Pan di Sorc

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

Quinto Presidio Slow Food del Friuli-Venezia Giulia, l’unico prodotto di panificazione incluso nel progetto, ma che tutela, promuove e valorizza tutti gli “attori” della filiera. Si tratta del 𝙋𝙖𝙣 𝙙𝙞 𝙨𝙤𝙧𝙘, tipicità agroalimentare della zona del Gemonese che vede nell’Ecomuseo delle Acque il principale motore di recupero dei prodotti, delle tecniche di trasformazione e produzione della pagnotta. Tanto da aver depositato anche un marchio collettivo, riconosciuto dal Ministero delle Attività Produttive, che garantisce l’originalità e qualità del prodotto. Su ogni singola pagnotta si trova apposta un’ostia commestibile su cui è stampato il marchio.

La storia e l’origine del Pan di sorc si perde nel tempo. La zona del 𝙂𝙚𝙢𝙤𝙣𝙚𝙨𝙚, per la sua posizione geografica e la morfologia del territorio, è sempre stata terra di passaggio obbligato per chi si muoveva lungo le maggiori direttrici nord-sud ed est-ovest. Trovarsi ai limiti settentrionali dell’Impero Romano e meridionali dell’Impero Asburgico ha rappresentato un indubbio vantaggio ai fini della diffusione di conoscenze, tecnologie, eccellenze, usi e costumi ma anche di prodotti e merci. L’emigrazione ha segnato profondamente queste terre, obbligando padri e mariti a partire per il mondo e a riportare, al rientro, esperienze vissute e nuovi saperi.

Nasce così il Pan di sorc, un pane dolce e speziato, preparato dalle famiglie in occasione delle festività natalizie. Ogni famiglia deteneva una ricetta propria, custodita gelosamente, che prevedeva l’utilizzo di ingredienti segreti, adattati di volta in volta alle disponibilità degli ingredienti base. Non poteva mai mancare la farina di 𝙢𝙖𝙞𝙨 𝙘𝙞𝙣𝙦𝙪𝙖𝙣𝙩𝙞𝙣𝙤 (chiamato “sorc” in friulano). Tantomeno quella di segale e di frumento, frutta secca (uvetta o fichi) e semi di finocchio.

La cottura avveniva nei forni comuni del paese, oppure in quelli privati delle famiglie più benestanti. Una parte delle pagnotte toccava al fornaio, come ricompensa, mentre la parte restante veniva data in dono ai bambini o consumata durante le festività invernali.

L’economia rurale e di sussistenza delle zone collinari e pedemontane del Gemonese, è stata a lungo sostenuta dalla coltivazione della segale, del frumento tenero e soprattutto del mais. Ed è proprio una varietà di mais, il “cinquantino” che caratterizza il Pan di sorc. Cresce e matura in fretta, in soli 50 giorni, permettendo anche un secondo raccolto nella stessa stagione. Per le esigenze economiche delle famiglie meno abbienti, questo aspetto rappresentava un introito aggiuntivo.

Il progressivo abbandono della coltivazione di questo mais a ciclo vegetativo breve, il cambiamento dei gusti alimentari e l’utilizzo, nell’industria panificatrice, di prodotti a più alta resa e meglio commerciabili, hanno relegato il Pan di sorc a un consumo quasi del tutto casalingo. Sono proprio a queste famiglie, detentrici orgogliose della conoscenza della materia prima, della ricetta e delle tecniche di trasformazione che il progetto Slow Food ha dedicato tante attenzioni per un recupero attento e rispettoso delle tradizioni del Pan di sorc.

Dalla foto allegata a fondo spiegone, si apprezzano le misure della pagnotta. E’ tonda e alta pochi centimetri. La crosta è scura, in netto contrasto con la mollica gialla, colore conferitole dal ‘sorc’, mentre l’odore richiama la polenta. Si consumava sia nella versione dolce, come pietanza singola, o salata in accompagnamento ai salumi. Anche da secca, la pagnotta può essere utilizzata, rispettando la filosofia friulana del “non si butta via niente”. Lo si inzuppa nel latte, ed ecco che torna morbido. Oppure lo si usa come ingrediente del ‘Crafùt’. Una polpetta fatta di fegato e reni di maiale, pan grattugiato, uva passa, scorze di limone ed arancia e mele a cubetti.

Il progetto di recupero non solo del mais cinquantino, ma di tutta la filiera che dalla semina conduce alla vendita del prodotto, è stato affidato all’Ecomuseo delle Acque che si prodiga proprio nel territorio pedemontano del Gemonese per la tutela di piccoli coltivatori, mugnai, fornai e distributori coinvolti nel progetto Slow Food. Sono tutti professionisti che si attengono al disciplinare che definisce ingredienti, materie prime, tecniche di produzione e lavorazione sostenibili, nonché interventi di divulgazione e di consumo consapevole ed etico. Il territorio su cui operano si circoscrive nei comuni di Gemona, Artegna, Buja, Majano, Montenars e Osoppo, tutti della (ex) provincia udinese.

Per conferire organicità ai vari ‘attori’ del Pan di sorc, è nata l’𝙖𝙨𝙨𝙤𝙘𝙞𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙤𝙢𝙤𝙣𝙞𝙢𝙖, con sede a Gemona. I 𝙘𝙪𝙨𝙩𝙤𝙙𝙞 dei grani antichi sono Fernanda Fachin, Etelca Ridolfo, Gianpaolo Chendi; i produttori di 𝙜𝙧𝙖𝙣𝙚𝙡𝙡𝙚 sono Fiorindo Mazzolini, Enrico Fabbro, Marco Di Luca; il 𝙢𝙪𝙡𝙞𝙣𝙤 di riferimento è il Mazzolini di Socchieve; il 𝙛𝙤𝙧𝙣𝙤 di riferimento è l’Arcano di Rive d’Arcano. L’associazione garantisce la certificazione biologica di tutte le materie prime utilizzate e supporta sia le piccole realtà produttive che il consumatore finale. Si occupa attivamente anche di ricerca e recupero di antiche varietà di cereali, di organizzazione di eventi di formazione e degustazione, di trasmettere saperi e memorie al consumatore finale.

L’apposizione del marchio su ogni singola pagnotta rende immediata l’identificazione del prodotto e della sua alta qualità. L’uso del marchio non autorizzato dall’Associazione è illecito e sanzionabile.

Termino lo spiegone con la doverosa ricetta (del fornaio Domenico Calligaro) e i passaggi per poter assaggiare, con i dovuti tempi e le necessarie attese, un Pan di sorc tradizionale.

Ingredienti:

100 g di acqua,
100 g di lievito madre (o 25 g di lievito di birra),
50 g di zucchero,
50 g di farina di segale,
100 g di farina di cinquantino macinata fina,
200 g di farina di frumento tenero,
50 g di fichi secchi o uvetta sultanina,
a piacere un pizzico di cannella
alcuni semi di finocchio selvatico

Si mescolano farina di segale e frumento, a cui si aggiunge il lievito madre e l’acqua. Si impasta il tutto a mani nude. L’impasto è messo a riposare per almeno una notte, sotto a un canovaccio che lo preservi da correnti d’aria. Al contempo bisogna mettere in ammollo i semi di finocchio in acqua bollente, per la notte.

Completato il periodo di riposo dell’impasto, lo si pesa, perché la quantità di cinquantino dev’essere precisamente del 40%. Questo è poi bagnato con l’acqua dell’ammollo dei semi di finocchio, leggermente scaldata, fino ad ottenere una ‘polentina’. L’impasto bianco (quello che ha riposato) va posto su una spianatoia e schiacciata. La farina di cinquantino va sparsa sopra alla schiacciata di impasto bianco e si procede, sempre a mani nude, a lavorare il tutto con tanto entusiasmo. Quando l’impasto è nuovamente liscio, va schiacciato per permettere l’aggiunta di fichi a pezzetti, uva passa, cannella, zucchero, sale. L’impasto dev’essere nuovamente lavorato fino ad ottenere una sfera liscia, che va divisa in 4 parti.

Pagnotte troppo grandi cuociono male e in maniera non uniforme, rischiando di lasciare il centro troppo umido; meglio farne quattro dai volumi più contenuti. Bisogna attendere altre due ore, il tempo che le pagnotte riposino, spolverate di farina di mais e coperte da un canovaccio. Al termine dell’ultimo riposo, il fornaio incide ‘la croce della benedizione’ sulla superficie e inforna il prodotto in un forno, che secondo disciplinare, è rigorosamente a legna (ma il forno elettrico di casa nostra sopperisce egregiamente). La cottura si protrae per 40 minuti a 180°C al termine della quale si estraggono le pagnotte dall’aspetto e dal profumo caratteristico.

Assaggiatelo, il Pan di sorc; attendo i vostri commenti.

Pan di sorc
Pan di sorc