Pesce piatto

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

Sono certa che tutti noi conosciamo almeno un 𝘗𝘭𝘦𝘶𝘳𝘰𝘯𝘦𝘤𝘵𝘪𝘧𝘰𝘳𝘮𝘦𝘴 e gran parte di noi ne ha mangiato uno. Dall’etimologia del nome possiamo dedurre di che organismo si tratti. ‘Pleura’, greco = lato, costola; ‘nektos’, greco = nuotare; ‘forma’, latino = forma. Quindi, un odine di esseri viventi che nuotano di lato. I 𝙥𝙚𝙨𝙘𝙞 𝙥𝙞𝙖𝙩𝙩𝙞: sogliole, sgombri, platesse, rombi, halibut. Tutti accomunati da una forma corporea singolare, per lo meno in età adulta.

Formano 11 famiglie (secondo altri sono 16) e circa 800 specie diverse. Gran parte di essere vivono in acque saline, alcune – una ventina – sono indecise tra acqua salata e dolce, e quattro si sono adattate all’ambiente di acqua dolce.

Il pesce piatto nasce con forme affusolate, simmetrici e dall’aspetto comune ad altre migliaia di specie di pesci. Nuota in verticale, col dorso verso l’alto e il ventre verso il basso, salvo capriole. Si avvicina al pelo dell’acqua, come anche al fondo del bacino idrico. La sua colorazione è uniformemente distribuita su tutto il corpo.

Dopo circa sei settimane si iniziano a notare sostanziali cambiamenti nella forma e nel colore del pesce. Ma soprattutto nei suoi movimenti e postura.

Innanzitutto il giovane pesce piatto inizia 𝙣𝙪𝙤𝙩𝙖𝙧𝙚 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙩𝙤, sbilanciato, col lato destro rivolto verso la luce e il sinistro verso il fondo. In poco tempo il corpo inizia ad appiattirsi. Ricercatori hanno recentemente scoperto che il lato destro del pesce, quello rivolto verso l’alto, contiene pigmenti cutanei in quantità maggiore rispetto al lato sinistro. I pigmenti catturano la luce del sole e aggiustano selettivamente la presenza dell’𝙖𝙘𝙞𝙙𝙤 𝙧𝙚𝙩𝙞𝙣𝙤𝙞𝙘𝙤.

Questo acido influenza le azioni dell’ormone tiroideo che sovrintende solitamente all’identificazione delle parti dell’organismo nello spazio esterno. Decide insomma, qual è il sopra, il sotto, il davanti e il dietro dell’essere vivente in formazione. Ma solitamente lo fa in fase embrionale. Nel pesce piatto lo fa un pò dopo.

Mano mano che il corpo del pesce assume forme sempre più sottili, anche l’occhio posto a sinistra 𝙢𝙞𝙜𝙧𝙖 in posizione più funzionale, cioè in direzione di quello destro. Infatti, per chi non lo sapesse, i pesci piatti vivono sul fondo del mare o lago che sia. Un occhio piantato nella melma o nella sabbia non adempie agli scopi per cui si è generato, dopo millenni di selezione naturale. I pesci piatti meritano due occhi funzionanti anche perché cadono vittime di un gran numero di predatori, uomo incluso.

La 𝙢𝙚𝙩𝙖𝙢𝙤𝙧𝙛𝙤𝙨𝙞 prevede trasformazioni strutturali del cranio, dovendo alloggiare l’occhio sinistro in una sede diversa. Invece muso e bocca rimangono nella sede “classica”. La trasformazione si può considerare conclusa quando il pesce nuota in posizione orizzontale e si adagia sul fondo marino. Gli occhi sporgono leggermente al di sopra della cute, in modo da osservare il circondario anche restando completamente sepolti nella sabbia.

Ma non basta. Il corpo assume colori diversi: la parte sinistra, a contatto col fondo marino, diventa bianco. Anche in tal senso il risparmio di energia, avvenuto per selezione naturale, è massimizzato. Inutile sfoggiare livree sgargianti se si appoggia sempre lo stesso lato a terra. E soprattutto, durante una mareggiata o una fuga precipitosa, rivolgere a un potenziale predatore, che nuotasse al di sotto della preda, un lato vivacemente colorato comporterebbe una facile identificazione. E’, ai fini della sopravvivenza, più utile mantenere un basso profilo e un colore più simile possibile al cielo riverberato nelle onde del mare.

Cioè bianco o al massimo giallastro. Invece in alcune specie di pesci piatti il lato esposto alla luce del sole si riempie di cromatofori. Può quindi adattarsi all’ambiente che lo circonda, adeguando la sua livrea ai colori del fondo del mare e sparendo dalla vista dei predatori.

La prossima volta che osserverete un pesce piatto, sia in un acquario che nel vostro piatto, fatelo con occhi diversi; uno per lato, però.

ᶠᵒᵗᵒ: ʰᵗᵗᵖ://ʷʷʷ.ˢᶜᵘᵇᵃᵐᵒⁿⁱᵗᵒʳ.ⁱᵗ/ᵇˡᵒᵍ