Tamerice comune

𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?

La tamerice comune (𝘛𝘢𝘮𝘢𝘳𝘪𝘹 𝘨𝘢𝘭𝘭𝘪𝘤𝘢), chiamata confidenzialmente dalle guide naturalistiche anche “𝘲𝘶𝘦𝘭 𝘱𝘪𝘯𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘭𝘢𝘨𝘨𝘪𝘶'”, è una pianta alofila (che sopporta bene la presenza di acque salmastre) che incontro spesso nell’ambiente lagunare friulano.

Infatti è una specie mediterraneo-atlantica che ha eletto a propria dimora le coste del Mediterraneo occidentale, Alto Adriatico incluso. Mette radici in greti di torrenti, sabbie, argini lagunari, zone a vegetazione riparia con terreni sciolti, dal livello del mare agli 800 metri s.l.m. Dove nasce spontanea, è apprezzata per la sua vistosa fioritura; in zone particolari viene piantumata e coltivata con lo scopo di consolidare terreni sabbiosi o dune e formare barriere frangivento in ambiti costieri. Non solo tollera bene le inondazioni di acqua salmastra, ma ha bisogno, per il suo peculiare ciclo vegetativo, di acqua con concentrazione di sale dall’1 al 2% (laddove per la maggior parte delle piante, una concentrazione all’1% risulta già tossica).

L’etimologia anche stavolta si è sbizzarrita nell’attribuire alla nomenclatura derivazioni e assimilazioni plausibili. Il nome generico pare derivare dal fiume pirenaico spagnolo “‘Tàmaris’ (o Tambro), per estensione dai popolo pirenaico dei ‘Tamarici’. Ma questi nomi derivano dall’arabo ‘tamàr’ (palma) e dall’ebraico ‘tamaris’ (scopa). Scritti antichi raccontano che i ramoscelli della pianta erano usati nelle faccende casalinghe come ramazza. Il nome specifico è di più immediata comprensione: allude alla presenza della pianta lungo le coste della Francia, detta anche “Gallia”.

I nomi volgari aggiungono colore alla nomenclatura binomiale: cipressina, tamarisco, scopa marina.

A dispetto del nome confidenziale che noi guide abbiamo assegnato alla tamerice, si tratta di un arbusto a foglie caduche (quindi non è una conifera) che raggiunge i 5-6 metri di altezza e i 100 anni di vita. Alcune varietà sono semi-sempreverdi e perdita o meno delle foglie dipende dal clima in cui vegetano. Proprio nelle foglie, più precisamente in cellule fogliari speciali, avviene lo stoccaggio e isolamento del sale assorbito dal terreno, onde evitare la morte per squilibri osmotici.

Nel passato, il materiale ottenuto dallo sfalcio e potatura delle tamerici veniva somministrato come foraggio al bestiame, che apprezzava il gusto salato delle fronde. Singolare è il fenomeno della sudorazione, specie per piante localizzate in riva al mare. In assenza di ventilazione, che favorirebbe l’evaporazione, le goccioline di liquido chiaro e molto salato cadono a terra. Quando sono numerose, sembra che la pianta “piova”. Invece nel periodo della fioritura, la pianta assomiglia a una nuvola rosa.

I fiori sono piccoli, numerosissimi e di colore rosa, appunto. Si dispongono in spighette cilindriche, con 4/5 petali, lungo tutti i rametti, a contrastare col colore scuro della corteccia.

Grazie alle profonde radici, nemmeno gli incendi boschivi apportano danni permanenti ai boschetti di tamerici: nel volgere di pochi mesi nasceranno nuovi getti a rinverdire le zone colpite dalle fiamme.

Nell’antichità il legno veniva utilizzato per fabbricare pipe.

Al giorno d’oggi sono le proprietà fitofarmacologiche ad interessare la moderna medicina. I tannini contenuti nella pianta sono notoriamente anticancerogeni, con numerose pubblicazioni scientifiche a validare questa proprietà. Nello specifico, inibiscono la carcinogenesi mammaria ed epatica.

La medicina popolare utilizza la corteccia, ricca di tannini, come rimedio naturale contro i sintomi dell’influenza e del raffreddore. I ramoscelli di Tamerice hanno proprietà astringenti che possono essere sfruttate sia per uso interno sia sulla pelle. Dalle ceneri di tamerici si può ricavare della soda.

Apollo era rappresentato con un ramoscello di tamerice comune in mano; i maghi persiani profetizzavano tenendone in mano un ramoscello; secondo Plinio, i sacerdoti egizi se ne cingevano il capo.

Concludo con una doverosa nota poetica. Gabriele D’Annunzio ne ‘𝘓𝘢 𝘱𝘪𝘰𝘨𝘨𝘪𝘢 𝘯𝘦𝘭 𝘱𝘪𝘯𝘦𝘵𝘰’ menziona la pianta descrivendola nella seconda strofa.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Provate a leggere la strofa a voce alta; ne sentite il ritmo? la musicalità? l’accurata scelta dei termini con evidenti richiami onomatopeici? gli aggettivi che disegnano le piante? lo stato d’animo del poeta, combattuto tra la tristezza e il sollievo provocato dalla pioggia?

fiori di tamerice comune
fiori di tamerice comune