𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Sulla falsariga dello spiegone di ieri, vi racconto un’altra favola attinente alla notte dell’Epifania. E se ieri la protagonista era la Legrosega, oggi tocca alla Theròsega, presumibilmente sua parente. Perché l’intento moralizzatore serpeggia anche in questa leggenda, forse più sottilmente. E parla di ciclicità della Natura e di chi la abita, della procrastinazione e degli effetti che questa pessima abitudine può avere sulle popolazioni di aree meno prosperose. A fondo spiegone vi linko la versione originale. Io mi permetto solamente di riscriverla a modo mio.
La notte del 5 gennaio la Natura compie un ciclo, ne decreta la fine e ne fa ripartire un altro l’indomani. Quella sera, nella valle del Vajont, le fontane smettono di erogare acqua. Riprenderanno solo al mattino successivo e, si racconta che le bestie, che per prime si abbeverano da quest’acqua rinnovata, saranno le migliori dell’annata.
San Giovanni Battista è in attesa, nella piazzetta della chiesa, dell’arrivo della Theròsega. Anche quest’anno lei gli avrebbe chiesto di battezzarla. Che fosse la volta buona? Ma nonostante ogni anno passato si fosse svolta la ormai ben solita storia, la vecchia arriva in ritardo anche quest’anno. Lei incalza il Battista: “Dai san Giovanni, battezzami”. Lui le risponde che è tardi, che lo farà l’anno successivo. Lei non soddisfatta insiste, che vuole essere battezzata perché teme di non arrivarci, all’anno successivo. Potrebbe morire di l’ ad un anno.
Il santo acconsente, ma fa notare alla vecchia che di acqua nelle fontane non ne scorre. Senza acqua, nessun battesimo. La vecchia sarebbe dovuta scendere al torrente Vajont con le ceste, per raccogliere dell’acqua portarla in paese. Lei obietta: “Ma per quando sarò tornata qui, l’acqua nelle ceste si sarà congelata”. Il santo la rassicura: “L’acqua del Vajont è benedetta e non si congelerà”.
La Theròsega parte svogliata ma rassegnata, bicollo in spalla e ceste vuote penzolanti ai lati. Uscita dal paese inizia a nevicare e la vecchia inizia a brontolare per le mille avversità che le stanno capitando: la neve, l’assenza di acqua, la caparbietà di San Giovanni, il sentiero disagevole, la sua età non più giovanissima.
Raggiunta una frazione del paese e avvicinatasi al rio Tuara, uno degli affluenti del Vajont, decide di raccogliere l’acqua lì, evitando la scarpinata fino in fondo valle e la successiva risalita. Per scongiurare il congelamento dell’acqua, copre le ceste con foglie e muschio. Spera così di ingannare san Giovanni.
Il peso delle ceste colme e la coltre di neve caduta affaticano la vecchia che, raggiunte le prime case di Casso appena prima del tramonto, si ferma per riposare alcuni istanti. L’odore di fumo dei ciocchi ardenti in uno dei focolari delle abitazioni attira la sua attenzione. Sia mai che possa prendere un pò di cenere da ‘regalare’ ai bimbi più disobbedienti.
Trovata l’origine del fumo e assaporando di già gli istanti, pochi, in cui si sarebbe potuta riposare accanto a un focolare tiepido, appoggia le ceste a terra e si intrufola nell’abitazione. Seduta accanto al focolare ne ravviva le fiamme e nota un piatto con polenta e formaggio lì accanto. Incurante del brutto gesto che sta per compiere, la Theròsega si mangia tutto il cibo disponibile.
E mentre la neve continua a cadere e la notte avanza, la vecchia si appisola al calduccio. Il muschio fresco e profumato, che copre l’acqua nelle ceste, attira l’attenzione del caprone di casa. Tentando di cavarlo dal ghiaccio, fa rotolare le ceste giù per il pendio.
Ma la Theròsega non se ne accorge, lei sonnecchia e allunga i piedi verso le braci ardenti. L’odore di lana bruciata la risveglia di soprassalto: le sue calze stanno prendendo fuoco e fuori fa buio pesto. Fa solamente in tempo a rimettersi le scarpe, raccogliere un pò di cenere e qualche noce, trovata sul tavolo, con cui riempire i calzini dei bimbi del paese, e ripartire. Spera di trovare San Giovanni ancora in attesa, nella piazzetta della chiesa.
Invece sente le campane battere l’ora dell’Ave Maria e si rende conto di aver perso l’occasione anche quest’anno, di farsi battezzare. Sparisce in uno sbuffo di alito dietro ai faggi. Tornerà l’anno successivo.