𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Oggi mi sposto nella vicina regione Veneto per raccontarvi di un luogo ammantato di leggende (o verità storiche?) che affascina chiunque le ascolti.
Siamo a 𝘾𝙖𝙤𝙧𝙡𝙚, abbiamo percorso la splendida passeggiata “𝘚𝘤𝘰𝘨𝘭𝘪𝘦𝘳𝘢𝘝𝘪𝘷𝘢”, di cui seguirà spiegone, e raggiungiamo il limite orientale della scogliera, dove ha inizio la spiaggia di Levante. Da lontano si intravvede la torre campanaria stagliarsi sullo sfondo azzurro; che siano il cielo o il mare a incorniciarla, fa poca differenza.
Il santuario della Madonna dell’Angelo è un edificio religioso costruito, nelle sue fattezze attuali, nel 1751. Purtroppo le testimonianze scritte antecedenti tale data si sono perse, a causa di devastazioni di origine naturale e umana. Ma alcuni ex-voto recuperati in loco anticipano l’edificazione di una prima struttura religiosa al VI o VII secolo d.C.
Molto probabilmente furono dei profughi concordiesi, sospinti dalle invasioni barbariche dell’entroterra, a cercare rifugio sulle coste dell’Adriatico e ad allestire una prima struttura. Questo, a detta degli storici, dovrebbe quindi essere il primo edificio di culto di Caorle, di molto antecedente la costruzione del duomo (i cui primi dati storici risalgono al 1038).
La chiesa era in legno ed esposta costantemente alle intemperie e alle bizze delle onde. Al X – XI secolo risale la costruzione di un edificio in pietra, a tre navate e pianta basilicale (con la navata centrale rialzata rispetto alle laterali). La sua posizione esposta costringe i caorlotti a costanti restauri e ripristini strutturali. Tant’è che un documento del XVII secolo descrive la chiesa, dedicata a 𝙨𝙖𝙣 𝙈𝙞𝙘𝙝𝙚𝙡𝙚 𝘼𝙧𝙘𝙖𝙣𝙜𝙚𝙡𝙤, come avente sole due navate.
L’ultimo restauro, in ordine di tempo, è del 1948, frutto di un voto solenne emesso dall’intera comunità di Caorle nel 1944. Presenta ormai una sola navata, orientata lungo la direttrice ovest-est, ed è adornata da numerose opere d’arte e religiose di prestigio, nonostante le modeste dimensioni del santuario. Una visita non può che suscitare meraviglia e stupore negli occhi di osserva, anche se non credente: la bellezza sta tanto nella natura quanto nelle opere dell’uomo ispirato.
Personalmente mi hanno intrigato molto i racconti di veri o presunti miracoli accaduti nei pressi del santuario. Ve ne riporto alcuni.
In un tempo lontano, alcuni 𝙥𝙚𝙨𝙘𝙖𝙩𝙤𝙧𝙞 𝙘𝙖𝙤𝙧𝙡𝙤𝙩𝙩𝙞 uscirono in mare salpando proprio dalla punta della chiesa di san Michele Arcangelo. Un raggio di Sole squarciò la bruma che ammantava il mare mattutino e illuminò un oggetto galleggiante poco distante. I pescatori si avvicinarono e videro, con somma meraviglia, una statua lignea raffigurante la Madonna, posta su un imponente piedistallo marmoreo. Come facesse la statua a galleggiare, resta un mistero. I pescatori legarono la statua all’imbarcazione e tornarono a riva. Alle faticose operazioni di trasbordo parteciparono tutti gli uomini disponibili, mentre il parroco faceva suonare le campane.
Ma ogni sforzo risultò vano; la statua non voleva saperne di essere portata a riva. Il parroco suggerì l’intervento dei fanciulli accorsi: la loro innocenza gli avrebbe permesso di portare il simulacro nel vicino duomo. Così accadde. Seguirono festeggiamenti e momenti di preghiera fino a notte fonda. L’indomani mattina il parroco si svegliò all’alba ed, entrando nel duomo, notò sconcertato l’assenza della pesante statua.
Chiamò a raccolta uomini e ragazzi del paese, invocandone il ritrovamento. I ragazzi la trovarono nuovamente galleggiante nel mare antistante la chiesa di San Michele Arcangelo. Evidentemente la Madonna voleva essere deposta in quella chiesa, un pò dismessa e sferzata dal mare, piuttosto che nel blasonato duomo. Da allora la chiesa è dedicata alla 𝙈𝙖𝙙𝙤𝙣𝙣𝙖 𝙙𝙚𝙡𝙡’𝘼𝙣𝙜𝙚𝙡𝙤 e la statua è ben salda sul suo piedistallo, posto sul fondo della navata.
Il 31 dicembre 1727 (data inconfutabile, grazie a una targa affissa al portale del santuario) si scatenò una paurosa bufera. La popolazione terrorizzata si rivolse alla Madonna affinché preservasse uomini e cose dalla rabbia del mare. A quel tempo l’ingresso al santuario non era chiuso da un cancello, ma solo da un’inferriata che permetteva ai credenti e ai pellegrini di osservare la statua anche solo transitando davanti al varco. Placate le onde, ci si rese conto non solo che nessuno era rimasto vittima dell’evento atmosferico violento, ma che l’edificio sacro non aveva riportato alcun danno. Le alghe rimaste impigliate nel cancello d’ingresso e sulle pareti sferzate dai flutti testimoniavano l’altezza ragguardevole raggiunta dall’acqua. Eppure, neanche una goccia era penetrata nell’edificio.
Pochi anni più tardi, il 20 novembre 1770, il parroco decise che la statua della Madonna venisse temporaneamente spostata nel duomo, visto l’arrivo di una burrasca e le condizioni strutturali pietose dell’edificio religioso, sul punto di crollare. L’indomani, passata la bufera, la popolazione si recò sul promontorio e notò con meraviglia che il santuario aveva resistito allo sferzare dei flutti. E che il simulacro della Madonna era tornato da solo al suo posto, sul piedistallo al centro del santuario.
Durante la Prima Guerra d’Indipendenza le truppe imperiali austriache avevano installato un piccolo comando di difesa accanto al santuario. La flotta piemontese prese a bombardare i luoghi a loro avviso strategici. Il fortino austriaco venne preso di mira il 2 giugno 1848, ma i proiettili rimbalzavano e cadevano nel mare antistante, senza recare alcun danno all’edificio. Mare che, evidentemente, vedeva di cattivo occhio le truppe dei Savoia: si ingrossò di colpo, costringendo le truppe assedianti alla ritirata.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il comando tedesco aveva stabilito che la costa adriatica fosse allagata per 15 km vero l’entroterra, destinando Caorle a rovina certa. A nulla valsero gli appelli del parroco: l’evacuazione della cittadina era già stata decisa e organizzata con tempi e modi germanici. Il 2 gennaio 1944 tutta la popolazione si riunì ai piedi della statua della Madonna invocandone l’aiuto e promettendo il restauro dell’edificio se fosse stata loro risparmiata la deportazione e distruzione dell’abitato. Dopo pochi giorni l’arciprete portò la lieta novella della revoca dell’ordine di sgombero alla popolazione.
Ma è l’evento accaduto nel settembre 1944 a segnare ancora oggi la vita religiosa dei caorlotti. Per implorare la rapida fine della Seconda Guerra Mondiale, la comunità di Caorle portò in processione la statua lignea della Madonna per le vie del centro cittadino e nelle frazioni vicine. Ma è con la navigazione in mare, con il simulacro posta al centro dell’imbarcazione appositamente addobbata (chiamata “caorlina”), che si raggiunse l’apice della celebrazione mariana. Dal 1949, terminati i lavori di restauro promessi nel 1944, si tiene, con cadenza quinquennale, la manifestazione di gratitudine alla Madonna. La caorlina a remi, che trasporta la statua, è seguita dalle barche di tutti i pescatori del luogo e insieme percorrono, salpando da porto Peschereccio, il Rio Interno e il Canale dell’Orologio, fino a giungere al santuario e riportare la statua nel luogo che ha eletto a sua dimora.
Serve che vi dica di farci un giro? Magari una seconda domenica di settembre?
