Pilacorte

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

“Giovanni Antonio Bassini de Pillacurte de Carona de la val de Lugan” vi riaccende un ricordo? Ammetto che ho faticato non poco per cogliere gli unici due epiteti utili nella sfilza appena elencata. Pillacurte e Lugan. Beh, Lugan per campanilismo e Pillacurte per assonanza con Pilacorte. Ora sono sicura di aver risvegliato in voi la curiosità.

Quindi il Pilacorte, che di cognome fa Bassini, nasce nel 1455 sul lago di Lugano, a Carona (facente parte del ducato di Milano). Carona è una fucina di artisti in molteplici campi: scalpellini, pittori, scultori, che dopo una prima e accurata formazione in patria prendono il largo. Pilacorte giunge a Spilimbergo nel 1480 circa, con la moglie Perina e i due figli, ancora piccoli, Anna e Alvise (o Aloisio).

Oppure viene ingaggiato, sempre a cavallo degli anni 1480 – 1481, per l’esecuzione del portale della cattedrale di Aqui Terme (Alessandria) ed alcuni lavori, datati 1509-1510, al castello di La Calahorra (Cadice) in Spagna? L’ubiquità non è di questa Terra e si tratta verosimilmente di una caso di omonimia. Tesi corroborata dal fatto che al Pilacorte piemontese e/o spagnolo erano state affidate opere di un certo spessore e importanza e i committenti difficilmente avrebbero scelto un “novellino”, dalla fama ancora incerta, per coordinare, eseguire e ultimare opere così impegnative.

Al Pilacorte – quello spilimberghese d’adozione – vengono attribuite le prime notizie storiche databili al 1490, grazie a un’opera realizzata e ancora conservata in terra friulana. Si tratta del fonte battesimale della chiesa di S. Pietro a Travesio, danneggiato nel 1882 da un fulmine, ma tutt’ora presente all’ingresso dell’edificio sacro. Altri fonti battesimali li troviamo a Spilimbergo, nel Duomo, eseguito attorno al 1492 e a Sequals, nella chiesa di S. Nicolò (1497), giusto per citarne alcuni.

Nella sua bottega di Spilimbergo insegna a numerosi e volenterosi giovani l’arte e le tecniche scultoree apprese in terra lombarda. I critici lo definiscono un autore incostante ma curioso, sempre pronto a recepire le novità e le tendenze artistiche del periodo. Nonostante la sua povertà stilistica e la sua espressività aspra e ordinaria, riesce a spaziare dal cupo stile gotico a quello esuberante rinascimentale. I particolari che colpiscono me, povera ignorante in materia, sono i 𝙥𝙪𝙩𝙩𝙞 𝙚 𝙞 𝙘𝙝𝙚𝙧𝙪𝙗𝙞𝙣𝙞 𝙖𝙡𝙖𝙩𝙞, quasi onnipresenti nelle opere del Pilacorte.

I loro volti esprimono serenità – a volte appaiono addirittura assonnati o stralunati – ma anche vivace curiosità per ciò che i loro occhietti colgono dalle loro posizioni privilegiate. Compaiono sui fusti delle acquasantiere, nell’atto improbabile di sorreggerne il pesante bacile. O ancora a conferire vita e anima ad un altrimenti sterile reggicandelabro. Oppure come motivi ornamentali che spezzino le scene scultoree.

Altra caratteristica che rende piuttosto facile l’attribuzione delle numerose opere del Pilacorte sparse in Terra Friulana: la sua firma, le date di inizio e fine lavori, il nome del committente e addirittura il motivo per cui l’opera è stata richiesta all’artista.

Ma anche il materiale scelto dallo scultore testimonia il suo profondo attaccamento e conoscenza delle eccellenze del territorio che lo ha benevolmente adottato. Gran parte del 𝙢𝙖𝙩𝙚𝙧𝙞𝙖𝙡𝙚 𝙡𝙖𝙥𝙞𝙙𝙚𝙤, utilizzato dal Pilacorte proviene da tre cave della pedemontana pordenonese: la “Fassor” di Travesio, la “Racli” di Meduno e la “Spessa”, oggi posta a confine tra i comuni di Clauzetto e Castelnuovo del Friuli.

Per evitare un elenco sterile – ma ben nutrito – di luoghi in cui ammirare le opere del Pilacorte, allego la mappa, tratta dall’ottimo sito dedicato all’antica pieve di Vito d’Asio: https://www.anticapievedasio.it/b/it/c/155998/la-mappa-delle-opere

Mi aspetto di incontrarvi, cartina alla mano, a scovare angioletti, tralci di vite, balaustre, lunette e portali d’ingresso a luoghi di culto scolpiti dall’artista. Vi suggerisco caldamente di iniziare da una pieve in particolare: quella di San Martino, posta lungo l’antico tracciato che collega ancora oggi Vito d’Asio a Clauzetto. L’altare è di una bellezza imponente e i recenti lavori di restauro ne hanno riportato agli antichi splendori i colori e le fattezze originali.

Proprio alla pieve di San Martino il Pilacorte offre un lascito testamentario perché si celebri, ogni anno alla vigilia di san Martino, una messa in suffragio per lui e sua moglie Perina. Nello stesso testamento, datato 21 novembre 1531, lascia ogni suo bene ai nipoti, figli di Anna e del marito di lei, Donato Casella, scultore pure lui. Muore pochi giorni dopo a Pordenone.

Suggerisco da ultimo la lettura di questo interessante ed emozionante articolo. Tratta del recente ritrovamento di un frammento dell’altare della chiesa di Clauzetto, che si credeva perduto in seguito al terremoto del 1976. https://www.academia.edu/41092595/Il_Pilacorte_ritrovato

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L'altare del Pilacorte, pieve di San Martino
L’altare del Pilacorte, pieve di San Martino