𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Il Friuli VG è terra di transiti, di occupazioni, di partenze e arrivi. Ma è anche fondamentale scacchiere geografico su cui muovere pedine a piacimento, per permettere all’Europa di godere di un periodo di stabilità politica ed economica (si nota il velato sarcasmo?).
Dei Cosacchi giunti a “pacificare” la Carnia ho brevemente e molto parzialmente accennato qui https://www.tangia.it/latamano/ . Oggi invece vi parlo (sempre senza presunzione di trattare l’argomento approfonditamente) di un episodio finito presto nel dimenticatoio, forse per non stizzire eccessivamente i “nuovi alleati” o provocare eventuali e giustificate richieste di chiarimenti. Oppure semplicemente per non causare altro dolore a una popolazione che ne aveva patito già fin troppo.
Ma partiamo con un grossolano inquadramento storico e geografico. Al momento dell’armistizio (8 settembre 1943) il Friuli risulta occupato dall’esercito nazifascista, mentre le truppe alleate risalgono lo stivale. I movimenti di resistenza partigiana in Carnia sono molto attivi e causano parecchi danni (materiali e perdite umane) agli occupanti. Ottemperando a un accordo stipulato tra i vertici tedeschi e i collaborazionisti cosacchi (termine inteso in senso geografico molto ampio) durante la tentata – e fallimentare – campagna di invasione della Russia, questi ultimi vengono “traslati” a migliaia in quella che per loro sarebbe stata la nuova patria: das Kosakenland in Norditalien (il paese dei Cosacchi nel Nord Italia). Paesi come Verzegnis, Alesso, Trasaghis, Tolmezzo – per citarne solo alcuni – vennero letteralmente invasi da un popolo in fuga, composto da soldati e famigliari, masserizie e animali al seguito.
A 𝙊𝙨𝙤𝙥𝙥𝙤 arrivano nel luglio del 1944, occupano abitazioni private e pubbliche, requisiscono viveri e foraggiamenti, si macchiano di violenze e abusi sulla popolazione locale. Non sono certo visti di buon occhio dai residenti locali, ma l’invasione diventa convivenza e condivisione, con alcuni episodi isolati di cameratismo tra persone accomunate da miseria, fame e pidocchi.
Gli alleati invece sono impegnati a liberare le zone occupate e non disdegnano i bombardamenti aerei per indebolire le armate nemiche. Tra il 28 ottobre 1943 e il primo maggio 1945 numerosi obiettivi dell’alto Friuli sono colpiti dalle incursioni aeree dei bombardieri anglo-americani: i ponti sul Tagliamento, il deposito di munizioni di Spilimbergo, la stazione ferroviaria di Gemona, diverse guarnigioni cosacche sparse nei loro accampamenti.
Nella tarda mattinata del 22 novembre 1944 tre formazioni di cacciabombardieri americani ‘Lightning P-38″, partiti da Foggia, sganciano da bassa quota numerosi ordigni su un presunto campo cosacco allestito dai tedeschi a nord del centro abitato di Osoppo. Però sbagliano il bersaglio e colpiscono il centro storico con micidiali bombe a “spezzonamento”. Questi ordigni palesemente non hanno lo scopo di danneggiare costruzioni o rendere inservibili le infrastrutture. Sono tubi metallici riempiti con polvere pirica o gelatina esplosiva e munito di miccia. Devono esplodere al suolo, frammentarsi e spargere ad ampio raggio e con quanta più violenza possibile schegge metalliche tutt’attorno.
L’effetto è devastante. Quasi sessanta morti tra i residenti del paese, tra cui molte donne, ragazzi e bambini, in cerca di un rifugio antiaereo che li mettesse al riparo dall’incursione aerea. Ma periscono anche oltre duecento cosacchi, accomunati dalle stesse intenzioni e dalla stessa tragica fine. Per non parlare delle centinaia di feriti, traumatizzati e orribilmente mutilati.
A poco varranno le scuse postume di un ex tenente dell’aviazione americana, che afferma di aver volato a 4000 metri di quota e di non esser riuscito a inquadrare bene l’obiettivo. Testimonianze dirette riferiscono di bombardieri transitanti a bassissima quota.
Non mi permetto alcuna valutazione morale circa le priorità belliche, i benefici che superano i costi, le ragioni di stato, specie col senno di poi. Posso solo ricordare un evento storico, che ha sconvolto il tessuto sociale e il destino di intere generazioni di friulani, e non solo.
ᶠᵒᵗᵒ: ʰᵗᵗᵖˢ://ʷʷʷ.ˢᵗᵘᵈⁱᵒⁿᵒʳᵈ.ⁿᵉʷ
