๐๐จ ๐ฌ๐๐ฉ๐๐ฏ๐ข ๐๐ก๐?
In Friuli VG ospitiamo un elevato numero di specie endemiche, e ho accennato ad alcune di esse. Ma abbiamo anche la fortuna di annoverare ๐จ๐ฅ๐๐๐๐ ๐ซ๐๐๐๐ง๐๐๐ฃ๐ฉ๐. Cosa sono?
Sono vegetali (ma anche animali) di specie simili, ma che occupano areali ben distinti e difficilmente si sovrappongono. Nel caso dei vegetali, due specie vicarianti crescono bene su terreni geologicamente e chimicamente diversi, ma che possono essere contigui.
Lo spiegone si incentra sul ๐ง๐ค๐๐ค๐๐๐ฃ๐๐ง๐ค, di cui le due specie ๐๐ง๐จ๐ช๐ฉ๐ค (๐๐ฉ๐ฐ๐ฅ๐ฐ๐ฅ๐ฆ๐ฏ๐ฅ๐ณ๐ฐ๐ฏ ๐ฉ๐ช๐ณ๐ด๐ถ๐ต๐ถ๐ฎ) e ๐๐๐ง๐ง๐ช๐๐๐ฃ๐๐ค (๐๐ฉ๐ฐ๐ฅ๐ฐ๐ฅ๐ฆ๐ฏ๐ฅ๐ณ๐ฐ๐ฏ ๐ง๐ฆ๐ณ๐ณ๐ถ๐จ๐ช๐ฏ๐ฆ๐ถ๐ฎ) sono appunto vicarianti. Ad esempio, sulle pendici del Matajur, laddove la pedologia (lo studio dei diversi tipi di terreni) ha definito con precisione in quali aree siano presenti rocce carbonatiche – quindi basiche – e rocce silicee – acide – troviamo entrambe le specie. E crescono su zone confinanti, che svelano, di conseguenza, la geologia e la chimica del sottosuolo.
Distinguere le due specie รจ abbastanza semplice, senza dover scavare via il cotico erboso.
Il ferrugineo ha la faccia inferiore delle foglie di un colore tendente proprio al color ruggine, mentre l’irsuto presenta lungo i margini delle foglie numerosi peletti.
Hanno entrambi portamento cespuglioso e sono comunemente chiamati “rosa delle Alpi”.
E ora vi confondo le idee, perchรฉ i due rododendri hanno anche un lontano cugino, il ๐ง๐ค๐๐ค๐๐๐ฃ๐๐ง๐ค ๐๐๐จ๐ฉ๐๐ฃ๐ค, da alcuni erroneamente classificato nello stesso genere. Invece quest’ultimo appartiene al genere ๐๐ฉ๐ฐ๐ฅ๐ฐ๐ต๐ข๐ฎ๐ฏ๐ถ๐ด, ma condivide quasi gli stessi areali dei rododendri di cui sopra. A osservarlo con cura, le differenze saltano agli occhi anche dei meno esperti. Le foglie non sono oblunghe e lanceolate come i rododendri, ma piรน piccole e cespugliose. Anche il fiore (rosa) del cistino รจ sostanzialmente diverso dall’irsuto e dal ferrugineo (piรน tendenti al rosso e al purpureo).
E visto che mi sono capitate sotto agli occhi due leggende che narrano del colore dei fiori del rododendro, ve le riporto.
C’era una volta, in una remota vallata alpina, una donzella di rara bellezza. I giovanotti baldanzosi anelavano ad ottenere anche un solo sguardo benevolo dalla ragazza, ma lei era di famiglia ricca e non poteva certo accasarsi con uno di loro. Ne scelse uno, solo per capriccio, e gli chiese di andare in cima alla montagna piรน alta a cogliere un mazzo di fiori rosa, come pegno d’amore. Che si trattasse del cistino?
Ad ogni modo il predestinato, forse ignaro delle reali intenzioni della fanciulla, partรฌ a scalare le vette fiorite. Quando ebbe raccolto un bel mazzolino, si affrettรฒ a scendere a valle, ma inciampรฒ e precipitรฒ rovinosamente verso valle. Il suo urlo di dolore giunse alle orecchie della donzella che, pentitasi della sua arroganza e superficialitร , corse incontro al ragazzo. Lo trovรฒ mentre spirava, con le mani strette attorno al mazzolino. I fiorellini rosa, macchiati dal sangue del giovane, assunsero un colore rosso intenso. E da allora il rododendro รจ chiamato anche “rosa dei morti”.
Ma la storia che mi piace decisamente di piรน racconta di un principe, de suo castello e di una fanciulla triste.
C’era un tempo lontano, in cui i principi abitavano nei castelli di ghiaccio costruiti nelle altissime vallate alpine. Il principe del racconto amava farsi lunghe passeggiate per i boschi e i prati del suo regno. Era benevolo con tutti, giusto ed equo, e benvoluto. Un giorno si spinse oltre i confini del suo regno e vide seduta su un prato una bellissima fanciulla. Lei ricambiรฒ lo sguardo e il principe si innamorรฒ seduta stante. Avrebbe voluto portarla al castello immediatamente e sposarla, ma la fanciulla scosse la testa. Le era stato assegnato un compito dal destino: essere portatrice di primavera. In luoghi cosรฌ impervi come le vette e i versanti piรน elevati delle Alpi, dove i fiori non crescono, lei non avrebbe potuto sopravvivere. Il principe se ne tornรฒ al castello col cuore spezzato.
Sua madre, la regina, se ne accorse e volle interrogare i saggi e le maghe delle montagne, per trovare una soluzione al mal d’amore che affliggeva l’amato figlio. Percorse vette, sentieri scoscesi, ghiaioni inospitali, pietraie aride cosรฌ a lungo, senza vedere soddisfatte le sue domande. Le si erano consumate le calzature e la fatica, unita al dolore per il figlio in pena, le avevano impedito di accorgersi che ormai avanzava lasciandosi dietro impronte di piedi insanguinati. Tornรฒ al castello priva di speranze e rassegnata a non potere rendere nuovamente felice il figlio. Questi, accogliendola dopo il lungo peregrinare, vide che le impronte lasciate dalla regina, rosse di sangue, si stavano coprendo di fiori dello stesso colore.
Fu cosรฌ che lungo i sentieri, i ghiaioni, le petraie, le vette innevate, percorse dalla madre, erano spuntati estesi cespugli fioriti. E apparve anche la donzella al cospetto del principe: i fiori nati dal sacrificio della regina avevano permesso alla primavera di salire fin lassรน e quindi lei avrebbe potuto ottemperare al compito a cui era stata destinata. I due si sposarono e furono felici fino alla fine del loro tempo.
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