𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐢 𝐜𝐡𝐞?
Vi siete mai chiesti a che specie vegetale appartengano quei fiori giallo Sole, che sembrano un ibrido tra margherite cresciute troppo e girasoli striminziti, e fanno bella foggia in questi giorni? Sono topinambùr (𝘏𝘦𝘭𝘪𝘢𝘯𝘵𝘩𝘶𝘴 𝘵𝘶𝘣𝘦𝘳𝘰𝘴𝘶𝘴), detti anche ‘girasole del Canada’, ‘carciofo di Gerusalemme’, ‘rapa tedesca’ o ‘elianto tuberoso’. In Friuli è noto comunemente come ‘cartufule todescje’ mentre il mondo germanico lo chiama “Erdbirne” cioè ‘pera di terra’.
Il nome scientifico generico venne assegnato alla pianta da Linneo nel 1753 ed è composto dalle parole greche ‘ἥλιος hélios’ = sole e da ‘ἄνϑοϛ anthos’ = fiore. Cioè 𝙛𝙞𝙤𝙧𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝙎𝙤𝙡𝙚. Invece lo specifico, dal latino tubèr = bitorzolo, indica la sua caratteristica di generare numerosi tuberi (radici) bitorzoluti. Appartiene allo stesso genere del girasole comune (𝘏𝘦𝘭𝘪𝘢𝘯𝘵𝘩𝘶𝘴 𝘢𝘯𝘯𝘶𝘶𝘴); spiegone qui: https://www.tangia.it/girasole/ .
Ma la pianta giunge in Europa dal Nordamerica all’inizio del ‘600 grazie all’esploratore, cartografo e scrittore francese Samuel Champlain (1567 – 1635). Pochi anni più tardi, il naturalista e botanico Fabio Colonna lo chiama “𝘍𝘭𝘰𝘴 𝘴𝘰𝘭𝘪𝘴 𝘧𝘢𝘳𝘯𝘦𝘴𝘪𝘢𝘯𝘶𝘴”, cioè fiore del Sole del Farnese, perché coltivato, già a quei tempi, nel Giardino Farnese di Roma. Il nome comune assegnatogli allora era ‘girasole articocco’, laddove quest’ultimo termine indica il carciofo.
Infine il termine topinambùr sarebbe la scorretta trascrizione del nome di una tribù brasiliana, i 𝘛𝘶𝘱𝘪𝘯𝘢𝘮𝘣𝘢. Alcuni membri della tribù furono invitati nel 1613 a Rouen, alla corte di re Luigi XIII, dove si esibirono in danze e canti. L’avvenimento suscitò tale clamore che i trafficanti di nuove specie di verdure provenienti dal Nuovo Mondo, appiopparono alla pianta un nome esotico, nonostante essa fosse importata dal Canada.
In Europa si è subito diffusa su amplissimi areali, assumendo caratteristiche 𝙞𝙣𝙛𝙚𝙨𝙩𝙖𝙣𝙩𝙞. In Italia è presente ovunque, tra i 0 e 800 mt. s.l.m. Sopporta molto bene sbalzi termici anche estremi. Forma vegetazioni pioniere e ruderali, preferendo le rive di fiumi e rigagnoli, suoli argillosi, umidi e ricchi di sostanze azotate, oppure sabbie asciutte e sciolte.
Mi soffermo brevemente a descrivere la pianta, ma immagino la conosciate tutti, vista la facilità con cui si fa identificare. L’𝙞𝙣𝙛𝙞𝙤𝙧𝙚𝙨𝙘𝙚𝙣𝙯𝙖 (cioè quello che noi comunemente chiamiamo “fiore”) è composto da 10-20 𝙡𝙞𝙜𝙪𝙡𝙚 gialle, solcate, che si dispongono sul margine esterno, e da 60 𝙩𝙪𝙗𝙪𝙡𝙞 centrali di colore arancio – giallo scuro. Raggiungono il loro massimo splendore tra agosto e ottobre.
Foglie e fusti ancora verdi sono un ottimo foraggio per il bestiame. Invece il 𝙩𝙪𝙗𝙚𝙧𝙤 è la parte vegetale più poliedrica e multifunzione del topinambùr. Somiglia a una patata dalla buccia bitorzoluta rossa e il sapore ricorda quello del carciofo. Non contenendo amido, ma una considerevole quantità del polisaccarida inulina, è ipocalorico. Ricco di vitamina A, B, C ed E, di sali minerali quali potassio, selenio, magnesio, fosforo, zinco, e fibre. Ingrediente fondamentale nell’alimentazione di obesi e diabetici, in sostituzione di patate o farine, riducendo l’inulina l’assorbimento intestinale di eccessi di grassi e zuccheri.
I folati sono utili per le donne in gestazione mentre il ferro aiuta indirettamente la crescita di ossa e denti. I lattobacilli contenuti favoriscono la secrezione lattea ed equilibrano la flora batterica inibendo la proliferazione di bacilli dannosi. E’ di conseguenza anche indicato nelle patologie infiammatorie del tratto intestinale e come gastroprotettivo durante l’assunzione di antibiotici. Pare abbia anche proprietà antitumorali, specifiche contro quelle del pancreas, che sono in fase di studio.
Il consumo oculato di tuberi aiuta chi soffre di 𝙘𝙖𝙩𝙩𝙞𝙫𝙖 𝙙𝙞𝙜𝙚𝙨𝙩𝙞𝙤𝙣𝙚 e 𝙨𝙩𝙞𝙩𝙞𝙘𝙝𝙚𝙯𝙯𝙖. Invece eccessive quantità ingerite possono causare 𝙙𝙤𝙡𝙤𝙧𝙞 𝙖𝙙𝙙𝙤𝙢𝙞𝙣𝙖𝙡𝙞, 𝙙𝙞𝙖𝙧𝙧𝙚𝙖 e 𝙛𝙡𝙖𝙩𝙪𝙡𝙚𝙣𝙯𝙖. La pianta può causare anche, in casi rari, 𝙙𝙚𝙧𝙢𝙖𝙩𝙞𝙩𝙞 𝙙𝙖 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙖𝙩𝙩𝙤.
Il tubero non ama la conservazione in ambienti umidi. Quindi se ne sconsiglia l’estrazione dal terreno come riserva alimentare. E’ preferibile raccoglierne solo il quantitativo necessario per il consumo in tempi brevi. Le ricette sono numerose e prevedono l’uso sia crudo che cotto – meglio se lessato – del topinambùr.
A crudo: spazzolare via la terra, lavare e grattugiare la radice, con la buccia, condire con succo di limone, un po’ di panna e gherigli sbriciolati di noci, sostituisce un’insalata classica. Lessati sono ottimi ingredienti di contorni di verdure. Oppure si utilizzano in vellutate, zuppe o creme. Fritti sono ottime sostitute di patatine o impanati consumati come i Wiener Schnitzel. La farina sostituisce egregiamente, nelle opportune dosi, quella di altri cereali. Insomma, basta dare libero sfogo alla fantasia.
Il folklore popolare ci restituisce qualche altro suggerimento riguardante l’utilizzo o l’interpretazione del topinambùr. I Nativi d’America raccontavano che sognare il fiore del topinambùr presagisse un repentino cambio di abitazione o suggerisse una variazione all’interno dell’abitazione. Erano anche convinti che assumere la radice della pianta fosse fondamentale nella termoregolazione, specie durante i mesi invernali.
Trova fondatezza la credenza secondo cui un periodo di rigogliosa e persistente fioritura del topinambùr indicasse sventura e periodi difficili. Effettivamente un prolungato periodo vegetativo (quindi di crescita e sbocciare di fiori) impedisce l’accrescimento e il moltiplicarsi dei tuberi. L’arrivo repentino dell’inverno trovava quindi i nativi con risorse ridotte di fonti alimentari così importanti quali le radici della pianta.
Da ultimo, qui trovate una versione leggermente diversa da quella ufficiale, su come il vegetale sia giunto in Europa. Soprattutto su chi fossero i simpatici e amabili Tupinamba… https://www.ilpost.it/2017/09/06/topinambur-storia-verdure/
ᶠᵒᵗᵒ ⁽ⁱⁿᶠⁱᵒʳᵉˢᶜᵉⁿᶻᵃ⁾: ᴹᵃʳⁱⁿᵉˡˡᵃ ᶻᵉᵖⁱᵍⁱ ᵖᵉʳ ᴬᶜᵗᵃ ᴾˡᵃⁿᵗᵃʳᵘᵐ; ⁽ᵗᵘᵇᵉʳᵒ ᵉ ᶠⁱᵒʳᵉ⁾ ᴬⁿᵈʳᵉᵃ ᴹᵒʳᵒ ᵖᵉʳ ᴰʳʸᵃᵈᵉˢ