๐๐จ ๐ฌ๐๐ฉ๐๐ฏ๐ข ๐๐ก๐?
Il Monte di Muris (o di Ragogna) รจ una solitaria elevazione di roccia conglomeratosa, dalla forma facilmente riconoscibile. Il versante settentrionale รจ dirupato e si getta a capofitto nel sottostante alveo del Tagliamento. Ricordo, per chi non avesse letto il mio spiegone (questo: https://www.tangia.it/aonedis/ ) che fino a 12’000 anni fa in quell’alveo scorrevano solamente due torrenti (il Forgร rico e l’Arzino). Il Tagliamento si รจ insediato dopo lo scioglimento dell’ultimo ghiacciaio – il Wรผrmiano – che ha coperto anche il Friuli fino a circa 11’700 anni fa.
Il versante meridionale del monte invece รจ meno impervio e permetteva l’instaurarsi di prati e pascoli, frutteti e vigneti. Il rilievo รจ stato sfruttato, sia per la sua posizione che per la conformazione, per scopi di controllo del territorio, di difesa delle vie commerciali, bellici in occasione della ritirata di Caporetto. Specie quest’ultimo evento ha segnato profondamente il monte di Muris. Sono innumerevoli le postazioni belliche che solcano, bucano, si celano nelle viscere del rilievo. E non nascondo l’angoscia che provo, ogni volta che mi trovo per trincee, capisaldi, polveriere: no oso immaginare i rumori, gli odori, il terrore e il dolore causati dalla cieca aviditร , arroganza e ignoranza dell’Uomo.
Salgo sulla cresta del monte di Muris soprattutto per ammirare la vasta e sconfinata bellezza della Natura che ci circonda. E la pace che regna in alcuni luoghi, dove altri uomini hanno assaporato la medesima requie dagli affanni quotidiani.
Sul promontorio orientale, oltre al caposaldo trincerato denominato “Cret dal Louf” (roccia del lupo) e alla splendida chiesetta di San Giovanni in Monte, possiamo scorgere i resti di un edificio segnato dal trascorrere degli anni. Si tratta del romitorio di San Giovanni in Monte. O meglio, ciรฒ che ne resta.
Cos’รจ un romitorio? Il dizionario lo definisce “๐ถ๐ฏ ๐ญ๐ถ๐ฐ๐จ๐ฐ ๐ฅ๐ฐ๐ท๐ฆ ๐ด๐ช ๐ณ๐ช๐ต๐ช๐ณ๐ข๐ฏ๐ฐ ๐จ๐ญ๐ช ๐ฆ๐ณ๐ฆ๐ฎ๐ช๐ต๐ช ๐ข ๐ฑ๐ณ๐ฆ๐จ๐ข๐ณ๐ฆ ๐ฆ ๐ข ๐ฑ๐ฆ๐ฏ๐ต๐ช๐ณ๐ด๐ช; ๐ด๐ฐ๐ญ๐ช๐ต๐ข๐ณ๐ช๐ฐ, ๐ฑ๐ณ๐ช๐ท๐ฐ ๐ฅ๐ช ๐ค๐ฐ๐ฎ๐ง๐ฐ๐ณ๐ต; ๐ช๐ด๐ฐ๐ญ๐ข๐ต๐ฐ, ๐ช๐ฏ๐ฐ๐ด๐ฑ๐ช๐ต๐ข๐ญ๐ฆ”. E a cercare notizie in loco e sul web, effettivamente dev’essere stato un posticino poco richiesto. Dubito ci fosse la ressa o l’overbooking.
Ma andiamo per ordine, come al solito. Il Friuli conosce il fenomeno dell’๐๐ง๐๐ข๐๐ฉ๐๐๐๐๐ค – o eremitismo – verso la fine del XVI secolo, anche se alcuni luoghi, sottoposti a indagini storiche e archeologiche, antepongono l’arrivo dei primi eremiti in regione di alcuni secoli. Giusto per citarne due, elencati sull’ottimo sito https://eremos.eu/ : la grotta di San Servolo in Val Rosandra (III secolo d.C.) e la grotta di San Giovanni d’Antro a Pulfero (VI secolo d.C.).
Dallo stesso sito riporto: ๐โ๐ฆ๐ณ๐ฆ๐ฎ๐ช๐ต๐ช๐ด๐ฎ๐ฐ (๐ฐ ๐ท๐ช๐ต๐ข ๐ฏ๐ฆ๐ญ ๐ฅ๐ฆ๐ด๐ฆ๐ณ๐ต๐ฐ) ๐ฎ๐ถ๐ฐ๐ท๐ฆ ๐ช ๐ฑ๐ณ๐ช๐ฎ๐ช ๐ฑ๐ข๐ด๐ด๐ช ๐ต๐ณ๐ข ๐ช๐ญ ๐๐๐ ๐ฆ๐ฅ ๐ช๐ญ ๐๐ ๐ด๐ฆ๐ค๐ฐ๐ญ๐ฐ, ๐ฒ๐ถ๐ข๐ฏ๐ฅ๐ฐ ๐ด๐ช ๐ข๐ท๐ท๐ฆ๐ณ๐ต๐ฆ ๐ญ๐ข ๐ฏ๐ฆ๐ค๐ฆ๐ด๐ด๐ช๐ต๐ข’ ๐ฅ๐ช ๐ฆ๐ด๐ต๐ณ๐ข๐ฏ๐ช๐ข๐ณ๐ด๐ช ๐ง๐ช๐ด๐ช๐ค๐ข๐ฎ๐ฆ๐ฏ๐ต๐ฆ ๐ฅ๐ข๐ญ ๐ฎ๐ฐ๐ฏ๐ฅ๐ฐ ๐ฆ ๐ฅ๐ข๐ญ๐ญ๐ข ๐ด๐ฐ๐ค๐ช๐ฆ๐ต๐ข’ ๐ฑ๐ฆ๐ณ ๐ข๐ฏ๐ฅ๐ข๐ณ๐ฆ ๐ข ๐ท๐ช๐ท๐ฆ๐ณ๐ฆ ๐ช๐ฏ ๐ญ๐ถ๐ฐ๐จ๐ฉ๐ช ๐ณ๐ฆ๐ฎ๐ฐ๐ต๐ช ๐ฆ ๐ช๐ด๐ฐ๐ญ๐ข๐ต๐ช, ๐ฅ๐ฆ๐ฅ๐ช๐ค๐ข๐ฏ๐ฅ๐ฐ๐ด๐ช ๐ข๐ญ๐ญ๐ข ๐ค๐ฐ๐ฏ๐ต๐ฆ๐ฎ๐ฑ๐ญ๐ข๐ป๐ช๐ฐ๐ฏ๐ฆ, ๐ข๐ญ๐ญ๐ข ๐ฎ๐ฆ๐ฅ๐ช๐ต๐ข๐ป๐ช๐ฐ๐ฏ๐ฆ ๐ฆ๐ฅ ๐ข๐ญ๐ญ๐ข ๐ฑ๐ณ๐ฆ๐จ๐ฉ๐ช๐ฆ๐ณ๐ข. ๐๐ฏ ๐ฑ๐ณ๐ช๐ฏ๐ค๐ช๐ฑ๐ช๐ฐ ๐ท๐ฆ๐ฏ๐จ๐ฐ๐ฏ๐ฐ ๐ฑ๐ณ๐ช๐ท๐ช๐ญ๐ฆ๐จ๐ช๐ข๐ต๐ช ๐จ๐ญ๐ช ๐ข๐ฎ๐ฃ๐ช๐ฆ๐ฏ๐ต๐ช ๐ฏ๐ข๐ต๐ถ๐ณ๐ข๐ญ๐ช, ๐ค๐ฐ๐ฎ๐ฆ ๐ญ๐ฆ ๐จ๐ณ๐ฐ๐ต๐ต๐ฆ ๐ฐ ๐จ๐ญ๐ช ๐ข๐ฏ๐ง๐ณ๐ข๐ต๐ต๐ช ๐ฅ๐ฆ๐ญ๐ญ๐ข ๐ฎ๐ฐ๐ฏ๐ต๐ข๐จ๐ฏ๐ข, ๐ด๐ช๐ข ๐ฑ๐ถ๐ณ๐ฆ ๐ฑ๐ณ๐ฐ๐ต๐ฆ๐ต๐ต๐ช ๐ฆ ๐ฎ๐ช๐จ๐ญ๐ช๐ฐ๐ณ๐ข๐ต๐ช ๐ค๐ฐ๐ฏ ๐ด๐ฆ๐ฎ๐ฑ๐ญ๐ช๐ค๐ช ๐ฐ๐ฑ๐ฆ๐ณ๐ฆ ๐ฎ๐ถ๐ณ๐ข๐ณ๐ช๐ฆ (๐ฑ๐ช๐ฆ๐ต๐ณ๐ฆ ๐ข ๐ด๐ฆ๐ค๐ค๐ฐ) ๐ฑ๐ฐ๐จ๐จ๐ช๐ข๐ต๐ฆ ๐ข๐ญ๐ญ๐ข ๐ณ๐ฐ๐ค๐ค๐ช๐ข, ๐ฑ๐ฆ๐ณ ๐ข๐ณ๐ณ๐ช๐ท๐ข๐ณ๐ฆ ๐ฑ๐ฐ๐ช ๐ช๐ฏ ๐ฆ๐ฑ๐ฐ๐ค๐ข ๐ฎ๐ฆ๐ฅ๐ช๐ฆ๐ท๐ข๐ญ๐ฆ ๐ข ๐ด๐ต๐ณ๐ถ๐ต๐ต๐ถ๐ณ๐ฆ ๐ฑ๐ชรน ๐ข๐ณ๐ต๐ช๐ค๐ฐ๐ญ๐ข๐ต๐ฆ ๐ฆ ๐ค๐ฐ๐ฎ๐ฑ๐ญ๐ฆ๐ด๐ด๐ฆ.
Il romitorio del monte di Muris vanta una prima testimonianza scritta datata 27 giugno 1298, quindi medioevo. In quell’occasione alcuni nobili di Ragogna concedono ai fratelli Lurico e Dietrico, di evidenti origini tedesche – il diritto di insediarsi presso la chiesa di San Giovanni in Monte (l’attuale chiesetta alpina). E di fondare la prima Confraternita locale chiamata “๐๐๐ง๐ซ๐ ๐๐๐ก๐ก๐ ๐พ๐๐๐๐จ๐ ๐๐ ๐๐๐ฃ ๐๐๐ค๐ซ๐๐ฃ๐ฃ๐ ๐๐ฃ ๐๐ค๐ฃ๐ฉ๐”.
In un successivo contratto di compravendita di Bertoldo di Moravia, datato anno 1312, si menziona tale “๐๐ถ๐ค๐ช๐ฐ ๐ฅ๐ฆ๐ญ ๐๐ฐ๐ฏ๐ต๐ฆ ๐ฅ๐ช ๐๐ข๐จ๐ฐ๐จ๐ฏ๐ข”, probabile responsabile della Confraternita in quegli anni. Il secolo successivo vede il romitorio e la Confraternita ad esso collegato crescere di importanza, tanto che le comunitร ragognesi elargiscono donazioni in denaro e beni agli eremiti che se ne curano.
E’ del 1725 un documento che cita ๐๐ช๐ถ๐ด๐ฆ๐ฑ๐ฑ๐ฆ ๐ฅ๐ฆ๐ญ๐ญ’๐ฐ๐ณ๐ฅ๐ช๐ฏ๐ฆ ๐ฅ๐ช ๐๐ข๐ฏ๐ต’๐๐จ๐ฐ๐ด๐ต๐ช๐ฏ๐ฐ, mentre quello datato 1883 nomina Giacomo Manarini da Oderzo come “๐ญ’๐ฆ๐ณ๐ฆ๐ฎ๐ช๐ต ๐ฅ๐ช ๐๐ถ๐ณ๐ช๐ด”. Quest’ultimo segna purtroppo anche l’inizio del declino della Confraternita: la comunitร di Ragogna lo caccia, essendosi lui macchiato del commercio delle indulgenze e avendo praticato, senza indicazioni della Santa Sede, esorcismi a pagamento.
Da allora fino ai giorni nostri le testimonianze scritte si perdono, segno che molto probabilmente la confraternita si รจ estinta. E il romitorio abbandonato allo scorrere del tempo e all’incuria dell’uomo.
Nell’inverno 1994-1995 il gruppo archeo-naturalistico “Reunia” del gruppo ANA di Ragogna ha messo mano ai ruderi dell’edificio. L’intento era di riportare il romitorio alle condizioni in cui si trovava a fine Ottocento.
Il risultato di tanto impegno รจ visitabile oggi. Superfluo ogni mio invito a farci una visita.
La costruzione era addossata a un imponente masso in conglomerato e presentava un unico locale. L’ingresso era rivolto a sud, per sfruttare al meglio l’insolazione e ripararsi dai venti invernali. Sulla facciata era presente un’iscrizione: “๐๐ถ๐ค๐ข๐ฎ ๐ฆ๐ถ๐ฎ ๐ช๐ฏ ๐ด๐ฐ๐ญ๐ช๐ต๐ถ๐ฅ๐ช๐ฏ๐ฆ๐ฎ ๐ฆ๐ต ๐ญ๐ฐ๐ฒ๐ถ๐ข๐ณ ๐ข๐ฅ ๐ค๐ฐ๐ณ ๐ฆ๐ช๐ถ๐ดโ (lo condurrรฒ in solitudine e
parlerรฒ al suo cuore). I resti presenti all’interno del locale ci parlano di un focolare, addossato al muro occidentale, e un sedile scavato direttamente nel masso che fungeva da parete settentrionale. Gli altri tre muri perimetrali erano costruiti a secco, utilizzando pietre reperite in loco.
In alto sul masso si possono scorgere i segni dell’incavo utilizzato per posizionare la trave in legno portante. Altre travi lignee formavano l’orditura del tetto, mentre la copertura era in paglia. Sono le stesse tecniche costruttive riscontrabili nella maggior parte degli stavoli del monte di Muris.
La pavimentazione, indagata da un’equipe archeologica, era formata da mattonelle e terra battuta. Alcuni frammenti di ceramica grezza, rinvenuti durante i prelievi, sono databili al XIV e XV secolo. Testimoniano che il romitorio era abitato sicuramente giร a quei tempi. Ma รจ ipotizzabile che i primi fruitori del luogo appartenessero ad epoche di molto antecedenti.
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