronza destra!”

A Cesariis, il luogo scelto per la pace era sempre la piazza della chiesa, a Lusevera quella del municipio, nelle altre frazioni la piazza o qualche vasto locale.

A certe carnevalate intervennero perfino le autorità comunali e forestieri venuti da Tarcento, e allora erano allietate ed illuminate da sparatorie o fuochi artificiali. Usavano molto far scoppiare i mortaretti, come nelle nozze.

ᴰⁱᵈᵃˢᶜᵃˡⁱᵉ ᵖʳᵉˢᵉⁿᵗⁱ ⁿᵉˡ ᴹᵘˢᵉᵒ ᵉᵗⁿᵒᵍʳᵃᶠⁱᶜᵒ ᵈⁱ ᴸᵘˢᵉᵛᵉʳᵃ ⁽ᵁᵈ⁾, ᵗʳᵃᵗᵗᵉ ᵈᵃˡ ˡⁱᵇʳᵒ ᵃᵘᵗᵒᵇⁱᵒᵍʳᵃᶠⁱᶜᵒ ᵈⁱ ᴬˡᵉˢˢᵃⁿᵈʳᵃ ᴹᵒˡᵃʳᵒ ᶠᵉʳʳⁱ.