Torre di Zuino

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Attraversando verso l’anno Mille la Bassa Friulana, poco prima di sbucare sulla laguna di Marano, ci saremmo imbattuti in una torre solitaria, attorniata da terreni paludosi, rigagnoli e scoli melmosi. La torre รจ ciรฒ che resta di un antico castello, appartenuto nell’ordine ai signori di Caporiacco, di Villalta, di Duino e infine ai Savorgnan che lo annettono al proprio feudo nel Trecento.

Antonio Savorgnan descrive la location: “๐˜Œ๐˜ณ๐˜ข (๐˜ช๐˜ญ ๐˜ค๐˜ข๐˜ด๐˜ต๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ฐ) ๐˜ถ๐˜ฏ๐˜ข ๐˜ด๐˜ฆ๐˜ฎ๐˜ฑ๐˜ญ๐˜ช๐˜ค๐˜ฆ ๐˜ต๐˜ฐ๐˜ณ๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ช๐˜ฏ๐˜ฉ๐˜ข๐˜ฃ๐˜ช๐˜ต๐˜ข๐˜ต๐˜ข ๐˜ต๐˜ถ๐˜ต๐˜ต๐˜ข ๐˜จ๐˜ถ๐˜ข๐˜ด๐˜ต๐˜ข ๐˜ฆ ๐˜ด๐˜ค๐˜ฐ๐˜ฑ๐˜ฆ๐˜ณ๐˜ต๐˜ข […] ๐˜›๐˜ถ๐˜ต๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ฆ๐˜ณ๐˜ข ๐˜ถ๐˜ฏ๐˜ข ๐˜ฏ๐˜ฆ๐˜ณ๐˜ข ๐˜ฐ๐˜ณ๐˜ณ๐˜ช๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ป๐˜ป๐˜ข”. Decide di bonificare le sue terre, indurre dei coloni ad abitarla e coltivarla, costruendo un insediamento che chiamerร  Torre di Zuino.

Nei secoli a venire il borgo si allarga, sottraendo altre terre alle paludi, tanto da vantare, a inizio del ‘900 una scuola, la stazione ferroviaria e addirittura un ufficio postale. Ma l’economia resta di sussistenza; unica fonte di guadagno: la ๐˜ค๐˜ข๐˜ฏรจ๐˜ญ๐˜ฆ, ovvero la canna palustre utilizzata per impagliare sedie e fabbricare scope.
Fino a quando, nel 1937, non arriva la SNIA (Societร  di Navigazione Italo-Americana, presieduta da Giovanni Agnelli) che acquista i terreni, ovviamente non per uno slancio filantropico. No, anzi.

Ha cambiato nome, nel frattempo: la SNIA ed รจ diventata Societร  Nazionale Industria Applicazioni Viscosa e produce filati innovativi, quali il raion, il lanital e il koplon. La materia prima utilizzata รจ la cellulosa e la ๐™˜๐™–๐™ฃ๐™ฃ๐™– ๐™œ๐™š๐™ฃ๐™ฉ๐™ž๐™ก๐™š (๐˜ˆ๐˜ณ๐˜ถ๐˜ฏ๐˜ฅ๐˜ฐ ๐˜ฅ๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ข๐˜น) ne produce in abbondante, grazie a un ciclo vitale piuttosto breve.

Le terre paludose di Torre Zuino salgono agli onori come dimora ideale di qualche milione di rizomi di canna palustre, piantati dalla SAICI, l’azienda che si occupa di costruire una fiorente industria collegata alla coltivazione del vegetale. In 320 giorni si compie il miracolo: costruiti gli impianti di lavorazione e produzione della cellulosa, si fonda anche una nuova cittร , Torviscosa.

Il nucleo urbano รจ progettato dall’architetto De Min, che lo vuole abitato da 20’000 persone, dotato di ‘colombaie’ per gli operai, case a schiera per i tecnici e ville signorili per i dirigenti, scuole, impianti sportivi, luoghi ricreativi e di svago. L’abitato si dirama dalla piazza centrale, detta “del Popolo”, di chiara architettura fascista. Lo stesso Mussolini, il 21 settembre 1938, presenzia all’inaugurazione della cittร  e pronuncia un discorso definito “maschie e virili parole, gettate con impeto alla massa incandescente”.

Scoppia la guerra, ma i ritmi impressionanti di produzione della cellulosa di Torviscosa non conoscono soste. Tra il ’42 e il ’43 vengono reclutati addirittura dei prigionieri di guerra neozelandesi, indiani e australiani a sostituire la manodopera maschile locale, impegnata sul fronte. L’armistizio incrina la buona sorte della cittร : partigiani e i fascisti della banda Borsatti si fronteggiano e a rimetterci sono gli operai dell’azienda.

Come se non bastasse, nel febbraio 1945 un bombardamento alleato distrugge la fabbrica, che viene ricostruita a tempo record. Nel 1949 i ritmi produttivi tornano ai livelli prebellici, ma l’accorta classe dirigente intravvede nella diversificazione il futuro dell’azienda. Si abbandona la coltivazione di canna palustre, si punta su agricoltura e allevamento, si costruisce un caseificio, si produce soda-cloro e caprolattame (sostanze necessarie per il confezionamento del filato artificiale chiamato “nailon”), si inquina.

Dagli anni Sessanta ad oggi i terreni attorno a Torviscosa sono stati nuovamente bonificati, stavolta dalle sostanze chimiche che le hanno contaminate.

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