𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Lo spiegone di oggi vorrebbe presentarvi, col mio solito metodo tra il serio e il faceto, un vegetale tipicamente estivo. Ma di questa pianta esistono talmente tanti aneddoti e ricette della tradizione popolare che la parte scientifica ne risentirà parecchio.
Quindi per brevi punti: la pianta si chiama, in nomenclatura binomia, 𝘝𝘦𝘳𝘣𝘢𝘴𝘤𝘶𝘮 𝘵𝘩𝘢𝘱𝘴𝘶𝘴 oppure 𝙑𝙚𝙧𝙗𝙖𝙨𝙘𝙤 𝙩𝙖𝙨𝙨𝙤 𝙗𝙖𝙧𝙗𝙖𝙨𝙨𝙤. In tedesco è la Echte Königskerze, cioè la vera candela de re (etimologia: vedi sotto), mentre in friulano i nomi comuni si sprecano: Barbace, Confierbie, Jerbe di modracch, Lavaz di San Zuan, Verbas. Il nome generico sembra derivare dal termine ‘barba’ per le foglie coperte di peluria, oppure da ‘verber’ = verga, ‘verpa’ genitale maschile, ‘verbum’ parola o formula magica. Alcuni linguisti lo accostano al nome persiano dato alla pianta (žirmesk, yermesk, ramesk) che a sua volta deriva dall’iraniano arcaico *gari-masca-* cioè l’equivalente del latino antico *ver-mascum, con un ulteriore passaggio a ‘verbascum’ a causa del collegamento per etimologia popolare a ‘verbum’. Insomma, nulla di certo. Ancora meno certo è il significato di ‘thapsus’.
Cresce e vegeta bene in posizioni molto soleggiate, in ambienti ruderali, radure boschive, cigli stradali. Di preferenza su terreni argillosi, poveri di calcio ma ricchi di composti azotati; lo troviamo, in maniera discontinua, dalle zone litoranee alla fascia alpina. In Friuli VG l’ho incontrato di rado, ma in alcuni paesi europei è piantumato a formare vere e proprie coltivazioni. Il motivo è presto detto: le api mellifere lo adorano perché fiorisce a lungo, da maggio ad agosto. E il miele che se ne ricava ha numerose proprietà medicamentose.
La pianta è biennale, necessita quindi di due anni per raggiungere la maturità. Dal seme caduto in terra, il primo anno si sviluppa solo una basetta florale, a livello del terreno. Il secondo anno invece cresce, partendo dal centro della basetta, un fusto, alto anche oltre i due metri, carico di fiorellini gialli del diametro di 1,5 – 3 cm. I fiori maturano dal basso e, mano mano che la spiga si allunga verso l’alto, ne fioriscono altri, seguendo pedissequamente la spiga in crescita. Per questo motivo la fioritura dura così a lungo e fornisce nettare e polline agli insetti bottinatori. Sempre dai fiori si estraeva un colorante giallo/verde utilizzato come tintura per capelli.
Le foglie sono ricoperte di fitta e soffice peluria, motivo per cui è chiamata pure ‘pianta di velluto’. L’uso in natura e in emergenza è facilmente intuibile. Ai pellegrini poteva tornare utile anche come soletta lenitiva inserita nelle calzature. Invece la spiga secca, a fine stagione, era utilizzata dai Romani come torcia, dopo averla immersa in pece o resina; ed ecco spigato il nome comune tedesco.
Le proprietà fitoterapiche sono: espettorante, analgesico, antistaminico, anti-infiammatorio, antitumorale, antiossidante, antivirale, battericida, fungicida e pure pesticida. Con le foglie, sia fresche che secche, si ottiene un thè rinfrescante, ricco di vitamine e minerali, utile per trattare tosse e altre affezioni polmonari. Invece l’infuso in olio dei fiori viene instillato nelle orecchie in caso di otiti, oppure applicato localmente per trattare ulcere, scottature, gengiviti. Col decotto di radici si combattono il mal di denti, i crampi e le convulsioni. L’intera pianta possiede proprietà narcotiche e sedative. Il verbasco ha, ovviamente, anche qualche difetto: i semi contengono tossine (saponine) che devono essere assunte con molta moderazione.
Passiamo ora alle note folkloristiche. Si racconta che al chiaro di luna piena gli elfi del bosco si riuniscano e danzino in cerchio, sorreggendo una candela fatta col fusto essiccato. Per riportare tranquillità in una casa interessata da un temporale forte, con lampi e tuoni che squassano il circondario, basta gettare alcuni fiori nel fuoco. I fiori della pianta perdono il loro profumo quando un corteo funebre gli transita accanto. Per favorire una pesca abbondante, la sera precedente l’uscita bisogna gettare i semi della pianta nelle acque interessate alla pesca; sarà san Pietro a guidare i pesci direttamente nelle reti dei pescatori.
La pianta intera viene usata per aspergere l’acqua santa sul corpo di un infermo; allo stesso tempo, sempre utilizzando la pianta si segna una croce sul suo petto. Il verbasco è utilizzato come fusto centrale del mazzetto assemblato in occasione della festività dell’assunzione di Maria (15 agosto). Spezzare il fusto senza una buona ragione porta sfortuna.
Chi sente il proprio cuore triste o debole, deve cucinare il fusto fiorito del verbasco con carne e pesce, senza aggiunta di altre spezie. La gioia di vivere tornerà ad animare il cuore afflitto. Chi invece soffre di dolori al petto, deve lessare il fusto con finocchi, in porzioni di pari peso; accompagnato a un buon bicchiere di vino riporta salute anche nel petto.
Per farne la tintura, bisogna seguire la ricetta. Dotarsi di un vaso in vetro dalla bocca larga e con un tappo ermetico. Riempire il vaso di alcool al 40% (o grappa) e porlo sotto alla pianta. Ogni mattina, raccogliere i fiori maturi e gettarli nel vaso, che va richiuso. Procedere fino ad aver riempito il vaso. Scuotere ogni giorno il vaso e tenerlo 4 settimane in un ambiente caldo. A scelta, filtrare la tintura, oppure lasciare i fiori nel vaso. Alcune gocce di tintura su una zolletta di zucchero fanno miracoli contro la tosse secca e stizzosa.
Se volete approfondire, ma in inglese, vi consiglio questo sito: http://kingdomplantae.net/commonMullein.php
ᶠᵒᵗᵒ: ᴬᶜᵗᵃᵖˡᵃⁿᵗᵃʳᵘᵐ ᵉ ᴰʳʸᵃᵈᵉˢ