𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Il 𝘓𝘪𝘮𝘶𝘭𝘶𝘴 𝘱𝘰𝘭𝘺𝘱𝘩𝘦𝘮𝘶𝘴 è un artropode chelicerato ritenuto un “fossile vivente” perchè dei suoi avi, morti oltre 400 milioni di anni fa, si trovano numerosi fossili che testimoniano l’ampia distribuzione nell’allora enorme oceano chiamato Tetide.
L’evoluzione della specie è stata minima, facendo assomigliare moltissimo gli individui che oggi popolano le coste statunitensi dell’oceano Atlantico, ai loro antenati.
A discapito del suo nome, il limulo ha ben 10 occhi, di cui due composti laterali e 5 semplici frontali.
Il suo sangue contiene emocianina (l’equivalente della nostra emoglobina) che trasporta l’ossigeno dalle branchie ai tessuti periferici; solitamente di aspetto trasparente, a contatto con l’aria si ossida e diventa blu.
Ha anche 8 zampette con cui si muove sui fondali sabbiosi e che convogliano il cibo (molluschi e anellidi) verso il centro dell’addome dove si trova la bocca.
La parte superiore del corpo è protetta da una corazza rigida e liscia, in chitina, lunga fino a 60 cm., che rende l’animale difficilmente predabile da parte dei suoi antagonisti naturali.
Ci abbiamo pensato noi, a rendergli la sopravvivenza difficile.
La chitina della corazza viene utilizzata dall’industria cosmetica (lenti a contatto) e alimentare (prodotti per il controllo dell’assorbimento dei grassi a livello intestinale); ma la pratica “peggiore” è l’estrazione del suo sangue, che oltre ad diventare blu, ha altre caratteristiche uniche e utili per il genere umano.
Il sangue del limulo contiene una proteina gelificante – ad oggi impossibile da riprodurre in laboratorio – che coagula al contatto con i batteri gram-negativi, isolandoli dall’ambiente circostante e permettendone l’eliminazione.
In altre parole, per rilevare infezioni da determinati organismi patogeni, si mette a contatto il sangue del limulo con la sostanza da testare: al coagulo del sangue, si ha la certezza della presenza del batterio.
Dati recenti riportano che lo stesso fenomeno avviene in presenza di endotossine nelle acque, di cellule tumorali e della meningite negli organismi viventi.
Ma come si estrae il sangue dal limulo? Li si cattura a migliaia nelle notti in cui si avvicinano alle coste per la riproduzione, solitamente in primavera. Una volta consegnato ai laboratori preposti e immobilizzato, con un ago infilato nei pressi del suo cuore, da ogni individuo si munge il 30% del sangue che circola nel suo organismo.
Terminata l’estrazione, l’animale viene ributtato in mare, con un tasso di mortalità del 10/30% provocato dallo stress della pratica. E anche il tasso di riproduzione dei limuli crolla drasticamente, compromettendo il numero di individui delle generazioni future.
Il mondo scientifico afferma l’assoluta necessità dell’estrazione del sangue di limulo (sangue che può costare 15’000 $ al litro) e l’irrinunciabilità del suo uso in ambito medico/scientifico. Ma forse sarebbe più etico sovvenzionare e motivare con quelle cifre la ricerca scientifica perché ne sintetizzi un equivalente chimico che risparmi i limuli.
Nel 2018 nei pressi di Pontebba (UD) è stato rinvenuto un fossile di limulo in ottimo stato di conservazione, lungo circa 6 cm, chiamato 𝘚𝘵𝘪𝘭𝘱𝘯𝘰𝘤𝘦𝘱𝘩𝘢𝘭𝘶𝘴 𝘱𝘰𝘯𝘵𝘦𝘣𝘣𝘢𝘯𝘶𝘴. Viveva sui fondali sabbiosi del mare che, 300 milioni di anni fa, lambiva le terre friulane.
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