ππ¨ π¬ππ©ππ―π’ ππ‘π?
La mia abissale ignoranza mi lascia spesso basita: non sapere dove si trovi la ππ€π‘π‘ππ£π πππ πππ‘πππ£π Γ¨ giΓ grave. Ignorare che la toponomastica cosΓ¬ romantica nasconda un importante ritrovamento fossile Γ¨ ancora piΓΉ deplorevole. Tutto nasce da un’escursione da organizzare nei pressi di Meduno. La localitΓ “collina dei delfini” non compare nelle mappe ufficiali. Cerco in rete e trovo qualche flebile appiglio. Poi ne parlo con colleghi e mi si apre un mondo, peraltro giΓ ‘tastato’ in passato, poi mai piΓΉ rifrequentato.
Lo ππ€π©πͺπ»π°π₯π¦ππ±πͺπ΄ π΄πΆππ€π’π΅πΆπ΄ del titolo Γ¨ un π€ππ€π£π©π€πππ©π (cetaceo provvisto di denti) πππ‘πππ£π€πππ (un antenato degli attuali delfini) che rendeva insicure le acque di un mare poco profondo di alcuni anni fa. Vorace predatore, a detta dei paleontologi che hanno avuto modo di esaminare i suoi resti, Γ¨ deceduto depositandosi sul fondale marino. In brevissimo tempo il corpo Γ¨ stato ricoperto di sedimenti piuttosto fini, sabbie, argille. La decomposizione ha quindi interessato solo le parti molli dello Schizodelphis, lasciando intatte le parti ‘dure’ dell’organismo: denti e ossa.
Il tempo ha poi permesso quella trasformazione da materiale organico a inorganico, rendendo i resti del delfino dei fossili. Ma, come tendo a sottolineare di solito a chi mi ascolta, un fossile tale non Γ¨, finchΓ© non viene scoperto. ChissΓ quante migliaia, milioni di resti fossili sono a noi celati, nascosti in profonde rocce sedimentarie o in aree attualmente inaccessibili. Oppure sono andate perdute per sempre, ridotte nuovamente in polvere dello stesso scorrere del tempo che ne ha concesso la formazione.
Capiamo quindi che i fattori che portano alla fossilizzazione e alla scoperta dei fossili sono numerosi e devono giocare tutti di comune accordo (secondo la nostra solita visione antropocentrica) per farceli scoprire. Pensiamo alla tettonica delle placche, alle immani forze che sprigionano due continenti (passatemi i termini approssimativi) che si scontrano. A Preplans potete rendervi conto, coi vostri occhi, di cosa succeda a rocce formatesi milioni di anni fa, quando queste vengono compresse, strizzate, ma anche distese, alzate ed abbassate, verticalizzate quando in origine – ricordate il fondale marino? – erano orizzontali.
In prossimitΓ del ponte di Paludana, che dalla centrale elettrica di Meduno porta al borgo di Preplans, si possono ammirare in tutto il loro splendore gli strati di marne, arenarie e conglomerati sollevati ed esposti alla luce del Sole. Gli strati pressochΓ¨ verticali ad oggi visibili si sono formati tra 23 e 7 milioni di anni fa, nell’epoca geologica chiamata “Miocene”. Il mare, che allora copriva quello che oggi Γ¨ l’attuale Friuli, si estendeva fino alla Lombardia.
L’estensione di questo bacino Γ¨ confermato da ritrovamenti di fossili, appartenenti alla stessa specie del delfinoide “nostrano”, nel Bellunese, sempre riferibili a rocce mioceniche. Ma in quello che oggi Γ¨ l’alveo del Meduna, non si sono trovati solo resti di cetaceo. Passeggiando lungo le rive, costantemente erose dall’acque del fiume, si trova ben altro. Ricordandovi che i fossili rinvenuti in natura sono di proprietΓ dello Stato, vi invito ad andare a visitare – in primis – il borgo di Preplans.
E mentre ammirate l’architettura tradizionale delle costruzioni che punteggiano le Prealpi occidentali, il sapiente uso dei materiali reperiti in loco e il gusto estetico di chi ancora oggi abita l’antico borgo, guardatevi attorno. Osservate le pareti rocciose verticali che incorniciano il fiume e le abitazioni. Buttate un occhio sulla ‘π€ππ’π±π’π₯π°π³πͺπ¦’ che dall’abitato sale verso il bosco. Ma scendete anche sulle spiaggette create ed erose dalle piene del Meduna. Sbizzarritevi ad smuovere i ciottoli levigati e ad immaginare quali eccezionali forme di vita, cosa deve essere transitato in quei luoghi, prima che diventassero quei luoghi.
Torniamo ancora brevemente al nostro Schizodelphis sulcatus. Sulle sponde del Meduna, in destra orografica, nel lontano 1975 tale Sergio Spizzamiglio trova dei ‘sassi’ davvero strani. Alcuni sembrano vertebre, uno in particolare gli ricorda il rostro (il cranio), molto allungato, di un cetaceo. Consegna tutto quanto nelle sapienti mani di personale qualificato, che studia il materiale cosΓ¬ fortunosamente reperito. Nel 1986 il prof. Giorgio Pilleri consegna gli esiti dei suoi studi sui fossili di Preplans.
E conferma che quanto venuto alla luce lungo il Meduna appartiene proprio alla medesima specie di quelli ritrovato nel Bellunese. Il documento lo trovate qui: https://www.civicimuseiudine.it/images/MFSN/Gortania/Gortania%207/Pilleri%201986.%20record%20of%20Schizodelphis%20sulcatus%20(Cetacea,%20Odontoceti)%20from%20the%20Miocene%20of%20Preplans,%20Friuli%20(Carnian%20Pre-Alps).pdf
Interessante, ai fini statistici, anche questo sito: http://www.fossilworks.org/cgi-bin/bridge.pl?a=collectionSearch&collection_no=57060 dal quale si deduce la straordinarietΓ del ritrovamento, a livello regionale, nazionale ed internazionale. Solo 26 esemplari trovati fino ad oggi, sull’intero globo.
Se poi vi stuzzica la fantasia di vedere il fossile dal vivo, lo trovate esposto al Museo di Storia Naturale di Udine. Io, dal mio canto, sto pensando di tornare a visitare Preplans a breve, quando le acque del Meduna si saranno nuovamente calmate e la vegetazione autunnale, meno rigogliosa, lascerΓ scoperti ampi tratti di pareti rocciose.