Pestìth

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

La rassegna di presentazione dei Presidi Slow Food del Friuli VG sta volgendo al termine: mancano tre prodotti, uno più gustoso dell’altro, tutti riferibili ad una Brassicacea. Oggi è la volta del Pestìth (noto anche come 𝘗𝘢𝘴𝘵ì, 𝘗𝘦𝘴𝘵ì𝘧, 𝘗𝘢𝘴𝘵𝘪ç 𝘰 𝘗𝘦𝘴𝘵𝘪ç) che si produce nelle valli solcate dal Cellina e dal Vajont. Prealpi Carniche, quindi, localizzate nell’ex provincia di Pordenone.

Il Pestìth è stato per anni un alimento invernale, facilmente e a lungo conservabile, per gli abitanti delle vallate alpine, che dall’agricoltura e dalla trasformazione dei prodotti sapevano trarre il maggior beneficio, nonostante si trattasse di economia di sussistenza. E’ in pratica il risultato della macerazione della 𝙧𝙖𝙥𝙖 𝙩𝙤𝙣𝙙𝙖 𝙙𝙖𝙡 𝙘𝙤𝙡𝙡𝙚𝙩𝙩𝙤 𝙫𝙞𝙤𝙡𝙖 (Brassica rapa rotunda), ingrediente tipico della tradizione contadina del nostro territorio. A fondo spiegone, alcune indicazioni su come consumarlo al meglio.

Partiamo dall’inizio, ovviamente. Le rape sono seminate tassativamente tra il 20 e il 26 luglio oppure tra il 10 e il 15 agosto. Le due finestre temporali sono scelte dal coltivatore in base al prodotto finale che intende ottenere. Ma sono anche suggerite, come tradizione comanda, dalle fasi lunari, dalle festività di qualche santo raccomandato, dalla semina e/o raccolto di altri ortaggi. Le semine precoci favoriscono lo sviluppo delle radici, quelle tardive agevolano la crescita delle foglie. Le sementi sono conservate e selezionate dal coltivatore, testimone e custode di queste antiche conoscenze produttive. E’ lui che riconosce le rape più promettenti e le lascia fiorire, per perpetuare la genealogia l’anno successivo.

Le piantine di rapa, appena spuntate, sono protette da parassiti con cenere o macerato di ortiche. Altri lavori sono ridotti al minimo indispensabile. A seconda dell’altitudine a cui crescono le piantine, e al numero di brinate verificatesi, ha luogo la raccolta delle rape, tra fine ottobre (di preferenza a San Simone, il 28/10) e inizio novembre. Si puliscono e si lavano; quelle di calibro maggiore sono tagliate in 3 o 4 pezzi e sbollentate per un minuto all’incirca.

Il passaggio successivo prevede che il produttore ponga le rape, con le foglie, a strati in un contenitore di legno e che aggiunga sale grosso, un pò di aceto, qualche chicco di mais, un ultimo strato di foglie di verza sbollentate e acqua di cottura quanto basta per coprire i tuberi. Per impedire all’aria di ossidare le rape, il contenitore è chiuso da un coperchio sul quale è posta una pietra a mò di pressa. Ad alcuni giorni di distanza si verifica che la macerazione sia iniziata ed eventualmente si rabbocca con acqua.

Il processo di macerazione dura dai due ai tre mesi: le rape chiuse nel loro contenitore e poste in un luogo freddo, attendono il periodo natalizio per essere trasformate. Per ottenere il famoso Pestìth, le rape vanno pestate sulla 𝘱𝘦𝘴𝘵𝘢𝘴𝘴𝘢, o 𝘱𝘦𝘴𝘵𝘢𝘵𝘩𝘢 – un robusto tagliere di legno duro – utilizzando un pesante 𝘮𝘢𝘯𝘢𝘳ù𝘰𝘭 (o 𝘮𝘢𝘯𝘢𝘳ì𝘯, 𝘮𝘢𝘯à𝘳𝘢). L’utilizzo di entrambi gli strumenti, il tagliere e il coltello, garantiscono la rottura dei filamenti delle foglie di rapa.

La tecnica di lavorazione della rapa è stata acquisita, consolidata e tramandata da chi, la macerazione di prodotti agroalimentari, l’ha sempre praticata. Antichi saperi che si stavano perdendo per numerosi fattori interni ed esterni alle vallate dov’erano solitamente praticati da secoli. Emigrazione, spopolamento, globalizzazione, agricoltura intensiva, ottimizzazione delle produzioni; l’elenco è lungo. L’associazione Slow Food ha compreso appieno il valore della filiera di produzione del Pestìth e il rischio di perderla.

Agricoltori e ristoratori, spronati dall’associazione, hanno dunque deciso di rilanciarne la tradizione, ben consapevoli che la tutela della filiera avrebbe avuto ricadute benefiche e vantaggiose su tutto l’ambito territoriale interessato. Non solo si tutela il piccolo coltivatore, il trasformatore e il consumatore del Pestìth, ma si incentiva anche la cura e manutenzione delle aree coltivate, così fragili nelle realtà montane. E, promuovendo realtà economiche positive nel luogo di produzione, si rallenta anche lo spopolamento della montagna.

Il Pestìth lo trovate tutto l’anno, opportunamente conservato; i produttori sono sparsi su tutto il territorio coinvolto dal Presidio. Qui l’elenco: https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/pestith/

Il Pestìth è ottimo accompagnato a carni saporite, servito con polenta di mais o come ingrediente del soffritto.

Ed ecco la ricetta classica che vi farà venire l’acquolina in bocca:

“Le rape e le foglie sminuzzate – con 𝘱𝘦𝘴𝘵𝘢𝘴𝘴𝘢 e 𝘮𝘢𝘯𝘢𝘳ù𝘰𝘭 – sono soffritte nel burro, oppure in olio, aglio, cipolla, sale e pepe e qualche volta anche lardo. La cottura dura circa due ore; a dieci minuti dal termine si aggiunge una sorta di polentina liquida, chiamata 𝘴𝘤𝘰𝘵, 𝘣𝘳𝘰𝘶𝘵, 𝘴𝘶𝘧 𝘰 š𝘶𝘧 a seconda delle zone. In alcuni casi, per insaporire maggiormente il Pestìth, si aggiunge e mescola al tutto anche della carne di maiale. Ad accompagnare il Pestìth in tavola c’è sempre del buon musetto, salsiccia e/o il salame grasso.”

Pestìth (foto tratta da Facebook)
Pestìth, l’ingrediente principale (foto tratta da Facebook)